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Appunti sul I Canto Purgatorio di Dante Pag. 1
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Estratto del documento

La cantica si apre con il proemio che ha la funzione di enunciare l’argomento della stessa ma anche

di anticipare il tono stilistico, espresso con una metafora continua incentrata sul tema del viaggio e

sull’antitesti tempesta-quiete, La barchetta del genio poetico dell’autore, ma

turbamento-tranquillità.

anche dell’uomo in balia dei frangenti della vita, dopo aver affrontato le acque burrascose del peccato,

solca ora le acque tranquille e sicure acque del purgatorio, sorretto dalla speranza della beatitudine.

Questa connotazione di placidità e di serenità dà il tono a tutta l’opera ed è una delle cifre che

caratterizza la nuova atmosfera morale di questo secondo regno. Precisato il contesto di una

c’è la

navigazione senza rischi di rovinosi naufragi, prolessi, con cui si preannuncia il tema vero e

proprio: “e canterò di quel secondo regno/dove l’umano spirito si purga/ e di salire al ciel diventa

Qui vengono precisate altre due cifre fondamentali della nuova realtà: il purificarsi

degno”. dalle macchie del peccato e il nuovo moto vero l’alto, il “salire” che sarà una costante

definitivamente

anche nel regno successivo e che avrà termine solo con la diretta visione di Dio.

Il proemio è un canone retorico a cui Dante si conforma in ogni cantica. Varia però da una cantica

all’altra in conformità del rapporto costante tra il contenuto da trattare e gli strumenti espressivi. Qui

c’è il corrispondere al differenziarsi della materia dell’Inferno al Purgatorio, più alta, anche un

stilistica. Inoltre l’esordio ha anche lo scopo di rappresentare il sollievo

innalzamento della cifra

dell’animo del poeta che esce da un’atmosfera opprimente e tenebrosa dell’inferno per inoltrarsi in

un mondo più libero.

La collocazione del Purgatorio era, in genere, per i teologi, una regione sotterranea; Dante invece lo

pone sulle pendici della montagna altissima dell’Eden, distinto in sette gradini, corrispondenti ai sette

vizi capitali e che, con l’Antipurgatorio e la selva del Paradiso terrestre, forma nove distinzioni,

parallele ai nove cerchi infernali e ai nove cieli del Paradiso. Dante concepisce il Purgatorio in antitesi

all’Inferno, come situazione geografica e come conformazione. L’Inferno è una voragine che

sprofonda nell’emisfero di Gerusalemme e della terraferma; il Purgatorio è un monte che s’innalza al

centro dell’emisfero opposto a quello di Gerusalemme. Anche la conformazione del monte è in

antitesi con quella dell’Inferno: a scalini l’uno e l’altro, a forma di cono entrambi, l’Inferno capovolto

e il Purgatorio no. profondamente diverso è il criterio in base al quale è fatta la classificazione delle

anime. L’anima infernale porta con sé per l’eternità il peso del suo peccato non perdonato, ed è

collocata e punita secondo quel peccato; la classificazione infernale è una classificazione di atti

peccaminosi. L’anima del Purgatorio, invece, è stata perdonata da Dio: il suo peccato è dimenticato,

ma l’anima si deve purificare per levare l’impurità, per questo, la classificazione delle anime espianti

di atti, ma di tendenze peccaminose. Poi, mentre nell’Inferno il peccatore,

non è una classificazione

punito in base alla sua colpa più grave, resta eternamente nel luogo che per quella gli compete, in

Purgatorio ogni anima espia successivamente tutte le sue eventuali impurità nei vari gironi a ciò

Dante ha abbandonato l’Inferno per procedere progressivamente verso una meta che va in

destinati.

una direzione opposta rispetto a quella seguita. Si passa infatti dallo scendere al salire, dalla tempesta

alla serena calma dell’espiazione, accompagnata da una speranza che è anche

del dolore e del peccato

certezza di salvezza.

