Riassunto esame Storia del Diritto Medievale e Moderno, prof. Piergiovanni, libro consigliato Storia della Cultura Giuridica Moderna, Tarello
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sovrano ordinò una ricompilazione delle vecchie leggi e una loro riforma. Le idee che presiedevano
alla ricompilazione erano volte a una semplificazione del diritto: si impose la generalità in funzione
della loro futura immutabilità, la coerenza normativa, un ordine chiaro, la limitazione dell’arbitrio
del giudice, la proporzionalità della pena. Nel 1729 si perviene alla redazione delle Costituzioni di
S.M. il re di Sardegna: sono divise in 6 libri. Il primo contiene norme sull’osservanza del culto
cattolico; il secondo norme sulla giurisdizione e sulla competenza degli organi giudiziari; il terzo le
norme di procedura civile; il quarto norme penali e di procedura penale; il quinto norme in materia
di successioni, fedecommessi, tutele e curatele, atti notarili; il sesto norme sui diritti del re, sui feudi
e sui privilegi fiscali. Le Costituzioni erodevano il diritto comune perché includevano un intervento
massiccio in materia di diritto privato. Notevole importanza hanno anche per quanto riguarda la
procedura delle cause civili (introduzione di un principio di trattazione orale, la “disputa”, che
conclude il procedimento e serve a chiarire i punti trattati dalle parti per iscritto. L’indirizzo
impresso dalle Cost. del 1723-1729 alla pratica e alla cultura giuridica piemontese sarebbe rimasto
inalterato anche attraverso la riformulazione del 1770 sotto Carlo Emanuele III.
La Svezia aveva già attraversato un periodo di riunificazione del diritto, ed anche attraverso
l’attività dei magistrati si era verificata una confusione tra il diritto di origine consuetudinaria e il
diritto romano. In questo quadro si pose il problema di riformulare le leggi vigenti in modo
organico. L’iniziativa fu presa nel 1686 sotto Carlo XI, la riforma fu presentata al Parlamento che
l’approvò e fu promulgata da Federico I nel 1736 con il titolo di Sveriges Rikes Lag (Legge dello
Stato Svedese): dà una parte preminente alle materie procedurali ed a quelle probatorie e viene
costituito un tribunale supremo, Corte Regia, con la funzione di appello rispetto ai tribunali
cittadini.
La riforma piemontese e quella svedese segnano una transizione delle mere raccolte di legislazione
precedente alle riformulazioni tipiche della seconda metà del Settecento, caratterizzate dal tentativo
di superare gli inconvenienti del particolarismo e dal perseguimento del fine dell’unificazione del
diritto sulla base della fonte di produzione.
Progetti di codificazione in Francia
L’idea di una codificazione è agitata in Francia da Henri Francois Daguesseau. Egli concepisce la
razionalizzazione del diritto non tanto come un’operazione dottrinale compiuta sul materiale
giuridico storico; quanto come il risultato di un intervento incisivo della volontà sovrana volto a
ridurre ad una unità razionale del diritto. La novità è costituita dall’aspettativa che simile corpo, una
volta realizzato, possa dar luogo ad una scienza giuridica con oggetto fisso e inalterabile e migliore
della vecchia dottrina . Un corpo unico deve essere prodotto affinché si abbia una specie di codice
che diventi l’oggetto fisso. Si tratta di positivismo esegetico cioè l’esistenza di un codice semplice
appare come la condizione di possibilità di una conoscenza del diritto al contempo scientifica ed
alla portata di tutti. Le Ordonnances del Daguesseau da una parte si presentano come parti
coordinate di un piano di codificazione tendenzialmente totale, ma concretamente non differivano
nella portata dalle grandi Ordonnances del periodo di Luigi XIV, e rappresentavano uno dei tanti
tentativi di razionalizzazione parziale tramite l’intervento del sovrano. Dopo le Ord. di Dag. Non si
fecero in Francia tentativi di codificazione di qualche rilievo, solo molte raccolte di atti legislativi
su materie particolari, chiamate “Code”.
Progetti di codificazione in Italia
a) Bernardo Tanucci a Napoli: si ebbe sotto Carlo di Borbone. Tra il 1734 e il 1740 si cercò
di avviare una serie di riforme giudiziarie, volte sia a limitare l’arbitrio delle magistrature e a
colmare il distacco che vi era nella pratica tra la legislazione e l’applicazione del diritto, sia
a istituire magistrature nuove. Il primo scopo veniva perseguito con una prammatica del
1738 sui tribunali ordinari, il secondo istituendo, nel 1739, il Supremo Magistrato del
Commercio e i Consolati di terra e di mare. Ma la situazione del regno e la carenza del
potere del sovrano votarono l’impresa all’insuccesso.
