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PROTEINE E CATALISI ENZIMATICA
Concetto di catalisi I catalizzatori permettono che una reazione avvenga più velocemente; in una
reazione c’è sempre un’energia di attivazione anche se è spontanea: ci sono
barriere di attivazione in una reazione termodinamicamente possibile. Per
accelerare la reazione si crea una situazione in cui l’energia di attivazione è più
bassa; si passa quindi da una conformazione che possiede una certa energia di
attivazione a un’altra con energia diversa. Questa funzione è svolta dalle proteine,
ovvero degli enzimi in grado di catalizzare in modo specifico tipi diversi di reazioni
chimiche abbassando l’energia di attivazione senza modificarne gli equilibri; in un
sistema vivente ogni reazione ha una proteina che la catalizza: a una reazione
corrisponde un enzima. Gli enzimi catturano una molecola consentendole di
reagire con un’altra; ciò che serve è quindi un sito di riconoscimento a cui la
molecola si può collegare. Il meccanismo generale della catalisi prevede la
formazione di un complesso tra la molecola da trasformare e il catalizzatore. La
molecola a cui si può legare la proteina enzimatica è il substrato; si parla quindi del
complesso enzima-substrato. La proteina poi riarrangia la sua struttura e la
molecola diventa il prodotto della reazione. L’affinità della molecola proteica per il
prodotto è inferiore a quella che aveva per il substrato, il complesso enzima-
prodotto ha stabilità minore rispetto all’enzima-substrato; si entra in un circolo in cui il substrato si lega
diventa prodotto e si stacca e così via.
Ci sono diverse modalità con cui il processo di catalisi si realizza:
-siti rigidi modello chiave-serratura (a)
-adattamento indotto (b)
Perché un enzima possa funzionare occorre che in prossimità dello spazio ci sia un appropriato residuo
amminoacidico, il quale rappresenta il vero centro attivo dell’enzima; il singolo residuo non fa la reazione
se è in soluzione, ha bisogno che vicino nello spazio ci sono altri residui amminoacidici che aiutino a
svolgere la funzione di trasformazione del prodotto, di rottura dei legami. È necessario che ci sia una
contiguità fisica di ben precisi residui amminoacidi; l’enzima può funzionare ed essere attivo solo se
mantiene la sua struttura terziaria. La funzione degli amminoacidi comporta due azioni importanti: il
riconoscimento del substrato, in quanto esiste una specificità di riconoscimento dell’amminoacido, c’è una
precisa corrispondenza tra il sito di riconoscimento del substrato e il substrato stesso; ci deve essere il sito
attivo.
Nel processo di digestione degli alimenti intervengono due proteine: la tripsina e la chimotripsina; esse
sono secerne dal pancreas e differiscono nel sito di riconoscimento del substrato. La tripsina ha un sito che
in fondo presenta una carica negativa e che quindi attira amminoacidi con carica positiva (basici); mentre
la chimotripsina attira solo amminoacidi idrofobici. Ecco perché si chiama specificità di riconoscimento del
substrato. Sono due proteasi perché rompono il legame peptidico nel tratto digerente, catturano
particolari specie chimiche per convertirle in altre. Quando si mette un enzima in una
soluzione del suo substrato: il
substrato inizia a sparire e si converte
nel prodotto della reazione; questa
reazione dopo un certo tempo arriva
all’equilibrio e l’enzima non interviene.
La reazione che converte il glucosio in
fruttosio ha costante di equilibrio pari
a 0,4; alla fine di questa reazione si
avranno 40 molecole di fruttosio e 100
di glucosio.
Grazie all’enzima si accelera il
raggiungimento dell’equilibrio; un
catalizzatore non ha il poter di far
avvenire reazioni che non devono avvenire. Se si guarda il grafico si hanno curve e non delle linee perché
l’enzima per lavorare deve legare il suo substrato e questo dipende dalla concentrazione del substrato.
L’attività enzimatica di una proteina si misura definendo la velocità istantanea della reazione enzimatica
come la quantità di prodotto generato nell’unità di tempo:
v = dP/dt = -dS/dt e indica quindi quanto substrato viene consumato nell’unità di tempo.
La reazione base che descrive il processo di catalisi è:
E + S <-> ES <-> EP <-> E + P
L’enzima cattura il substrato e si forma il complesso enzima-substrato ES che a sua volte si trasforma in un
complesso enzima-prodotto EP; infine, dopo che il prodotto viene rilasciato, l’enzima può ritornare in
circolo. La specie che lavora in questo sistema è una sola: il complesso ES perché solo lui è in grado di
generare il prodotto. L’abilità di un enzima di convertire il substrato, una volta che l’ha legato, in prodotto è
espressa dalla costante catalitica dell’enzima: se è alta, l’enzima è molto abile come catalizzatore. Si ha
quindi che:
v = kcat [ES]
kcat esprime la velocità iniziale della conversione ES <-> EP quando tutto l’enzima è presente come [ES].
