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RUOLO DELLE PROTEINE SU UN SISTEMA ALL’INTERFACCIA
Un sistema all’interfaccia prevede la coesistenza
senza un confine netto di due sistemi con proprietà
diverse di cui uno è idrofobico e l’altro idrofilico. Il
primo esempio è rappresentato da un sistema dove
la fase dispersa è di tipo solido e quella continua di
tipo liquido; questo è rappresentato dal latte che
presenta delle micelle di grasso in un ambiente
idrofilico. Nel secondo esempio si ha la presenza di
due fasi liquide, di cui una è idrofilica e una
idrofobica in emulsione, ovvero la panna e la maionese; facendo un’azione meccanica si ottiene fase
omogenea. Un altro esempio di due fasi disperse sono le schiume: una idrofobica è il gas che è disperso in
un ambiente idrofilico liquido. Un esempio di schiuma è un impasto lievitato, una meringa, i gelati
industriali ricchi di aria. C’è qualcosa che tiene uniti i sistemi come collante che garantisce l’uniformità:
questo ruolo è dato dalle proteine, le quali sono importanti nel mantenere il sistema.
Le schiume Le schiume sono dei sistemi in cui si ha
una fase idrofobica e una idrofilica con il
sistema; due schiume sono ad esempio
l’impasto di lievito che può essere fatto
con un agente lievitante chimico o
biologico che libera un gas (CO2)
formando una schiuma in quanto si ha
un’angolatura che poi si stabilizza con la
cottura. L’altro esempio è l’albume in
quanto quando si aggiunge aria si formano
le meringhe che vengono poi cotte per essere
stabilizzate. In questi due sistemi si ha un mezzo,
l’acqua, e l’aria viene messa per azione meccanica;
nel caso di impasto si hanno le proteine, mentre
nell’albume si hanno l’acqua e le proteine, di cui l’80%
è ovo-albumina. La proteina va a stabilizzare il
sistema, fa da collante in quanto fa interagire le
regioni idrofobiche (aria) e idrofiliche (solubilizzata
nel sistema); l’interazione viene fatta facilitando
l’esposizione delle regioni idrofobiche per azione
meccanica. Una schiuma è fatta con zone di aria la cui
dimensione è molto importante; la dimensione dell’alveolo che contiene l’aria è molto importante per la
permanenza della schiuma. La zona idrofilica è costituita da acqua che può essere liquida o semi-solida, in
cui ci sono le proteine, gli eventuali Sali, oppure l’amido; è una zona molto lineare, è la lamella dove
all’interno si ha una zona idrofobica formata dall’aria presente. Ci sono poi dei punti in cui le diverse zone
delle bolle d’aria si incontro, ovvero i punti nodali. Si può modulare la schiuma rendendola più o meno
permanente finché non la si stabilizza (cottura) cercando di impedire due cause naturali del collasso: l’aria
se ne va, evapora con rapidità in base alle condizioni e da quello che c’è intorno; se la struttura è rigida e
compatta si ritarda l’evaporazione. Ecco perché quando si lievita con l’aggiunta di un lievito chimico o
biologico è necessario mettere l’impasto a temperatura controllata (coperto) per ridurre l’evaporazione
che può avvenire. Inoltre, l’altro aspetto è il fatto che l’acqua presente nella fase idrofilica tende a migrare
verso i punti nodali, l’acqua si concentra e la struttura non permane più perché nella fase idrofilica se
viene a mancare l’acqua, le proteine vanno incontro a una modificazione strutturale e non si ha più la
condizione ottimale per stabilizzare la schiuma. Per ritardare la migrazione dell’aria si rende più viscoso il
sistema, si aggiungono agenti viscosizzanti come ad esempio lo zucchero, che rende più viscosa la
soluzione acquosa; un altro agente viscosizzante è il cloruro di sodio anche se è meno efficace. Questi
agenti hanno l’azione di rendere più stabile la schiuma; ad esempio, in un vino dolce o secco la schiuma
non è uguale: quella del vino dolce è una che permane in quanto è molto più piccola e regolare rispetto a
quella di un vino secco che permane molto di meno. Nella schiuma della birra è fondamentale che
permangano delle proteine quasi integre; il fatto che permangono è legato al fatto che si hanno delle
proteine perché altrimenti non si avrebbe la coesistenza delle due fasi.
Non vanno bene tutte le proteine.
I gelati industriali sono molto ricchi in aria che per essere incorporata, è necessario tenere conto delle
proteine presenti; l’azione meccanica deve avvenire controllando.
