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Beauburg per ridefinirlo anche dal punto di vista sociale perché pregiato e dedicato alla cultura.
Le soluzioni sono molte. Possiamo riconoscere questi concorsi. Il Pompidou che interpreta la
metafora della fabbrica di cultura, nel momento in cui la rivoluzione industriale inizia ad andare in
crisi, adotta un’estetica industriale ma non c’è produzione ma cultura. E’ simile ad altri progetti
- Dardi, padiglione di Osaka.
- Crystal Palace di Rice (mai realizzato) dedicato al tempo libero.
Questa idea della fabbrica, nuovo codice stilistico descritte nelle storie come “momento della
pluralità” lavora con il fuori scala. Non è semplice per esempio trasportare i materiali e cose di
grandi dimensioni in città.
Il Pompidou si presenta esponendo i servizi e i condotti in maniera spettacolare, ma questo
contenitore risulta quasi più forte del contenuto. Sembra che l’arte perda il suo ruolo in favore
del contenitore, senza costruire lo spazio. Se già in fase di cantiere ci si accorge che non può
esserci completa flessibilità dovuta anche a questioni tecniche. La seconda sconfitta è quando la
direzione dice che questa flessibilità non è utile ma è dannosa, perché c’è bisogno di spazi
prevedibili. Negli anni 80 verrà incaricate Gae Aulenti di proporre un allestimento definitivo.
Si produce uno testi più importanti degli anni 70 “Learning from Las Vegas”, 1972 scritto da
Robert Venturi e Denis Scott Brown, due accademici. Sono testi che germina da attività di
laboratorio con i loro studenti. Osservano Las Vegas che in quel momento è effimera, non esiste
(solo insegne luminose), raccolta intorno a un asse centrale. Volgare dal punto di vista degli
edifici, senza arte di costruire. E’ una città dell’azzardo, di divertimento inteso in una certa chiave.
L’intento è provocatorio, trattando Las Vegas come qualcosa da trattare con la massima serietà.
Mappano in modo serio le tipologie degli edifici e si classificano. Danno una dignità che nessuno
aveva mai dato. Uno degli interessi fondamentali degli autori è per la capacità comunicativa
dell’architettura. Interessa Las Vegas non solo perché disprezzata ma perché è una città che
comunica. E’ una città che ha strumenti per comunicare. Un intento comunicatore che viene
riassunta in 2 possibilità
- o l’edificio comunica
- o in qualche modo c’è una comunicazione verbale ospitata dall’architettura.
1973
Tutto altro fronte. Se Venturi si tuffa nella realtà quasi fino a perdere la percezione del confine tra
architettura e realtà anzi non gli interessa questo confine perché vuole capire la società. La scena
italiana nel 1973 registra segni differenti.
XV triennale diretta da Aldo Rossi “architettura razionale”, aveva lasciato il consiglio direttivo
perché in polemica con il Giancarlo de Carlo. Finalmente riporta la triennale in maniera radicale
entro il recinto dell’architettura. Rimanda a una tradizione. “architettura razionale” degli anni
20-30. Titolo generico, per cui vuole ritornare all’origine. Anche se l’architettura mostrata in questo
contesto non sarà un’architettura razionale come veniva inteso, ma era architettura della
“tendenza”, cioè l’opera di Aldo Rossi e dei rossiani, un numero nutrito di esponenti, italiani ma
non solo. E questo termine “Città Analoga” è un keyword per la tendenza. “Città Analoga” di
Arduino Cantafora, un quadro in cui si rappresenta una città rinascimentale in cui però appaiono
opere di Rossi. E poi una sorta di autobiografia intellettuale. Dipinti gli elementi dell’immaginario
dell’architetto che costituiscono una possibile tradizione.
Poi c’è la proiezione del futuro: chi ha scritto di Rossi. Questi materiali confluiscono tutti nella
triennale. Una mappa storica con sovrapposti frammenti dei lavori di Rossi. Ma c’è poi questo
passaggio molto ambiguo tra il travisamento della planimetria di San Rocco e un probabile
interno. C’è una contraddizione tra un mondo voluto scientifico e poi il fatto personale è qualcosa
che fin dall’architettura della città di Rossi è sempre presente, non sempre colto. In quel momento
Rossi inizia anche a costruire e diventerà tra la crisi petrolifera e la perestrojka un architetto di
fama internazionale, forse la prima archistar.
Complesso residenziale Monte Amiata al Quartiere Gallaratese (MI), 1967.
Occasione di costruire con Aymonino, entrambi insegnano a Venezia.
Aymonino fa le 3 stecche (aspira a una certa ricchezza urbana, microambiente), quarta stecca di
Rossi (per introdurre eterogeneità in quartiere). Rossi reinterpreta la sua idea di residenziale,
collocando elementi che per lui sono elementi tradizionali di abitazione milanese: loggia,
portico, ballatoio. Fotografato da Gabriele Basilico.
Quali sono i riferimenti? De Chirico, Hans Sharun sua prima stecca rifiutata per Berlino, sistema
dei cortili comunicanti di Berlino pubblicati su Casabella.
Alcune angolature particolare che permettono di cogliere eterogeneità:
TEMA DELLA SCUOLA
- Aldo Rossi a Fagnano Olona, scuola. Corridoio che diventa elementa fondamentale, corte
interna. Tipologicamente usa una distribuzione classica.
