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Canto VI del Paradiso

Siamo nel secondo cielo, quello di Mercurio, dove si presentano a Dante gli spiriti che operarono il

bene per ottenere la pace.

L’inizio del canto è in medias res, senza preamboli introduttivi, e il canto medesimo prosegue fino

alla fine senza interruzioni. Si privilegia in questo canto la mimesi narrativa, senza interferenze da

parte di Dante - autore, affinché il lettore si trovi faccia a faccia con gli importantissimi argomenti

trattati. L’identità del narratore viene ben presto svelata al verso 10, nella duplice forma di Cesare,

che indica l’imperatore per antonomasia, e di Giustiniano, il nome proprio che permane ancora per

distinguere l’individuo.

La visione del mondo applicata alla storia di Dante:

Nel canto precedente Dante aveva posto due domande allo spirito del cielo di Mercurio che aveva

dato piena disponibilità a soddisfare i desideri del pellegrino: una domanda riguardava l’identità di

e un’altra sul perché egli appartenesse a questo cielo. Alla prima domanda l’anima

quello spirito

risponde con vari dettagli sulla propria biografia, ma poi sente la necessità di fare qualche aggiunta

che occuperà gran parte del canto e si risolverà nella storia dell’aquila, cioè dell’Impero. è una storia

animata dalla concezione provvidenzialistica del mondo. È dunque pienamente la visione del mondo

applicata alla storia, propria di Dante e del Medioevo in generale, nella quale storia e leggenda si

confondono e assumono apri dignità, in quanto assolvono entrambe la realizzazione del disegno

divino. È anche una storia con qualche approssimazione cronologica e qualche imprecisione, spesso

volute, affinché si delineasse meglio il modello ideale dell’Imperatore prefissato. Così, l’inizio

dell’Impero, anche secondo la prospettiva figurale del Medioevo, viene fatto risalire ad Enea,

accettando in pieno la leggenda virgiliana della discendenza dei romani da quest’ultimo, una volta

sbarcato nel Lazio dopo la fuga da Troia.

La figura di Giustiniano:

Viene poi nominato Costantino, il primo imperatore cristiano e segue il resoconto del trasferimento

dell’Impero in Oriente fino alla figura significativa di Giustiniano. Costui è assunto da Dante-autore

come modello d’imperatore ideale, per questo è deputato a revocatore della storia dell’aquila,

come qualificante dell’uomo di

soprattutto per un merito che viene subito dopo messo in rilievo

governo: egli seppe infatti per volere di Dio, eliminare dal codice delle leggi tutto ciò che era

successivo e superfluo. Il riferimento storico è ovviamente al Corpus Iuris civilis, di cui Giustiniano

si fece promotore. Sul fondamento delle notizie lacunose o anche inesatte sul suo personaggio, Dante

ne fa l’imperatore ideale perché ha saputo esercitare la sua funzione ideale in pieno accordo col

Chiesa, dedicandosi alle opere di pace e all’ordinamento delle leggi.

magistero spirituale della

Giustiniano riordinò dunque le leggi dando organicità all’immenso patrimonio del diritto romano,

ma, più importante, accolse questo compito per ispirazione divina. Ciò vuol dire che Giustiniano ha

svolto il compito fondamentale della monarchia, dell’impero, l’instaurazione della giustizia come

fondamento dell’ordine e del progresso civile. Giustiniano si era rivelato dunque strumento di

attuazione di quel disegno provvidenziale che prevedeva sintonia tra potere politico e religioso.

La forzatura della storia in chiave religiosa:

A questo punto la realtà storica viene in parte forzata e adattata a una lettura in chiave teologica.

Dell’imperatore si accredita una sua eresia (che pare non esserci mai stata) e una relativa conversione

per merito del papa Agapito, dunque un evento che ha quasi del miracoloso e che s’inscrive

perfettamente nel compito provvidenziale affidato a Giustiniano. Ciò vuole indicare il processo di

di Giustiniano da vivo con l’approdo alla verità che ora è evidente per tutti

questo travaglio religioso

i beati in quanto riflessa nella luce della sapienza divina. Tutto l’operato di Giustiniano viene così

inscritto all’interno di un disegno divino. Addirittura il rapporto con il più autorevole dei suoi

generali, Belisario, appare idilliaco mentre nella realtà storica non mancarono contrasti tra i due e

sembra anche che l’imperatore provasse una certa gelosia per i grandi successi ottenuti dal generale.

l’ala di Dio, come anche l’opera di riconquista dei territori dell’ex-Impero

Tutto avviene dunque sotto

Romano d’Occidente. Giustiniano ha così risposto alla prima domanda di Dante, ma gli preme ancora

aggiungere qualcosa. La natura della risposta di Giustiniano, con l’accenno che essa contiene al segno

imperiale e alla sua nobiltà, lo porta a voler continuare il suo ragionamento attraverso una postilla si

potrebbe dire, perché Dante possa capire quanto ingiustamente si adoperino con il segno dell’Impero

i Ghibellini, che se ne appropriano per favorire i propri interessi di parte, e i Guelfi, che invece lo

combatto apertamente.