b) Pompeo Neri in Toscana: Francesco Lorena aveva assunto i poteri sovrani nel 1737 e
l’organizzazione dello Stato era affidata e Emanuele di Richecourt. Questi tentava di
unificare lo Stato sotto il profilo della legislazione e giurisdizione. Nel 1745 il sovrano
incaricava Pompeo Neri di fare un progetto di rifusione generale di tutte le leggi dello stato
in una codice simile a quello dei Savoia. Nel 1746 veniva nominata una commissione cui il
progetto avrebbe dovuto essere sottoposto. Il Neri riteneva buona politica non erodere l’area
di vigenza del diritto romano, ma solo ritoccare gli interventi legislativi che già in passato lo
avevano nei dettagli modificato e rifiuta ogni giustificazione razionalistica. La riforma
avrebbe dovuto lasciare inalterato il sistema delle fonti e il rapporto diritto comune-diritto
statutario particolare , limitandosi a unificare il diritto statutario e a circoscrivere la
possibilità della dottrina di dare armi ai pratici per la moltiplicazione delle liti. Egli cerca di
motivare le linee direttive del progetto con il ripudio di una concezione razionalistica del
diritto, e nell’idea del carattere arbitrario del diritto. Il Neri, assumendo come legislatore un
atteggiamento antirazionalistico mostrava di intendere il compito affidatogli come compito
di mera raccolta e di prudente coordinamento del materiale legislativo, limitato dal confine
costituito dall’intangibilità del diritto romano-comune. La Toscana è uno Stato piccolo in
mezzo a Stati di diritto comune, è perciò bene conservare il diritto comune e limitarsi a
raccogliere il diritto principesco negli schemi romanistici, perciò il codice deve essere fatto
usando lo schema delle Istituzioni Giustinianee. Così il progetto di Neri si avviava verso lo
schema delle Istituzioni (persone, cose, azioni) destinato a diventare lo schema più accetto ai
giuristi illuministi. Del progetto del Neri non si fece nulla ma resta un documento della
prima ideologia della codificazione del Settecento.
c) Ludovico Antonio Muratori: nel 1726 lo studioso inviò a Carlo VI una lettera, in questa
suggeriva la redazione di un nuovo codice di leggi con le seguenti argomentazioni: le leggi
possono divenire dannose alla cosa pubblica quando sono oscure o troppo numerose, perciò
sarebbe sufficiente ridurre le leggi in un piccolo volume con la sanzione dell’ autorità del
sovrano. Nel 1742 il Muratori pubblica il libro Dei difetti della giurisprudenza. Egli parla
della giurisprudenza intesa come scienza del diritto e la sua critica si rivolge tanto alla
scienza quanto al diritto: la giustizia non funziona perché vi sono molte controversie di cui
la soluzione è dubbia; il dubbio deriva dalla quantità di opinioni e la quantità di opinioni può
essere eliminata dall’intervento di un principe legislatore. Si deve purgare la giurisprudenza
da una gran parte di difetti e di opinioni che la deformano, prescrivendo un metodo migliore
nei giudizi e troncando un’infinità di dubbi , controversie e opinioni che si sono intruse nella
giurisprudenza. Trovato il rimedio, cioè l’intervento del principe legislatore, Mur. Si accinge
scoprire i difetti cui applicarlo: vi sono “difetti intrinseci” che non hanno rimedio, come la
mancanza di assoluta chiarezza delle leggi, il fatto che le leggi non possono disciplinare
assolutamente tutti i casi, ecc. Dopo di ciò l’autore passa a parlare dei commentatori del
diritto romano, e cioè della dottrina giuridica. Perviene alla conclusione che il vero male
della giurisprudenza è costituito dall’impiego di tecniche di interpretazione delle leggi. Il
discorso viene a dividersi in due: quello sulle leggi e quello sui dottori, i giudici, i pratici e le
tecniche di interpretazione. Perciò il legislatore dovrà intervenire dove vi siano opinioni
configgenti tra i dottori, scegliendo una di esse; queste scelte dovranno essere compendiate
in un piccolo codice di nuove leggi. Altro intervento del principe dovrebbe essere quello
diretto alla selezione dei giudici, scegliendo i magistrati fuori dalla città. Mur. Passa all’
esame delle materie in cui più frequenti sono le incertezze del diritto e conflitti di opinioni:
prescrizione e usucapione, fedecommessi, maggioraschi. Offre una sorta di progetto di
codice in 100 articoli in materia di successioni, donazioni e obbligazioni alimentari.
L’esito di tutto il discorso di Muratori è una delle tante affermazioni settecentesche
dell’esigenza di certezza del diritto, una constatazione dell’incertezza che si verificava in
regime di diritto comune e un invito alla redazione di un piccolo codice sanzionato dal
sovrano e volto alla eliminazione de dubbi e delle antinomie e alla eliminazione dei poteri di
manipolazione del diritto da parte del ceto giuridico. Si tratta di un’elaborazione
dell’ideologia giuridica dell’assolutismo della prima metà del secolo. Il ricorso alla
legislazione sovrana per l’unificazione del diritto esistente e per promuovere la certezza del
diritto può iscriversi ancora nella tendenza pufendorfiana. L’unico motivo propriamente
illuminista della critica muratoriana è l’ostilità nei confronti dei commentatori del diritto
romano-giustinianeo. L’opera di Mur. fu di influenza in una collezione ufficiale di leggi
estensi, pubblicata nel 1755 da Francesco III col titolo di Provvisioni, gride, ordini e decreti
negli Stati di S.A..
Volendo individuare i temi di fondo e comuni dei tentativi e progetti di “codificazione” della prima
metà del sec. XVIII, troviamo l’esigenza di facile reperibilità del testo della lex; l’opinione che la
lex abbia da essere chiara (manifestando l’ostilità verso il diritto giustinianeo); la differenza sia
verso l’interpretatio e i giudici. Sono idee destinate a confluire nell’illuminismo giuridico. Tuttavia i
problemi di codificazione si porranno solo alla fine del sec. e solo in seguito alla Rivoluzione
Francese.
