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Estratto del documento

C

F

unitario . La retta dei ricavi ha invece termine noto nullo e

c u

coefficiente angolare pari al prezzo di vendita Il volume per

p.

cui si verifica l’uguaglianza tra costi e ricavi dicesi volume di

o . Per si registrano profitti.

pareggio volume di break even V V>V

B B

Si trova che: . Definiamo e le quantità:

margine di contribuzione unitario m complessivo M

, ;

, ,

Il margine di contribuzione è indice del guadagno ottenuto per singolo pezzo. Sulla base del margine di

contribuzione possiamo disegnare il diagramma che si vede a fianco. In questo caso il volume

reddito – volume

di pareggio si ha in corrispondenza di un costo monetario pari

ai costi fissi. Per conoscere il volume necessario per ottenere

un dato profitto basta considerare che:

P 0 ⇔

, ,

Nel diagramma a fianco è esattamente pari al segmento

P 0

verticale che, in corrispondenza di , unisce la retta dei costi

V 0

fissi alla retta del margine di contribuzione complessivo. Nel

caso in cui un’impresa sia multiprodotto la situazione si

complica. In questo caso possiamo calcolare dei valori medi

ponderati di prezzo e costo unitario, una volta determinato il volume equivalente:

∑ ∑ , ,

; ; ,

Questi indici possono essere usati per disegnare un diagramma reddito – volume identico al precedente

sostituendo i valori con quelli medi ponderati. Si ponga però attenzione al fatto che tale grafico rispecchierà

la reale situazione aziendale solo per quel dato mix di prodotti; se cambiano le proporzioni tra i volumi di

produzione dei diversi prodotti, cambieranno i valori di , e . L’utilizzo degli indici medi ponderati

p c V

m v,u,m eq

risolve il problema dei costi fissi indiretti: non è infatti possibile calcolare dei volumi di break even per ogni i-

esimo prodotto, perché i costi fissi non si riferiscono al singolo prodotto. Per dato mix di produzione possiamo

però calcolare il suo valor medio ponderato. Definiamo un ulteriore parametro, indice della distanza dalla

"/

% 100!

zona di perdita, chiamato e calcolabile tramite la relazione: . Per

margine di sicurezzza

conoscere invece quanto il reddito è sensibile rispetto alla variazione dei ricavi si utilizza la leva operativa LO:

100 /

& '

% ,

$% ⟶ $% ! ⁄ "

& 100 /

% ,

'

dove i pedici ed scandiscono i valori iniziali e finali, e stà ugualmente per volume iniziale. Al crescere di

i f V

(cioè con volumi di produzione molto al di sopra del volume di pareggio) l’effetto leva diminuisce, ed

MS% → ∞ $% → 1.

in particolare per , Qualitativamente questo avviene perché con l’aumento del volume di

produzione, diminuisce l’incidenza percentuale dei costi fissi sul reddito. Se si opera con bassi margini di

sicurezza, una piccola riduzione della domanda (e quindi una conseguente riduzione della produzione) può

avere effetti catastrofici. Per aumentare il profitto possono eseguirsi principalmente quattro operazioni:

Aumentare il prezzo di vendita: graficamente si ha un aumento dell’inclinazione della retta dei ricavi nel

a) diagramma costo – volume – profitto.

Ridurre i costi variabili: analiticamente ha lo stesso effetto dell’operazione

b) a).

Ridurre i costi fissi: graficamente si ha un abbassamento del valore di .

c) V B

Aumentare le vendite: banalmente, il punto sulla retta dei ricavi che individua la situazione attuale si

d) sposta più in alto a destra lungo essa, con un conseguente aumento del segmento che individua il profitto.

2

Capitolo 2.

Esistono principalmente tre metodi per determinare il costo di un prodotto: il full

il e l’activity (ABC). Il primo, detto anche “a

costing, direct costing based costing

totale assorbimento di costi” mira alla formazione del prezzo di vendita con il

metodo del mark up, e per questo cerca di stimare tutti i costi relativi al prodotto.

Si considerano quali quelli relativi alla manodopera, alle materie prime

costi primi

e a costi straordinari direttamente imputabili al prodotto; a questi si aggiunge la

quota dei costi indiretti industriali e infine la quota relativa a costi indiretti

amministrativi, aziendali e commerciali. Così viene determinato il del

costo pieno

prodotto, dal quale può determinarsi il suo prezzo (moltiplicando il costo pieno

per il mark up) e il cosiddetto somma di costo pieno e costi

costo economico tecnico,

opportunità. Per la ripartizione dei costi indiretti il full costing sceglie un criterio

che sia proporzionale al volume di produzione . Il full costing per

1 centri di costo

tiene in considerazione l’allocazione dei costi generali di produzione

analizzando separatamente i costi provenienti da centri produttivi, ausiliari,

e di Tra gli ausiliari annoveriamo i centri che svolgono

comuni struttura.

un’attività misurabile a favore dei centri produttivi come manutenzione,

condizionamento, etc. I centri comuni di costo considerano i costi non facilmente

misurabili relativi ad attività al servizio dei centri ausiliari e produttivi. Infine i

centri di costo di struttura sono quelli su cui si allocano i costi di periodo della

contabilità generale; non si effettua alcun ribaltamento sui centri produttivi, e da essi si allocano direttamente

al prodotto. In passato il metodo del full costing ha avuto grande successo perché l’incidenza dei costi diretti

della manodopera era molto elevato (aziende Con il crescere dei costi indiretti, il metodo del

labor – intensive).

full costing fallisce. Inoltre esso non tiene conto delle oscillazioni della domanda, non facendo alcun

riferimento alla capacità effettivamente utilizzata. Pertanto nei periodi di riduzione delle vendite si avranno

costi pieni sovrastimati, viceversa nei periodi di oscillazione positiva della domanda.