La “giunta” alla risposta di Dante e la tematica politica dei canti sesti:

Nelle presenti condizioni il segno imperiale versa in una crisi di autorità, per cui è opportuno

rammentarne la virtù. Questa è la motivazione dell’aggiunta fatta da Giustiniano, non richiesta da

Dante - personaggio. Questo canto quindi è simmetrico, per la trattazione del tema politico, ai

precedenti canti sesti dell’Inferno e del Paradiso. L’aggiunta di Giustiniano è un sintetico flash-back

sulle principali vicende dell’Impero, dalla sua nascita alla sua situazione attuale, e diventa anche il

pretesto per ribadirne l’imprescindibile funzione ordinatrice e pacificatrice. La corruzione e le aspre

lotte che travagliano la società del tempo non sono altro che il riflesso di questa crisi di autorità in cui

versa la suprema istituzione politica universale. A questo punto Giustiniano diventa l’alter ego di

Dante autore, che ancora una volta ribadisce le sue teorie politiche. Ma ora siamo al culmine della

gradazione ascendente: se nel canto VI dell’Inferno viene affrontata la situazione di Firenze e dei

mali che causano le lotte intestine, e nel canto VI del Purgatorio l’analisi viene allargata all’Italia, ora

nel Paradiso l’orizzonte si amplia fino ad abbracciare la realtà universale dell’Impero, suprema

istituzione terrena voluta da Dio per il bene degli uomini sulla terra.

La storia di Roma:

Comincia dunque la storia di Roma, che è storia sacra in quanto Roma è un crocevia in cui si

incrociano i destini del mondo. Si tratta di una rassegna sintetica circa i fatti salienti che delimitano

la storia di Roma. Si parte da Albalonga fondata da Ascanio, figlio di Enea, dal leggendario duello

e Orazi, il cui esito segnò l’inizio della crescente potenza romana. Segue il periodo della

tra Curiazi

monarchia, da Romolo all’ultimo re Tarquinio il Superbo, riassunto attraverso l’accenno al ratto delle

Sabine e al suicidio di Lucrezia (dovuto all’oltraggio arrecatole dal figlio di Tarquinio il Superbo Il

leggendario ratto delle Sabine sarebbe stato all’origine di una guerra tra romani e sabini, conclusasi

con la fusione dei due popoli). Subentra la storia della repubblica nel corso della quale si nominano

alcuni personaggi celebri, soprattutto per la loro austerità morale e lo spirito di sacrificio per la patria.

Si ricorda poi la sconfitta di Annibale e dei Cartaginesi, definiti arabi con un anacronismo, nel corso

della seconda guerra punica, fino all’inizio delle guerre civili e all’avvento di Cesare. Per Dante

Cesare è di fatto il primo imperatore perché ha posto le basi dell’Impero e della pacificazione del

mondo, in ciò assolvendo al fondamentale compito di preparare la nascita di Cristo: ecco che storia

romana e cristianesimo si intrecciano in un unico fine.

Gli aspetti stilistici che caratterizzano l’excursus sulla storia dell’aquila:

Il tono di Giustiniano è alto, oratorio, in piena sintonia con l’importanza dell’argomento. Ecco è

schema della “percursio”, cioè del racconto che scorre veloce. Gli avvenimenti

presentato secondo lo

sono rapidamente passati in rassegna per sommi capi. Si pone l’accento soprattutto sulle terzine che

con l’artificio

riguardano Cesare. Le imprese militari che riguardano Cesare sono rese inizialmente

retorico della personificazione dei fiumi che acquistano alla sua conquista della Gallia, poi con la

metafora del volo. Successivamente anche i nomi dei luoghi, anche lontani tra loro, s’infittiscono in

nell’altra metafora del

una sequela incalzante che culmina folgore. Molti commentatori hanno

accostato questi versi a quelli altrettanto famosi del Manzoni dell’ode Cinque Maggio. Come

Manzoni, Dante vede nel condottiero Cesare uno strumento in mano alla Provvidenza (nel caso di

lo scopo dell’opera è far commisurare a Napoleone, nel momento della sconfitta, la vanità

Manzoni

della gloria raggiunta).

L’impero, Ottaviano, Tiberio e Tito:

Nei versi dedicati alla guerra civile di Ottaviano contro Antonio e alle vicende connesse, l’imperatore

è ormai ridotto a puro strumento provvidenziale; egli è dunque semplice portatore del sacrosanto

segno, per l’affermazione del quale sono inevitabili lutti e tragedie. Ne testimoniano le giuste

soffrono all’inferno; o come la tragica fine di

punizioni di Bruto e Cassio, i tirannicidi di Cesare, che

Ma sotto i due Cesari seguenti avviene l’evento di importanza

Cleopatra, suicidatasi col veleno.

crocifissione di Cristo, che viene letta in un’ottica di filosofia, o meglio di teologia, della

capitale, la

storia tipicamente medievale. Tale fatto supera per straordinarietà tutti i fatti compiuti dal segno

dell’aquila nel passato, nel presente e nel futuro. La prima vendetta o giusta punizione è quella inflitta

agli uomini dall’imperatore Tiberio, per mezzo del proprio rappresentante Pilato, con la condanna a

morte di Cristo, morte necessaria per riscattare il genere umano dal peccato originale e ristabilire così

la pacificazione con Dio. Ma un’altra precedente vendetta o punizione si ebbe sotto Tito, con la

di Gerusalemme al fine di punire gli ebrei, responsabili del misfatto. L’apparente

distruzione

contraddizione sarà spiegata da Beatrice nel canto successivo: essendo duplice la natura di Cristo,

l’uccisione di Cristo - uomo fu giusta per riscattare il peccato originale, ma ingiusta quella di Cristo-

Dio, e quindi gli ebrei commisero un grave deli

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
4 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher minniti.vale di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Onorato Aldo.