Cap.V Sovrani illuminati e codificazione
Illuminismo giuridico e codificazione
Vengono esaminati i tentativi di riordinamento del diritto vigente per osservarne le cause e i fini
sotto il profilo della genesi delle codificazioni moderne. I tentativi di più organiche e comprensive
raccolte ispirate dall’esigenza di certezza del diritto fanno parte di un processo che viene chiamato
statalizzazione del diritto. Ma non è stata una mera esigenza di certezza del diritto, di ordine
sistematico e di facile reperimento delle leggi a dare l’avvio alle codificazioni moderne. Queste
infatti sono state caratterizzate da l’unificazione del soggetto giuridico e l’espulsione dal codice di
quelle parti dell’ordinamento giuridico che non ammettevano nemmeno unicità di soggetto.
La politica del diritto di Federico II di Prussia
a) L’azione amministrativa di Federico Guglielmo I e Federico II: Un tentativo in gran parte
fallito fu il progetto di codice prussiano di Samuel Cocceius. Nell’assetto politico-costituzionale del
Seicento ogni territorio tedesco si presentava come uno “Stato di Stati” , cioè una formazione
politica in cui il principe trovava un limite della sua azione politica in una serie di autonomie
giuridiche che spettavano ai ceti o “stati”, la nobiltà feudale e le borghesie cittadine. Erano
autonomie giurisdizionali e legislative. Nell’ultimo terzo del Seicento in Prussia gli “stati” avevano
subito un processo di limitazione da parte del potere principesco; il quale aveva svuotato alcuni
organi costituzionali che assicuravano agli stati il controllo della pubblica finanza e
dell’amministrazione militare. Questo processo viene portato al suo esito definitivo da Federico
Guglielmo I e Federico II. Attraverso l’opera di questi due sovrani gli “stati” o ceti vengono a
perdere gran parte della loro rilevanza costituzionale, che trasmigra dall’assetto politico-
costituzionale all’assetto della società civile. Vediamo ora la riforma amministrativa nei suoi
riflessi costituzionali. Lo Stato dualistico tradizionale si imperniava su due poli, il principe e un
organo collegiale espressione degli Stande, cioè il Geheimer Rat. Questo aveva competenza
generale in base al principio della autonomia degli Stati e poteva bloccare l’iniziativa
amministrativa e politico-militare del principe. Nel 1723 Federico Guglielmo istituì un direttorio
generale (Generaldirektorium) alle sue strette dipendenze con competenze in materia:
a)di amministrazione dei demani del monarca e delle entrate relative;
b) di riscossione delle imposte attraverso camere provinciali periferiche;
c) di amministrazione e provvista dell’esercito.
In tal modo venne unificata tutta l’amministrazione finanziaria e sottratta al Geheimer Rat una
piccola fetta della sua competenza nell’amministrazione militare. L’organizzazione del
Generaldirektorium costituì il primo passo di un’ulteriore riforma amministrativa ispirata al criterio
della gerarchia unificata e della professionalità esclusiva dello stato. Il reclutamento degli impiegati
fu disciplinato mediante regole generali e la destinazione alla provincia di origine fu preclusa;
furono sostituiti gli aiutanti temporanei con dei veri funzionari professionali gerarchicamente
dipendenti dal monarca: ha inizio così la burocrazia prussiana, la moderna burocrazia accentrata. Il
secondo passo della riforma amministrativa fu compiuto da Federico Gugliuelmo nel 1728. Venne
istituito un nuovo organo, il Ministero del Gabinetto cui venne assegnata a titolo esecutivo la
politica estera, sottraendola così al Geh. Rat. A questo punto al G. R. rimaneva la competenza in
due sole materie, il settore giudiziario e il settore del culto., e al fine di coordinare l’attività di
quest’organo Federico Guglielmo si propose di riordinare la struttura ponendovi a capo un
Cancelliere di sua nomina che fu Samuel Cocceius. Alla fine del regno di F. G. I pertanto,
l’organizzazione statale prussiana era caratterizzata della presenza di organi centrali: il
Generaldirektorium (demanio, finanze, esercito), il Kabinettsministerium (politica estera) e il
Geheimer Rat (affari giudiziari e culto). Tutti e tre gli organi centrali dipendevano dal monarca.
Sotto il profilo costituzionale e amministrativo, il regno di Federico II si limita a sviluppare le linee
impostate da Federico Guglielmo I. Per quanto concerne il Genera. Fed. II lo rende più funzionale
articolando sulla base di settori di competenze anziché su base territoriale; ai quattro
Providenzialdepartemente ne aggiunge altri. Per quanto concerne il G.R. gli impone di procedere a
una riforma del diritto giudiziario e a una riformulazione del diritto sostanziale. La politica
costituzionale e amministrativa di F. II si caratterizza con il tentativo di razionalizzare
l’amministrazione su basi unitarie per tutti i territori prussiani superando le distinzioni tra le quattro
province. Per quanto riguarda la politica del diritto di F. II egli intende distruggere ogni organo
diretta espressione degl iStande come corpi politici, di mantenere l’appartenenza a ciascuno Stand
come presupposto giuridico per gran parte delle capacità amministrative e di diritto comune
prussiano.
b) Il progetto di codificazione e la prima riforma giudiziaria prussiana
Il diritto territoriale prussiano aveva una individualità abbastanza spiccata tra i diritti territoriali
germanici. La riforma del G. R. e la nomina a Cancelliere, avvenuta nel 1731, di Samuel Cocceius.
