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CF
CV
Parametro: numero di partecipanti CF>CV Parametro: durata del corso CF<CV
La struttura dei costi fissi o variabili dipende quindi dal parametro che uso per misurare
sull’attività:
I. Un costo è variabile quando è correlato al parametro scelto per misurare il livello di attività
svolta
II. Un costo è fisso quando non è correlato a nessun parametro (può variare nel tempo)
21
Es. Un costo variabile può essere costante e un costo fisso può essere variabile nel tempo:
Prendendo in considerazione un ristorante che lavora sempre a capacità massima, avrà bisogno di
un livello di farina (costo variabile) in modo costante. La formazione è un costo fisso che però non
è costante nel tempo.
Costi fissi
I costi fissi si dividono in: costi fissi impegnati e costi fissi discrezionali.
• Un costo fisso impegnato dipende da decisioni già prese e che non sono facilmente
controvertibili. Quando acquisto una macchina, un capannone etc.. ho già fatto la spesa e
quindi ho un costo di ammortamento avviato in contabilità. La decisione non è facilmente
controvertibile (potrei avere una perdita se lo vendo).
• Un costo fisso discrezionale, invece, posso decidere se farle o non farlo, per esempio la
manutenzione e riparazione. Quindi dipende molto dal periodo in cui mi trovo, se il periodo è di
crisi allora non li sosterrò.
Queste distinzioni sono molto sottili e dipendono dalle varie situazioni, per esempio la pulizia è un
costo fisso discrezionale, ma potrebbe essere impegnato se ci fossero dei controlli.
La distinzione tra costi fissi e variabili è una distinzione di breve periodo perché nel lungo periodo
i costi diventano tutti variabili.
Quantità allestita e venduta
Il valore della produzione (A) è composto dalla vendita (A1), dalla variazione di prodotti e
semilavorati (A2), dalla variazione di semilavorati Big cioè lavori in corso su commessa (A3) e poi
A4 e A5.
Immaginiamo che un’azienda non faccia A3 (lavori in corso su commessa) quindi il valore della
produzione è imputato in gran parte dai ricavi di vendita (forte correlazione tra vendita e valore
della produzione).
Invece un’azienda che lavora per commessa, ha tutti i lavori incentrati sulla commessa e quindi è
molto importante per la formazione del valore della produzione (quindi se è così importante
bisogna vedere come valutarla).
Bisogna valutarla a ricavo e il criterio di valutazione diventa da trascurabile a fondamentale.
Es. Trovare la quantità di break even point −
CFR CF RT
= =
Q −
BEP MCu P cvu
22
Se vendo 40 pezzi e ho un ricavo di 4000€, vuol dire che il prezzo di vendita è di 100€.
Considerando che è un’impresa vinicola, non vende 40 bottiglie tutte uguali, ma ogni bottiglia avrà
un prezzo diverso da 100€ che è solo una media. Quindi se cambio il mix di vendite, cambiano
anche i ricavi con le stesse quantità vendute (vendo più bottiglie da 200 e meno da 50).
CV 1800 4200
= = = = =
cvu 18 Q 51,2
−
Bep
Qa 100 100 18
Ora consideriamo che nei costi variabili non ci sia solo produzione allestita (costi variabili sono
dati da provvigioni) quindi immagino di fare solo con la produzione venduta.
CV 1800 4200
= = = = =
1
cvu 45 Q 76, 36
−
BEP
Qv 40 100 45
La quantità di BEP varia molto e quindi quando vado a fare l’analisi devo individuare invase a cosa
sono variabili i costi. Immaginiamo che quindi i miei 1800 di costi variabili siano suddivisi come
sopra indicato:
CVI CVC 1000 800 4200
= + = + = = =
2
cvu 30€ Q 60
−
BEP
Qa Qv 100 40 100 30
RDV CVI CVC
− −
Margine di contribuzione = ( )*Qv
Qv Qa Qv
Da questo esempio possiamo capire come:
• Se non si vede non si può creare margine;
• Più unità sono prodotte e vendute, più vengono coperti i costi fissi, quindi il RE aumenta;
• Se aumentiamo la produzione ma le vendite rimenano invariate il RE rimane invariato;
4.6 Limiti e potenzialità del BEP
Il modello BEP ci dimostra che non è possibile coprire i costi fissi solo producendo di più per fare
scorte di magazzino, e l’esempio seguente lo illustra.
V Costi industriali unitario (10€) 10.000
40.000
F Costi industriali
V Costi commerciali variabili (8€) 8.000
F Costi commerciali 2.000
F Costi generali e amministrativi 40.000
Tot Costo totale 100.000
.
Quantità allestita e veduta sono uguali e sono pari a 1.000 pezzi, con un prezzo di vendita di 68€.
Quindi la qualità di pareggio è data dal rapporto tra costi fissi e margine di contribuzione (50€)
82.000
23
68 - 18
Quindi avremmo che la quantità di pareggio è 1640 pezzi, quindi siamo in perdita, pari a 32.000€.
Se producessimo di più, ma non vendessimo, il risultato economico non cambierebbe.