Il direct costing si basa invece sulla sola analisi dei costi variabili

e considera i costi fissi di produzione come costi di periodo,

registrandoli insieme a costi commerciali e amministrativi. Più

che un metodo di contabilità industriale, di fatto il direct costing

è un modello economico dell’impresa a prodotti multipli che

segue la teoria marginalistica di massimizzazione del profitto.

Secondo tale teoria si ha che il profitto è massimo quando il

ricavo marginale eguaglia il costo marginale, e il costo medio è minimo quando eguaglia il costo marginale:

+!," +! " +! "

-.- -.-

⇒ max ; ⇒ min

+ + +

I grafici a fianco mostrano la situazione nei casi di

concorrenza perfetta (prezzo costante al variare del

volume) e concorrenza monopolistica. Il metodo di direct

costing assegna al margine di contribuzione il ruolo di

parametro di riferimento sia per l’attività di controllo dei

risultati ottenuti da ciascun centro di costo che per le

scelte di marketing dell’impresa. Tale ruolo deriva dalla

considerazione che i costi fissi sono costi che maturano nel tempo, e come tali non possono essere trasferiti da

un periodo di gestione all’altro e vanno sempre attribuiti al periodo di competenza. Invece, quelli variabili non

dipendono dal tempo e si manifestano solo nel momento in cui si realizzano le attività produttive. Il diagramma

3

6

7

1 Se un’azienda sostiene un costo fisso C per i prodotti x, y e z, la quota imputata al solo prodotto x è: 5 6 86 86

7 9 :

mette in evidenza il ruolo del margine di contribuzione di ciascun prodotto nelle decisioni

di redditività

aziendali, e consente dunque di prendere le decisioni strategiche circa il portafoglio di prodotti. Il metodo del

direct costing incontra difficoltà nel momento in cui deve affrontare costi semifissi (o semivariabili), e spesso

la valutazione di questi costi risente delle decisioni aziendali. Per fare un esempio spesso la manutenzione

programmata si considera quale costo fisso, mentre se si tratta di manutenzione a guasto, si considera quale

costo variabile. Se si vuole fare una distinzione sulla filosofia delle due metodologie fin ora esposte, possiamo

dire che il full costing focalizza l’attenzione sui volumi di produzione e ricerca l’efficienza aziendale nella

produzione mentre il direct costing guarda al mercato e misura l’efficienza in termini di volumi venduti.

La produzione di beni avviene attraverso la trasformazione di input in output; per

controllare i costi è necessario capire le attività che li hanno generati. È su questa

logica che si basa la metodologia contabile ABC (Activity Guardando

Based Costing).

lo schema a fianco, le frecce verso l’alto seguono il flusso logico di trasformazione,

le frecce verso il basso quello contabile. Tale criterio nasce per far fronte

all’incremento delle attività immateriali non correlate ai volumi di produzione, a

causa della vasta gamma di prodotti delle aziende e dall’utilizzo sempre più diffuso

di risorse condivise. Le attività vengono divise a seconda del livello di riferimento:

supportano la produzione nel suo complesso (pulizia, pianificazione strategica, etc.).

Stabilimento:

1. attività legate alla specifica linea di prodotto (progettazione, ingegnerizzazione, etc.).

Prodotto:

2. operazioni effettuate sul singolo lotto prodotto (set-up, trasporto, etc.).

Lotto:

3. attività specifiche riguardanti la singola unità prodotta.

Unità:

4.

L’implementazione del metodo avviene attraverso 3 fasi fondamentali: Catalogheremo

a) Individuazione dei processi e dei sottoprocessi e allocazione dei costi di contabilità generale.

diversamente i processi direttivi, di supporto, per nuove opportunità, di progettazione, di produzione, e

di assistenza post-vendita. Si

b) Individuazione di tutte le attività per ciascun processo e delle risorse utilizzate con calcolo dei costi relativi.

analizzano dunque singolarmente tutti i processi e si scompongono in attività. Si individuano per ciascuna

di esse input e output raggruppando quelle che li hanno in comune, e si attribuiscono ad essa i costi per

le risorse utilizzate. Per le risorse condivise si utilizzi una idonea base d’imputazione (resource driver).

normalmente si individuano gli input e

c) Individuazione degli activity drivers e ripartizione dei costi sui prodotti:

output di un’attività. Il parametro cercato si individua analizzando i dati storici. Esso deve soddisfare il

criterio di omogeneità tra costi unitari degli output ottenuti da una stessa attività; se la misura scelta

rappresenta il coefficiente di proporzionalità tra costi sostenuti nell’uso della risorsa e volume di output,

il costo unitario rimane costante. Scheda di costo standard

Definiamo il costo ipotetico obiettivo at

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A.A. 2015-2016
9 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher RiccardoScimeca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Abbate Lorenzo.