Il sovrano incaricò il Cocceius di preparare un progetto di organizzazione del diritto per gli Stati
prussiani. In principio si aveva in mente solo di raccogliere gli atti legislativi riguardanti i diversi
territori, coordinarli e pubblicarne un’edizione riordinata e autentica. Tuttavia tra gli interventi
legislativi che richiedevano raccolta e coordinamento, molti incidevano sulla leggi e consuetudini
generali e locali anche in materia di diritto civile e perciò si profilava la possibilità di una raccolta
assai vasta e generale. Nel 1737 la carica di Cancelliere venne a caratterizzarsi nel senso della
preposizione agli affari giudiziari e al contenzioso del fisco. L’avvento al trono di Federico II nel
1740 segnò una svolta nelle attribuzioni del Cancelliere e aprì una nuova fase di politica del diritto.
Questa mirava a promuovere la tendenza della Prussica a darsi un ‘identità statale indipendente
dallo schema dell’impero. A questo scopo doveva servire la riorganizzazione amministrativa di S.
Cocceius. Questo era adattissimo alla riorganizzazione giudiziaria; era invece data la sua
formazione culturale, il meno adatto alla ricompilazione voluta dal sovrano. Il 9 maggio 1746 il
compito di riformulare il diritto prussiano viene affidato al Cancelliere. Su questa base deve essere
ripudiato il diritto romano latino, ed essere approntato su base prussiana un diritto territoriale
tedesco che deve fondarsi sulla ragione naturale e sulle costituzioni del paese. Dietro a queste
proposizioni si cela una concezione del diritto che il re di Prussica ci illustra ne “La Dissertation
sur les raisons d’etablir ou d’abroger les lois”. In quasta operetta si spiega come la legislazione
debba essere ragionavole e per essere tale debba tendere alla pubblica felicità e come una
legislazione per essere ragionevole e procacciatrice di felicità, debba ispirarsi ad alcuni principi e
cioè: a) le leggi devono essere chiare e precise nella loro formulazione, in modo da poter essere
interpretate secondo la lettera, da non indurre a ricorrere all’intenzione del legislatore; b) le leggi
devono essere poche; c) riunite in un corpo unitario perché non si contraddicano vicendevolmente;
d) prevedere ogni caso futuro, cioè ogni azione dovrebbe essere giuridicamente qualificata; e) le
leggi penali debbono essere benevole e stabilire pene non sproporzionate alla gravità del reato e non
debbono prevedere che i resti siano provati mediante la tortura. Si tratt di un programma che
contiene tutti itemi che si considerano propri del movimento illuminista, ad eccezione di quello
costituito dall’ideologia dell’eguaglianza dei soggetti di diritto, o del diritto a soggetto unico.
Questo tema non avrebbe potuto essere svolto dal sovrano, essendo incompatibile con la politica del
diritto da lui inseguita, volta a rinforzare tutti gli elementi autoctoni dell’ordinamento territoriale
germanico. La politica del diritto di Fed. II era volta alla creazione di un diritto comune su base
tedesca, cioè a circoscrivere il campo del diritto romano come diritto comune salvaguardando
l’organizzazione dei diritti privati per Stande e tollerando le immunità cittadine salvo che per gli
aspetti processuali e giurisdizionali in senso stretto. Se Federico indicava la ragione , insieme alle
consuetudini germaniche, come fondamento di un diritto tedesco e non romano, il Cocceius vedeva
nel diritto romano, e non in quello germanico, un’espressione della ragione. Vediamo come si
svolse la riforma dell’ordinamento giudiziario e della procedura. Nel 1746 Cocceius propose al
sovrano un procedimento che iniziasse con la riorganizzazione processuale nella convinzione che
una riformulazione in senso unitario del diritto sostanziale postulasse un sistema giurisdizionale
unificato. Propose di iniziare la riforma in una delle quattro province, nella Pomerania; il sovrano
acconsentì e il Cancelliere istituì due nuovi organi giudiziari (la Corte aulica e il Consiglio
provinciale). Pervenne così nel 1747 ad un vero progetto di regolamento giudiziario- chiamato
Codice- per la Pomerania, poi rivisto e adattato nel 1748 per servire alla riorganizzazione
giudiziaria della Marca brandeburghese. Questo progetto è un monumento importantissimo nella
storia dell’organizzazione processuale e della procedura, costituisce il primo tentativo di rompere
con gli schemi tradizionali del processo del diritto comune (“ordinario”). La rottura con il processo
comune ordinario costituì il punto di coincidenza tra la tendenza pufendorfiana del Cocceius e il
desiderio del sovrano di eliminare le forme giuridiche romanistiche.