Le emulsioni Nelle emulsioni si hanno due fasi liquide: l’acqua e l’olio
sono un classico esempio, oppure i dressing e i vari
condimenti. Tutti i nuovi prodotti hanno delle micro-
emulsioni in cui le proteine hanno un ruolo
fondamentale servono per tenere uniti i due sistemi; un
esempio classico è la maionese in cui si hanno due
sistemi: l’olio e il tuorlo, nel quale si hanno le
lipoprotiene che hanno anche delle zone idrofobiche
con legati i fosfolipidi e zone idrofiliche e che quindi
sono l’ideale per la stabilizzazione del sistema. Un altro
prodotto è il burro che è fatto dall’70-80% di lipidi e per
il 20% da acqua; in questo caso si ha la coesistenza della
zona idrofilica dell’acqua con le sieroproteine. Questi
sistemi coesistono perché si ha la presenza di un’azione meccanica e delle proteine. Questo è il motivo che
sta alla base della nano-emulsione: bisogna fare una denaturazione controllata, far assumere alla proteina
un sistema omogeneo; all’inizio si ha il sistema acquoso (tuorlo con lipoproteine acqua e fosfolipidi), si
inizia l’azione meccanica che denatura le proteine facendole assumere una struttura diversa da quella
nativa e si ha un’esposizione delle regioni idrofobiche che prima erano all’interno; mentre si è in azione
meccanica si ha l’esposizione e si aggiunge in piccole quantità la fase idrofobica che deve essere dispersa
facendola associare con le fasi idrofobiche (gocce d’olio). Le proteine hanno varie goccioline d’olio
associate alle zone idrofobiche e con le parti idrofiliche. Si forma così un’emulsione in cui proteine si
mettono all’interfaccia trala parte idrofilica e la fase idrofobica; bisogna fare una denaturazione delicata
per favorire l’esposizione delle zone idrofobiche e quelle idrofiliche devono rimanere nella fase perché
altrimenti si ha la solubilizzazione della proteina; inoltre, l’olio deve essere aggiunto gradualmente perché
man mano che le zone vengono esposte devono catturare le goccioline, altrimenti l’olio si associa tra esso
formando delle micelle e quindi si avrebbe una separazione di fasi. In questo caso si ha la possibilità di
aggiungere dell’albume per riformare l’emulsione. Quando si fa la maionese si aggiunge un po’ di limone: il
tuorlo ha pH molto alcalino, sa di sapone quindi aggiungendo il limone si abbassa pH; inoltre, l’acido citrico
acidifica e quindi facilita la denaturazione ulteriore delle lipoproteine. Un altro aspetto importante è
l’agitazione che deve essere sempre molto equilibrata in quanto si vuole una denaturazione controllata.
Se si ha un’emulsione e si vuole separarla
bisogna: un’emulsione naturale è l’olio d’oliva,
il quale è ottenuto dalle olive dove rimane il
pannello che è fatto dalle parti legnose
dell’oliva ma anche da una quantità di olio
rimasto che è in emulsione, il quale deve essere
estratto; per recuperarlo si aggiunge un
solvente che permette di estrarre. Da
un’emulsione con le proteine c’è una gocciolina
d’olio; se si aggiunge il solvente di colpo
automaticamente le proteine subiscono una denaturazione spinta e tendono ad associarsi verso la parte
più idrofilica. Le proteine si denaturano molto rapidamente e rilasciano l’olio che hanno emulsionato che
va nell’esano. Si ha una denaturazione immediata, non controllata, si ottiene l’olio di sansa. Questo
principio vale anche per tutti i semi: non si riesce a macinare ma si utilizza il solvente.
Le proteine nei due sistemi devono avere una
composizione bilanciata, devono avere una struttura
che presenta zone idrofobiche e zone idrofiliche;
quelle idrofobiche agendo in maniera meccanica
devono essere esposte.
Nel caso di un sistema acqua-aria, come una schiuma
oltre alla composizione le proteine, queste devono
essere solubili e la proteina deve essere molto
viscosa (albume). Nella stabilizzazione un ruolo
importantissimo è svolto dalle proteine. Quando si denatura in maniera violenta le associazioni idrofobiche
non ci sono.
L’adsorbimento Si ha una modificazione strutturale sulle proteine quando si
pongono sull’interfaccia in quanto si crea una condizione in cui la
proteina interagisce con essa; l’interfaccia può essere di tre tipi:
liquido-liquido (emulsioni) o liquido-aria o è costituita da una
superficie solida rigida; in questo caso ci si ritrova a sistemi che
prevedono l’utilizzo di composti solidi come le nanoparticelle che
si hanno in tutti trattamenti di incapsulazione in cui c’è una
pellicola solida all’interno di cui si ha quello che si vuole
circondare. Le proteine hanno un ruolo nello stabilizzare i sistemi per fare coesistere la parte idrofobica e
quella idrofilica. La differenza sostanziale con l’ambiente solido è nel tipo di interazione: se la
denaturazione di una proteina all’interfaccia è costituita da un composto liquido (emulsione), la proteina
entra nella fase apolare; nel caso di una nanoparticella idrofobica si parla di adsorbimento in quanto la
proteina non penetra, espone le zone idrofobiche, c’è un’adesione sulla superficie solida che non può
essere modificata. Questo significa che il tipo di interazione è idrofobica ma molto diversa per la
modificazione strutturale; è un presupposto teorico può essere studiato in termini di modificazione
strutturale della proteina attaccata alla nanoparticella.
Non ci sono tantissimi metodi perché devono permettere di indagare la struttura della proteina posta
all’interfaccia ma che non vadano a perturbare il sistema che si è creato; questi metodi devono permettere
di prendere il sistema e vedere la struttura delle proteine compatibili con la nanoparticella/fase liquida (in
caso di emulsione): trovano la proteina e l’informazione su come è strutturata. Ci sono diversi metodi: il
primo gruppo sono i metodi spettroscopici che vanno a vedere l’organizzazione della struttura terziaria
sfruttando proprietà dei residui aromatici che hanno ca