- 76, Luigi Pellegrini. Usa un altro tipo di tradizione: programma dell’edificio scolastico come
costruttivo e sociale. Gli permette in estrema sintesi di sfalsare i solai e ancorarli alla struttura
portante. E’ un plesso scolastico molto complesso e concepito come spazio sociale. Copertura
inclinata che diventa spazio pubblico. L’edificio non è chiuso ma è accessibile. La piscina è
sovradimensionata per essere aperta.
Questo è uno spaccato della cultura progettuale italiana. Un ritorno all’ordine, all’architettura
come campo autonomo, dove si seguono leggi interne o un’architettura aperta in tutte le sue
accezioni. Avrà più fortuna la prima strada.
TEMA DEL CIMITERO
Aldo Rossi avrà successi Es. Cimitero di Modena 1972. Diversamente da Scarpa 1969-1978 che
lavora in modo personale, Rossi cerca invece di trovare una possibile narrazione generale del
tema della morte: es. casa senza tetto o ciminiera spenta.
Rossi, il teatro del mondo, 1979, struttura effimera.
Sarà questo primo momento del trionfo rossiano anche un momento in cui trionferà l’effimero. La
struttura effimera sviluppata a Venezia. Ed è occasione di produrre opere grafiche, in questo
momento Rossi è anche un pezzo da galleria. In un momento in cui la crescita conoscerà i suoi
limiti, così come la produzione architettonica è lenta, quello della rappresentazione è un modo per
continuare a lavorare, alimentando un mercato di nicchia ma che legittima alcune figure. Il
disegno è fine a se stesso, perde legame col progetto.
Un altro accostamento può avvenire viene dalla XVI Triennale, 81, dopo molti anni. Guido Canella.
Si tiene un ciclo di mostre più piccole, non un’unica grande mostre. Una è intitolata a idea (Rossi)
e conoscenza (Gabetti e Isola), è un accostamento stridente, le due mostre erano parallele ed
accostate e si può avvertire la distanza culturale delle due proposte. Lo spazio diafano di Rossi e
questo spazio non finito volutamente che mima un cantiere di Gabetti e Isola su cui in maniera
molto provvisoria sono indicati alcuni elementi di conoscenza dell’architettura.
LA CITTA’
Anni 70 anche qui 2 edizioni quasi coeve di Complex e Contradiction in cui l’approccio alla città
cambia. Da un lato vengono istituiti dei corsi di laurea in urbanistica che però faticano ad avere
un programma lineare che si capisca che figure professionali formi e sicuramente c’è una fetta
della cultura del piano che ancora ragiona in termini di piano e altri che sostengono che il piano
non sia importante, ma che la città debba funzionare per parti: parti differenti che obbediscono a
logiche differenti, secondo il collage. Collin Raw produce un testo su questo, una figura
fondamentale del post bellico degli USA.
PARTECIPAZIONE
All’interno di queste operazioni si individua un approccio sono le prime esperienze di
partecipazione, un termine che è andato molto di moda, molto scivoloso. Difficile capire come
avviene, se davvero avviene, se avviene solo se c’è autocostruzione. Questo è una delle
architetture partecipate: Quartiere Matteotti a Terni di De Carlo per l’acciaieria, 1969-1975. Fino a
che punto è un’architettura partecipata? O alla fine gli abitanti hanno solo scelto alla fine gli
alloggi già codificati. Evidentemente la rappresentazione del quartiere sembra rivelare rigidità.
Altri casi Kroll Maison Medicale a Bruxelles 1969-1972, si costruisce un nuovo ospedale e attorno
a questa città universitaria con alloggi per studenti di medicina. Il 68 cambia l’impostazione su
come era stata progettata prima. In parte autocostruita, es. usa tutte le finestre di un catalogo.
Accentua questo termine di apparente casualità dell’architettura. es. il terreno viene ondulato per
annullare la razionalità. Alternanza di logge e non logge per negare allineamenti. Un altro caso,
appena all’indomani del 68 Herskin, architetto scandinavo lavora molto in Inghilterra: case a
schiera, intervento speculativo. si infrastruttura il territorio, si ricostruisce un nuovo
insediamento. Varie tipologie e vari gradi di inclusione degli utenti.
STORIA
Altro tema fondamentale è il nuovo rapporto tra architettura e storia. Storia mai assente. Sono
questi gli anni in cui la storia diviene un materiale da cui attingere e possibile di essere
manipolata. Uno dei momenti che tratta questo tema è la mostra al MOMA di Arthur Drexler
dedicata all’architettura dell’escole de Bosar. Negli anni 70 si fa una mostra per mostrare quali
prodotti produce l’accademismo.
Biennale, prima mostra internazionale di architettura. Intitolata “la presenza del passato”
Momento in cui quella che P. Portoghesi chiamerà “la fine del proibizionismo” fine del divieto di
guardare alla storia come materiale operativo viene celebrata. Strada Nova, Corderie
dell’arsenale Venezia. Si realizza in un’opera dove una strada viene giudicata non innovativa ma
“novissima”. Lo spazio tra una colonna e l’altra ogni architetto deve pensare a una facciata come
se fosse una vera e propria strada. 20 proposte. Ci sono degli architetti producono facciate che
lavorano con la storia (barocco, Le Duc) e c’è chi invece rifiuta (es. Rem Koolhas mette un telo
perciò si