Parliamo ora dell’insieme della riforma giudiziaria federiciana. Il Project è diviso in tre parti,
dedicate rispettivamente al reclutamento dei giudici e all’organizzazione degli uffici, alle regole di
procedura, e a procedimenti speciali; ciascuna parte è divisa in titoli e i titoli in paragrafi. Nella
prima parte si manifesta la tendenza alla professionalizzazione del giudice, immettendo presso i tre
Senati in cui si suddivide la Camera giudiziaria, degli uditori e dei referendari che per alcuni anni si
impratichiscano e siano pronti a diventare giudici; si stabilisce un curriculum di esami per i
referendari e gli uditori; si sancisce il principio di eguaglianza di fronte alla giustizia. Nella seconda
parte è rilevante il titolo 3 (Dei rapporti orali dei memoriali relativi all’istruzione dei processi) dove
veniva introdotto il processo a trattazione orale almeno nella fase istruttoria, si trovava l’abbandono
del principio di segretezza processuale. La terza parte contiene una serie di disposizioni importanti
nella storia della procedura.
c) Il Project des Corporis Iuris Fridericiani
Se la riforma processuale fu un successo, il tentativo di codificazione sostanziale fu un fallimento.
La prima parte dell’elaborato del Cocceius fu pubblicata nel 1749 con il titolo di Project des
Corporis Iuris Fridericiani; in essa si trovano regole generali desunte dal diritto romano, norme
sulle actiones, diritti sulle persone, diritto di famiglia. Nel 1751 fu pubblicata la seconda parte,
contenente la disciplina della proprietà, del possesso e dei diritti reali, su basi romanistiche e delle
successioni. La terza parte relativa alle obbligazioni e al diritto penale non fu pubblicata. Il progetto
del Cocceius, tutt’altro che rispondente alle istruzioni di F. II per quanto riguardava la chiarezza, la
concisione e il piccolo numero delle disposizioni, era una espressione dell’indirizzo giusnaturalista
della scuola di Pufendorf. Il suo carattere “romanistica” valse ad accendere contro il Project un
doppio ordine di polemiche. In primo luogo esso trascurava le caratteristiche proprie degli statuti
delle città prussiane (Stadtrechte), delle consuetudini giuridiche territoriali e la differenziazione di
diversi status personali che da quegli statuti e da quelle consuetudini derivavano. In secondo luogo
il Project era formulato in modo tutt’altro che chiaro e incisivo; le sue partizioni, pur essendo
riducibili ad una teoria del soggetto di diritto, del predicato di diritto, e del predicato di dovere,
erano considerate soprattutto dalla tradizionale partizione personae, res, actiones. La coincidenza tra
il disegno di Federico II, che voleva un diritto comune chiaro, maneggevole e “prussiano” (cioè
rispettoso delle consuetudini territoriali e dagli statuti cittadini, entrambi collegati alla tradizione
giuridica germanica) e le posizioni dell’indirizzo di Leibniz, Wolff, valse a rendere inaccettabile il
Progetto Cocceius. Esso non fu accettato. Dopo la caduta del Project si aprì la strada che doveva
condurre alla codificazione del 1794.
La politica del diritto di Maria Teresa d’Austria
a) L’azione amministrativa: Alle origini del processo di codificazione austriaca troviamo un
disegno politico simile a quello dei re di Prussica, e consistente nella sottrazione di potere
costituzionale agli organi degli Stande. Quantunque diversissimi il Codice territoriale prussiano del
1794 ed il Codice civile austriaco del 1811 occorre tener conto del comune punto di partenza che va
individuato nella sovversione dello Standestaat in vista di soluzioni organizzative e costituzionali
assolutistiche. L’operazione costituzionale si rese possibile soltanto quando venne in rilievo quasi
esclusivo la posizione di sovrano della casa d’Austria e passò in secondo piano la qualità di
imperatore, cioè sul finire della guerra di successione austriaca e dopo la guerra dei sette anni. Il
primo passo verso la riforma costituzionale è costituito dalla riforma finanziaria in funzione delle
necessità dell’esercito. Nel 1748 l’imperatrice Matia Teresa dispose che le contribuzioni dovessero
essere tutte in denaro. Questa riforma fu accettata dagli Stati delle varie province. La
riorganizzazione fu centralizzata mediante la creazione di un organo, la Hauptdeputation. Il
secondo passo fu la scorporazione dell’amministrazione e la creazione di organi esclusivamente
dedicati all’amministrazione giudiziaria. Il problema era complicato perché tutte le autorità avevano
sia poteri amministrativi sia giudiziari. Nel 1749 Maria Teresa scorporò le due cancellerie, austriaca
e boema, e creò un organo centrale unico per le materie materiali e finanziarie (Oberste Kanzlei) e,
per le materie giudiziarie, un altro organo centrale unico chiamato Oberste Justizielle. Quest’organo
univa funzioni proprie del Ministero della Giustizia e di corte di ultimo appello. In questo modo la
rilevanza costituzionale degli Stande, in particolare della nobiltà veniva annullato nella materia
giudiziaria. La più importante riforma amministrativa fu la creazione del Consiglio di Stato
(Staatsrat), nel 1766 con competenza consultiva generale in tutti gli affari di Stato. Il Consiglio è
composto di sei membri, è presieduto dal cancelliere, tre membri sono nominati tra la nobiltà
territoriale e sono chiamati Ministri di Stato, e tre membri tra la nobiltà di toga, chiamati Consiglieri
di Stato. Caratteristica istituzionale dell’organo è l’imparzialità amministrativa.
b) Il “Codex Theresianus”: Nel 1753 l’imperatrice nomina una commissione con lo scopo di
elaborare un corpo di diritto privato unificato per le province ereditarie germaniche; la
Commissione doveva disporre di uno schema ordinato, riformulare e occorrendo riformare il diritto
romano-comune, sulla base delle deviazioni che da questo si riscontravano nei diritti territoriali. Lo
scopo politico-amministrativo era di assecondare l’accentramento giudiziario consentendo a organi
dipendenti dal sovrano di conoscere un unico sistema giudiziario e permettendo un controllo
dell’organo centrale sugli organi periferici e la mobilità del personale giudiziario dall’uno all’altro
organo periferico. Sotto il profilo della politica-economica, lo scopo era quello di rendere agevole la
contrattazione interterritoriale . L’ideologia professata era quella della certezza del diritto; quella
reale era di dare un’individuazione giuridica all’insieme dei territori germanici della casa d’Austria.
