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Canto III del Paradiso
Siamo nel cielo della Luna, il primo cielo, dove sono collocati gli spiriti che non portarono a
compimento i voti.
La circolarità del canto:
ha una perfetta circolarità: si apre con l’immagine di Beatrice resa attraverso la metafora del
Il canto
sole, con l’allusione all’attuale condizione di luce e di verità, ma anche con il richiamo alla passata
esperienza dell’amore da lei suscitato nell’animo giovanile di Dante e si chiude con la stessa
folgorante immagine della donna che abbaglia, soprattutto allegoricamente, la vista dell’uomo Dante,
non ancora in grado di sopportare il fulgore della verità divina. Questo tema, quello della donna
Beatrice che rinnova, trasferendoli e trasfigurandoli in un clima paradisiaco, i modi delle rime
All’interno di questo quadro circolare si inserisce
giovanili di Dante ritornerà per tutto il canto. il
dialogo di Dante e Piccarda Donati, sorella di Forese.
Le anime scambiate per immagini riflesse
Dante chiarisce all’inizio come Beatrice, identificata col sole, gli aveva scaldato il petto, svelandogli
il bellissimo volto della verità, “provando e riprovando” cioè attraverso il tipico procedimento della
filosofia scolastica, a cui i due termini rinviano, diviso in due momenti della dimostrazione: attraverso
la dimostrazione prima del verso e poi attraverso la confutazione delle false credenze. La
dimostrazione riguarda in questo la vera natura delle macchie della luna. E subito, adesso si passa a
una descrizione visiva. Dante solleva il viso per guardare Beatrice e viene sorpreso da ciò che vede,
cioè per confessare l’errore in cui era caduto e
al punto di dimenticare ciò che voleva dire a Beatrice,
da cui ora si era allontanato grazie alla rivelazione della verità. Dante resta colpito dall’aspetto dei
volti dei beati. La resa di questa realtà eterea, incorporea, avviene con tre similitudini consecutivi e
realisticamente riconducibili alla vita di ogni giorno. Le prime due sono incentrate sul motivo dello
specchiarsi, nei vetri nitidi e nelle acque limpide dei lineamenti del volto; la terza riconduce invece a
un aspetto della vita mondana, quello degli ornamenti femminili del tempo, delle perle dei diademi e
delle corono portate sulla fronte che doveva essere il più bianca possibile, secondo il canone estetico
L’evanescenza di quei volti, la loro inconsistenza e immaterialità portano Dante
di allora. a voltarsi
all’improvviso, in quanto le crede immagini riflesse. A Dante accade il contrario di ciò che era
avvenuto al bel Narciso, quando specchiandosi nell’acqua di una fontana, s’innamorò dell’immagine
riflessa, credendola, vera e appartenente a un altro. È questo il secondo errore nel Paradiso commesso
da Dante, che richiama quello corretto da Beatrice nel primo canto, riguardante la falsa supposizione,
da parte del poeta, di trovarsi ancora sulla terra e non in cielo. Il motivo di tali abbagli mentali è
dovuto all’intelletto che non è in grado ancora di raggiungere la verità da solo, ma si basa ancora sulle
apparenze sensibili, su una fisica terrestre. Dante conforta Dante e chiarisce il suo errore, detto
in questo canto), e gli chiarisce l’identità delle
infantile (la metafora del bambino ritorna altrove
anime: sono coloro che non hanno tenuto fede i loro voti. Come Dante spiegherà successivamente, le
anime beate non sono propriamente assegnate a vivere nei diversi cieli, hanno la loro sede
nell’Empireo e si mostrano per compiacenza a Dante nei cieli; bensì si mostrano al poeta distribuite
in essi (pur avendo tutte le loro sede nell’Empireo), per dargli un segno sensibile del loro differente
È questa un’esigenza escogitata da Dante
grado di beatitudine. per sottolineare la simmetria con i due
regni precedenti, nei quali le anime si presentavano ciascuna nel luogo dove è punito il loro peccato.