La velocità di formazione del prodotto dipende dall’abilità dell’enzima di convertire il substrato in
prodotto; tuttavia, non sempre l’enzima è presente nella forma in cui porta con sé il substrato. Esiste un
secondo parametro, ovvero l’abilità dell’enzima di recuperare il substrato dalla soluzione e quindi la
facilità con cui si forma il complesso ES. Si prende in considerazione la formazione del complesso ES che è
governata dalla costante di equilibrio della formazione del complesso espressa numericamente da 1/Kd
(Kd bassa= affinità alta); è necessario catturare il substrato e trasformalo in prodotto in base abilità
catalitica dell’enzima. Il risultato è l’equazione che descrive la catalisi enzimatica, ovvero l’equazione di
Michaelis-Menten; la velocità dipende da quattro fattori: da quanto enzima è presente [E], dall’abilità
catalitica dell’enzima kcat, dal termine di Michaelis-Menten che esprime quanto substrato è presente in
soluzione [S] e quanto l’enzima capace di catturalo:
v= [E] kcat [S]/([S] + Kd)
dove Kd è la costante di dissociazione del complesso Kd = [S][E]/[ES]
Se l’enzima è assente [E] = 0, la velocità è nulla; se non c’è substrato [S], la velocità è nulla; al crescere della
concentrazione del substrato [S], il termine di Micheaelis-Menten tende all’unità. La velocità massima
vmax dipende da quanto enzima c’è e dalla sua capacità di catturare substrato: v = Vmax [ S]/([S] + Km)
Dove Vmax è la velocità di formazione di P quando l’enzima è tutto presente come ES.
L’enzima perfetto è quello che ha elevata kcat e costante di dissociazione Kd più bassa possibile;
l’efficacia/efficienza catalitica di un enzima è quindi espressa dal rapporto kcat/Kd. Quado [S] = Kd il
rapporto diventa ½ e l’attività dell’enzima è metà di quella che si può avere al massimo.
Il grafico di Michealis-
Menten (Km) esprime la
relazione tra la velocità v di
una reazione catalizzata con
la concentrazione di
substrato [S]; la velocità
dipende dalla disponibilità di
substrato: se la
concentrazione è alta la
velocità è elevata, se la
concentrazione è bassa la velocità è ridotta. A concentrazione infinita [S]→∞ di substrato si raggiunge il
livello teorico massimo di velocità; se si prende il punto in cui la velocità è metà di quella massima si trova
che la concentrazione di substrato [S] = Kd (costante termodinamica) = Km. Km è una costante
fenomenologica. Questo parametro può essere modificato, non è fisso. Si possono variare tre parametri:
quantità enzima, valore Km, Kcat: -La velocità di una reazione enzimatica dipende linearmente da
[E] presente nel sistema; questo vale anche per concentrazioni
non saturanti di substrato, è indipendente dalla concentrazione
del substrato. La velocità è sempre e comunque funzione lineare
della quantità di enzima presente.
-Gli enzimi con diversi valori di kcat o km hanno capacità catalitiche molto diverse: le curve di velocità
cambiano molto; si può modificare la struttura degli enzimi intervenendo sulla vicinanza tra i residui
amminoacidici coinvolti nei processi e sulla struttura delle proteine. Ad esempio, si può modulare l’attività
di un enzima cambiando la capacità di catturare il prodotto da km=2 a una capacità maggiore km=10.
Questa è quello che vale per l’affinità dell’emoglobina all’ossigeno.
Nei sistemi biologici:
Le concentrazioni delle specie chimiche in un sistema vivente sono regolate dalla velocità con cui un
composto si trasforma in un altro; in un sistema biologico la velocità con cui avvengono le reazioni
condiziona le concentrazioni delle specie chimiche presenti. La velocità delle reazioni chimiche dipende da
come funzionano gli enzimi che le catalizzano. Una macro-reazione è di norma suddivisa in una serie
intricata di reazioni intermedie; ciascuna di queste tappe metaboliche ha un enzima che ne consente la
realizzazione e ne determina la velocità.
Sono necessarie tante tappe perché in ciascuna si prende il prodotto e lo si utilizza per fare un’altra
reazione, gli intermedi sono molto utili; ad esempio, se si prende un composto che brucia non è facile
gestire l’energia liberata, se invece il sistema è regolato e suddiviso è possibile recuperare l’eventuale
energia associata a ciascuno di questi passaggi. Si ha l’inter-conversione di diverse forme di energia; se per
ogni reazione si ha un enzima si ha la possibilità di regolare ciascuna delle tappe della sequenza di reazioni.
Un composto ha la possibilità di diventare più
prodotti: dipende dalla velocità degli enzimi
nel determinare gli esiti di una reazione nella
cellula, dall’attività dell’enzima preposto a fare
trasformazioni. Ci sono possibili ramificazioni:
se si ferma l’attività di un enzima, alcuni
composti sono esclusi e non si possono
formare ma se ne formano altri, con un
accumulo dei prodotti favoriti. Si parla di
controllo cinetico determinato dall’attività
degli enzimi. Ad esempio, un rallentamento
dell’attività dell’enzima “2” porta: ad un
accumulo di B, X, Y ad una carenza di C, D, E e dei loro derivati (metaboliti) Z, W,