La Kompilationkommission produsse tre volumi che costituivano il Diritto delle persone. Essendosi
verificate opposizioni, l’imperatrice nominò una Commissione di revisione riunita a Vienna. Nel
1756 fu sciolta la Commissione di Brunn e la nuova commissione portò a termine il lavoro con il
Codex Theresianus del 1766. E’ un insieme di materiali raccolti con un frasario prolisso. Al Codex
propriamente detto è preposta una Patente di promulgazione e una serie di “proposizioni
fondamentali della compilazione” che no sono altro che regole formulate dalla commissione per lo
svolgimento dei propri lavori. La sistematica è quella romanistica: si divide in tre libri dedicati
rispettivamente al Diritto delle persone, al Diritto delle cose e ai diritti reali, e alle obbligazioni.
Ogni parte è divisa in capitoli che a loro volta sono divisi in paragrafi che a loro volta sono divisi in
numeri. Lo stile è discorsivo ed è scritto in tedesco, non in latino. Nonostante i difetti, il Codex
presente alcuni caratteri che lo additano come una tappa importante nella storia della codificazione.
Esso aveva la mira di porsi come diritto non solo comune, generale e unitario per tutti i territori
germanici della Casa d’Austria, ma come una disciplina unica ed esclusiva della materia regolata.
Scopo della compilazione è di eliminare il particolarismo giuridico abrogando nelle materie
contenute dal Codex, le normative territoriali previdenti e scavalcando così la problematica dei
rapporti tra diritto comune e diritti particolari. Si presenta anche come una codificazione di solo
diritto privato. La possibilità di concepire la codificazione al contempo come riforma del diritto
precedente, come unificazione dei diritti provinciali prima distinti, come abrogazione del diritto
precedentemente vigente e sua totale soppressione, non trova il suo fondamento in esplicite idee del
tipo pufendorfiano secondo cui tutto il diritto è espressione di volontà sovrana e secondo cui la
riforma del diritto è prerogativa del sovrano legislatore. Infatti la sostituzione integrale dei diritti
precedenti appare il frutto di un processo di unificazione che, migliorandoli, riformula
semplicemente i vari diritti provinciali. La commissione riteneva di unificare ritornando ad una
uniformità primitiva, e riteneva che la volontà arbitraria del sovrano legislatore dovesse venir spesa
solo in caso di norme “meramente arbitrarie” non riconducibili ad una primitiva uniformità.
Troviamo anche nel Codex tendenze verso la subordinazione del giudice alla legge scritta e quella
verso la subordinazione della consuetudine a un rinvio operato dalla legge scritta. La prima nel caso
di dubbio sull’applicabilità dell’una o dell’ altra di più disposizioni contenute nella compilazione, il
giudice dovrà affidarsi al criterio di maggiore aderenza al diritto naturale. La seconda si colloca
nella linee dottrinale pufendorfiana secondo cui tanto il diritto scritto quanto il diritto
consuetudinario derivano dalla volontà del sovrano legislatore, ma solo il primo discende da un atto
di volontà esplicito. Il diritto consuetudinario mantiene la sua forza obbligatoria a condizione che
sia “ragionevole”, non contrario al bene comune, e non abrogato dal diritto nuovo. Il secondo
aspetto che fa del Codex una tappa importante della storia della codificazione è la sua codificazione
del solo diritto privato. L’identificazione del diritto privato come campo autonomo viene a
caratterizzare tutto il processo di codificazione austriaco in senso moderno. Sulla base di questo
principio si venne a individuare un campo proprio del diritto privato che consisteva in tutti quegli
istituti che venivano immessi nel Codex: la decisione di codificare il solo diritto privato venne a dar
luogo ad una definizione a posteriori del diritto privato, come l’insieme di materie contenute nel
codice stesso. Sotto il profilo del processo di unificazione del soggetto di diritto privato, il Codex
presenta caratteristiche ambigue. Da una parte stanno affermazioni di eguaglianza giuridica, come
quella secondo cui la legge è obbligatoria sia per i cittadini che per gli stranieri, o quella secondo
cui gli uomini hanno per natura la stessa libertà. D’altra parte vi sono pesanti differenziazioni
soggettive, alcune sono di provenienza feudale.
c) Parziale fallimento della codificazione civile Teresiana e ricerca di nuove politiche del
diritto: Il Theresianus non fu mai promulgato. Nel 1766 sorsero opposizioni ispirate dal Cancelliere
von Kaunitz riguardanti rilievi critici ispirati da una codificazione più estesa, che comprendesse il
diritto commerciale, penale e processuale e no solo relativa ai paesi germanici. Egli osserva che: - il
Theresianus era pieno di norme e di distinzioni romanistiche, e perciò non costituiva un progresso
rispetto al diritto comune; - non era sufficientemente esplicito nell’abrogare tutti i diritti precedenti;
- era anche dipendente per molte norme dai diritti provinciali; - era troppo prolisso e discorsivo. Il 6
gennaio 1771 si decise di non promulgare il Codex. Il progetto non si era spinto abbastanza avanti
sulla strada che era stata intrapresa nel progetto stesso. La nuova Commissione avrebbe dovuto
procedere oltre verso un codice:- di ius privatum; - livellatore del soggetto di diritto privato; -
limitato agli istituti della famiglia, della proprietà e del contratto; - su base non romanistica né
territorialistica ma razionalistica; - scritto in termini semplici ma tecnici e non discorsivi.