Costo della produzione ottenuta Produzione ottenuta
10.000 68.000
Costi industriali variabili Ricavi di vendita
40.000 0
Costi industriali fissi Variazione delle rimanenze
8.000
Costi commerciali variabili 2.000 32.000
Costi commerciali Perdita
40.000
Costi generali e amministrativi 100.000 100.000
Totale Totale
Proviamo rifacendo l’esempio, ipotizzando che la direzione aziendale aumenti la produzione a
1.640 pezzi, ma le vendite rimangano 1.000 pezzi 16.400
V Costi industriali unitario (10€) 40.000
F Costi industriali 8.000
V Costi commerciali variabili (8€)
F Costi commerciali 2.000
F Costi generali e amministrativi 40.000
Tot Costo totale 106.400
.
Quindi, avremmo solo un’aumento dei costi variabili industriali, in quanto non essendoci ulteriori
vendite i costi commerciali non aumentano.
Costo della produzione ottenuta Produzione ottenuta
Costi industriali variabili Ricavi di vendita
16.400 68.000
Costi industriali fissi Variazione delle rimanenze
40.000 6.400
Costi commerciali variabili 8.000
24
2.000 32.000
Costi commerciali Perdita
40.000
Costi generali e amministrativi 106.400 106.400
Totale Totale
Come possiamo vedere, la variazione dei costi variabili è (in quanto valorizziamo le rimanenze a
costo industriale variabile) viene neutralizzata dalla variazione delle rimanenze di prodotto finito.
Lo stesso sarebbe accaduto, se avessimo valorizzato il prodotto finito con il criterio del costo
industriale pieno .
11
Infatti, il resultato economico, nel BEP, varia solo se variano le vendite, in quanto è un modello
basato sulla produzione venduta e non allestita.
In relazione ai costi, è necessario evidenziare come, i costi che determinano il livello di reddito,
sono i costi esclusi dalla configurazione (period costs) in quanto se i costi sono inclusi nella
configurazione sono coperti dalla variazione delle rimanenze di prodotto (product costs).
Nonostante ciò, quando le vendite si realizzano, saranno coperti anche i period costs esclusi dalla
configurazione di periodo e ciò dipende dal fatto che i redditi nel tempo siano dipendenti.
Ne consegue quindi che, configurazioni di costo diverse, possono dare risultati economici, che
presi singolarmente, sono diversi, basta pensare alla configurazione a full costing (costo pieno, che
quindi comprende costi fissi) o direct costing (detta anche a costo variabile, in quanto contiene
tutti i costi direttamente proporzionali alla quantità prodotta.
Detto ciò, il full costing provoca un risultato economico più elevato, rispetto a quello del direct
costing, quando la quantità venduta è minore della quantità prodotta. Ciò accade, perché questa
struttura da più enfasi nel momento di produzione.
Questo accade perché i costi fissi sono neutralizzati dall’aumento del magazzino, mentre nel direct
costing ciò non avviene in quanto i prodotti sono valorizzati sul costo variabile.
Il full costing, inoltre, favorisce l’ottimizzazione dei fattori produttivi fissi, quindi è favorito nelle
aziende di tipo industriale e che hanno un mercato consolidato, in quanto, se le vendite non si
realizzano o si realizzano in modo minore, allora andremmo in conto a delle perdite pensati
dovute ai prodotti in magazzino.
Invece il direct costing provoca un risultato economico più elevato, rispetto a quello del full
costing, quanto la quantità venduta è maggiore di quella allestita. Ciò accade perché questa
configurazione da più enfasi nel momento della cessione.
Questo accade perché i costi fissi non fanno parte della configurazione, quindi la loro variazione
negativa sui ricavi sarà minore.
Di conseguenza, a seconda del calcolo dei costi, di valorizzazione dei costi, e della struttura di
costi cambiato le strategie aziendali.
Costo industriale pieno è diverso da costo industriale pieno, quest’ultimo contiene tutti i costi fissi e variabili di una determinata fase
11
aziendale, ma è un sottoinsieme del costo completo. 25
Come abbiamo già stabilito in precedenza, il costo fisso è un costo che non è correlato ad un
parametro. Quindi, in quanto tale, risulta inutile rapportare costi fissi a quantità prodotte, poiché
non hanno alcuna relazione che li colleghino.
Ciò si può capire, dal punto di vista matematico, poiché il rapporto sarà costante, quindi
all’aumentare del costo fisso unitario la qualità diminuirà e viceversa.
Tuttavia, questa relazione è errata ance dal punto di vista economico, e lo illustra la spirale della
morte teorizzata dagli studiosi Cooper & Kaplan.
Infatti, se sale il prezzo, la nostra alla domanda si riduce, quindi perdiamo quantità da vendere
quindi perdiamo clienti a favore di altri che applicano prezzi minori.
Di conseguenza, se vogliamo aumentare il prezzo perché le quote di mercato si riducono e i costi
fissi devono essere comunque coperti, stiamo sbagliando strategia in quanto, quello che
guadagniamo aumentando i prezzi, in realtà lo perdo perché vendo di meno.
Questo concetto è dimostrabile anche del modello Break Even Point, poiché sappiamo che il il
prezzo BEP è dato dalla somma tra cvu e i costi fissi unitari.
P = cvu + (CF \ Q)
BEP RESIDUI
Quindi, da questa relazione si può facilmente capire che se la quantità diminuisce aumenterà il
prezzo, e questa è la logica che sta alla base della spirale delle morte.
Inoltre, come possiamo capire dalla relazione, nel caso in cui il prezzo BEP sia maggiore del prezzo
applicato d