d) La ricolmpilazione penalistica Teresiana: La commissione a ciò preposta produsse il risultato
nel 1768 e venne approvato col titolo di Constitutio Theresiana Criminalis. Questa non abroga il
previdente diritto ma si limita a rifonderlo; per quanto concerne i contenuti, occorre distinguere i
caratteri delle norme attinenti ai reati dai caratteri delle norme attinenti alle sanzioni. Per quanto
riguarda i reati, è percepibile la tendenza a ridurre quelle distinzioni tra figure di reato che derivano
da distinzioni di status, rendendo queste ultime rilevanti nella determinazione della qualità e della
quantità della pena. Si ha una tendenza verso il diritto a soggetto unico.
La codificazione bavarese
Tra i grandi principati germanici solo la Baviera, oltre alla Prussica, si incammina nel processo di
codificazione attorno alla metà del secolo XVII. Ciò avviene nel corso di un tentativo di
riorganizzazione statale da parte di Massimiliano Giuseppe III. La Baviera rinnovò la codificazione
su basi più moderne. Nel 1750 M. G: III autorizza il Cancelliere Alois von Kreiyymayr ad elaborare
una nuova raccolta del diritto territoriale; mel 1752 viene pubblicato un “Codice Penale”; nel 1753
un “Codice del processo” e nel 1756 un “Codice Civile” chiamato “Massimilianeo”. Questa
codificazione bavarese costituisce un punto di transizione tra le vecchie raccolte e i codici moderni.
Il codice penale abroga tutto il diritto precedente; il codice di procedura non abroga le norme
precedenti, ma si presenta come una loro riduzione a completo sistema del diritto giudiziario; il
codice civile abroga il diritto precedente in due casi cioè quando la materia è completamente
regolata ex novo dal codice stesso e quando il diritto previdente è modificato in modo anche
implicito. Non è una codificazione illuminista.
Cap. IX Le codificazioni illuministiche dell’ultimo terzo del sec. XVIII
Linee di tendenza e aree interessate
Le regioni europee interessate della codificazione illuministica sono: a) la Prussia; b) l’Austria; c)
gli Stati Italiani di cultura austriaca; d) l’area orientale degli Stati Slavi. In Prussia e in Austria la
codificazione investe tutti i settori del diritto, cioè quello civile, penale, di procedura civile e penale;
negli Stati Italiani riguarda il diritto penale e la procedura penale; negli Stati Orientali la
codificazione resta allo stato di progetto, che riguardano soprattutto il diritto penale. Quindi le
codificazioni illuministiche sono principalmente contraddistinte dal codice penale.
In Francia non si ha alcuna realizzazione a parte un caso di importanza marginale di un ministro di
Luigi XV, Hue di Miromensil, che elabora una riformulazione di tutte le leggi commerciali, ivi
comprese le Ordonnance del 1673.
Prussia
a) Dalla ripresa dei progetti di Federico II alla promulgazione dell’Allgemeines Landrecht:
Sotto il profilo dell’unificazione soggettiva è il codice meno moderno, cioè borghese. Dopo
l’insuccesso del primo tentativo affidato al Cocceius, Federico II non rinunciò al progetto di
codificazione. Affida il compito di preparare una riforma generale del diritto al Gran Cancelliere
von Cramer. Tale commissione aveva il compito di elaborare progetti da sottoporre ad un altro
organo, una commissione legislativa. I pareri sui progetti furono pubblicati sotto il titolo di
Extractus monitorum. Il primo progetto non fu promulgato, ma ebbe il carattere di una direttiva
ufficiosa per gli organi burocratici e giudiziari. Contemporaneamente alla ripresa della
codificazione del diritto sostanziale, si ebbe la ripresa della riforma processuale, che già era stata
avviata con successo. Viene promulgato, nel 1781 il Regolamento giudiziario generale che precisa
il Project eines codicis fridericiani marchici. Si tratta del primo codice processuale illuministico. Le
caratteristiche di tutte le riforme processuali del dispotismo illuministico possono venir comprese
solo nel riferimento al loro contesto storico- politico di origine, cioè alla politica di sovrani che
combattevano contro il diritto comune romano e le sue istituzioni processuali e contro i diritti
particolari che si reggevano sulle istituzioni processuali degli Stande e sulle autonomie,
giurisdizioni e immunità cetuali. Il processo che ne uscì fu caratterizzato da maggiori poteri ispettivi
del giudice rispetto alle parti e da minori poteri arbitrari ed equitativi del giudice rispetto alla legge
sostanziale. Rispetto al regolamento austriaco, il regolamento processuale prussiano del 1781 è
caratterizzato da una minore segretezza: il giudice deve motivare contestualmente la decisione di
ogni questione incidentale, ogni decisione incidentale deve essere comunicata alle parti. Il secondo
progetto del codice di diritto sostanziale fu presentato in sei parti tra il 1784 e il 1788, quando fu
pubblicato con il titolo di Entwurf eines allgemeines Gesetzbuchs fur die preussischen Staaten.
Nella forma definitiva, con il titolo di Allgemeines Landrecht fur die Koniglish-Preussischen
Staaten (fu pubblicato il 5 febbraio 1794. Nel 1793 aveva visto la promulgazione della redazione
definitiva del regolamento processuale, Allgemeine Gerichtsordnung.
b) Caratteri formali dell “Allgemeines Landrecht”: La codificazione prussiana del 1794 presenta
alcune caratteristiche che suggerirebbero di collocarla tra le raccolte di leggi settecentesche e altre
nella codificazione moderna. Poniamo dalla prospettiva del rapporto tra riforma giuridica, diritti
comuni e particolari. Le riformulazioni settecentesche di materiali giuridici preesistenti erano
riforme di diritti particolari, cioè non si proponevano di sostituire il diritto comune. Invece il
Landrecht prussiano si proponeva di sostituire il diritto comune per tutti i territori della corona
prussiana: e sotto questo aspetto il Landrecht sembra doversi collocare tra le codificazioni moderne
in quanto codificazione che sostituisce il diritto. Per quanto concerne gli stati prussiani, il diritto
comune è il Landrecht, che non può essere supplito da un altro corpo giuridico perché si presenta
come diritto completo, non suscettibile di eterointegrazione.
Il Landrecht non elimina il rapporto tra diritto comune e diritti particolari, perché si presente esso
stesso come diritto comune; il Landrecht non tollera che a sue lacune si supplisca mediante ricorso a
un diritto comune; ma si presenta come diritto suppletivo di diritti particolari, i quali vengono
integrati mediante ricorso al Landrecht. Infatti gli statuti cittadini e le consuetudini delle province
continuavano ad avere vigore, e a prevalere sul diritto comune. Per cui, sotto questo aspetto il
Landrecht non elimina il particolarismo giuridico. Federico II perseguiva una politica di
unificazione giuridica, ma perseguiva questa politica cercando di operare sui contenuti dei diritti
particolari, razionalizzandoli ed armonizzandoli col diritto comune.
Poniamo ora dalla prospettiva delle materie che trovano la loro disciplina nel Landrecht. Questo
consta di una Introduzione e di due parti dedicate la prima alle materie del diritto civile (soggetto di
diritti, contratti, predicati giuridici) e dell’istituto dell’espropriazione; la seconda sempre diritto
civile (rapporti di famiglia, successioni ab intestato) oltre che materie riguardanti l’organizzazione
politica dello Stato, quali gli stati personale, le corporazioni, i rapporti feudali, i rapporti fra
cittadino e Stato e parte del diritto penale. Questo porterebbe a collocare il Landrecht tra le raccolte
di leggi settecentesche, e non tra le codificazioni moderne, le quali generalmente riguardano o solo
il diritto civile o il diritto penale, mai invece il diritto civile assieme a parti del diritto pubblico.
Se ci si pone dal punto di vista della formulazione dei singoli articoli o paragrafi il L. appare come
una tipica codificazione moderna. I paragrafi sono brevi e ben formulati. Se ci si pone dal punto di
vista dei rapporti tra codice e giudice, il L. è un tipico codice moderno (il divieto per il giudice di
interpretare la legge e l’obbligo per il giudice di ricorrere, in caso di dubbio, alla Commissione
legislativa per ottenere un interpretazione autentica; nella redazione definitiva al giudice è permesso
il ricorso all’anologia legis e all’analogia iuris, limitando così la necessità di ricorrere alla
commissione legislativa. Il Landrecht si presenta come regolamentazione completa, cioè non
suscettibile di eterointegrazione, priva di lacune, coerente, cioè contenente in se stessa i criteri per
risolvere conflitti tra singole disposizioni e antinomie giuridiche.
c) I contenuti normativi normativi dell”Allgemeines Landrect” e l’ideologia implicita: Si vuole
mostrare come l’organizzazione di un complesso materiale normativo in un corpo semplice di
proposizioni chiare, costituite da attribuzioni di predicati giuridici a soggetti giuridici,ha trovato un
limite nella pluralità delle classi di soggetti e un altro nell’esigenza di codificare assieme il diritto
dei rapporti negoziali e del diritto pubblico. Il Landrecht consta di un’Introduzione e di due libri.
L’Int. Contiene alcune affermazioni generali di principio, che avranno scarsa portata pratica, non
fornendo norme complete per la soluzione di controversie giuridiche ma fornendo solo principi
generali per l’interpretazione delle norme dei due libri successivi. Ci sono alcue norme contenute
nell’Int. Che occorre menzionare. Una è quella secondo cui i diritti degli uomini sono fondati sulla
libertà naturale, che ciascuno ha, i perseguire il proprio bene senza ledere il diritto altrui. Un’altra
dice che i diritti del singolo traggono la loro origine dalla nascita. La funzione strutturale nel
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Storia del Diritto Medievale e Moderno, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente Storia della Cultura Giuridica Moderna, Tarello. Nello specifico gli argomenti trattati sono i seguenti: tentativi e progetti di codificazione nella prima metà del secolo XVIII,raccolte private nell’area germanica, raccolte e riformulazioni ufficiali dopo il 1720.
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