Segue poi la consueta invocazione alle Muse, in cui Dante sottolinea la necessità di ricevere la spinta

necessaria per sollevarsi dagli abissi del peccato verso le altezze della beatitudine. Quando riprende

la narrazione, siamo nel giorno di Pasqua, il giorno della resurrezione di Cristo e quindi della speranza

Ciò sottolinea il risorgere dal buio alla luce, dall’Inferno a Purgatorio, dal vizio

di tutti gli uomini. la musa dell’epica e la

alla virtù, dalla morte alla vita. Dante si rivolge in particolare a Calliope,

massima tra le muse. Segue il riferimento mitologico alla gara di canto tra Calliope e le figlie di

Pierio, re di Tessaglia: è un esempio di superbia punita. Il motivo della superbia punita anticipa

implicitamente, per antitesi, il tema dell’umiltà che attraversa l’intero canto e che si riflette nel rituale

liturgico alla fine del medesimo.

Il cielo dell’emisfero antartico:

Il primo impatto visivo è col mutato paesaggio, con la riscoperta dei colori per merito della luce, dopo

l’uniforme e tetro lividume del paesaggio infernale. L’azzurro del cielo sereno, come quello degli

zaffiri orientali, tinge il cielo e preannuncia l’alba in un’atmosfera serena e sgombra. Il riferimento al

porta con sé un significato morale: l’amore che domina i rapporti tra le

pianeta Venere e alla sua luce Venere, quindi, allegoricamente invita all’amore, la legge

anime del Purgatorio fra di loro e con Dio.

evoca una simbologia sacra per i cristiani.

del nuovo regno, e l’oriente Venere ( o Lucifero, secondo

l’etimo= portatore die luce) appare qui congiunta con la costellazione dei Pesci, la quale precede

immediatamente quella dell’Ariete, in cui il sole si trovava allora secondo Dante. È vicina l’alba del

quarto giorno da che i due poeti hanno intrapreso il loro viaggio. Le connotazioni di dolcezza, serenità

e purezza, che investono l’emisfero per intero, fino al naturale confine con l’orizzonte, sono le stesse

del nuovo mondo che il pellegrino deve esplorare. Le quattro stelle (che solo i primi uomini videro,

Adamo ed Eva, perché loro erano stati collocati in origine nel Paradiso terrestre) che Dante vede e

che sembrano allietare l’emisfero australe con la loro presenza sono, per i commentatori antichi, le

quattro virtù cardinali che nello stato presente sono come esiliate dal mondo degli uomini. Le quattro

virtù cardinali dovrebbero guidare il cristiano, ma non sono più visibili, dopo la colpa commessa dalla

“prima gente”.

Catone:

Dopo aver a lungo ammirato il cielo, lo sguardo di Dante si posa su una presenza, un “veglio solo”,

usando un provenzalismo, sia per sottolineare l’innalzamento

Catone Uticense. Dante dice veglio,

della cifra stilistica col passaggio dall’Inferno al Purgatorio nell’Inferno avrebbe usato

( vecchio, nel

Paradiso usa sene), ma anche per sottolineare la maestosità del personaggio, del quale colpiscono la

solitudine e l’aspetto che ispira reverenza. Si tratta di Catone Uticense, colto in una posa statuaria e

Tutti gli elementi del suo aspetto hanno lo scopo di sottolinearne l’austerità, la

sacrale. gravitas che

gli attribuivano concordemente gli scrittori latini. Sul suo volto, infine, risplende la luce della quattro

stelle sopra citate, con evidente significazione simbolica di uomo dalle grandi virtù. Come si può

spiegare la scelta di Dante? Perché colloca un pagano come custode dell’entrata del Purgatorio? In

quanto pagano e vissuto prima di Cristo, Catone dovrebbe stare nel Limbo. Come suicida, in quanto

si uccise per non cadere vivo nelle mani di Cesare e per non sopravvivere alla caduta delle libertà

repubblicane, dovrebbe essere punito all’inferno tra i suicidi. Il suo gesto lo qualifica anche come

nemico dell’impero, simboleggiato da Cesare. Nonostante tutto ciò Dante lo designa come custode

del Purgatorio e destinato alla beatitudine, quando questo regno non avrà più motivo di essere. Si

deve innanzitutto partire dal motivo del suicidio di Catone, ad Utica, presso Cartagine, al tempo delle

guerre civili. Catone si tolse la vita per protesta contro Cesare, accusato di avere soffocato le libertà

repubblicane. Il suo fu un atto di coraggio e non di vigliaccheria., perciò altamente simbolico come

difesa della libertà politica quale valore supremo. Ma il significato allegorico si amplia: Catone è

simbolo della libertà in assoluto e, nel contesto del Purgatorio, della libertà dal peccato. È anche figura

di Cristo, secondo l’interpretazione di Auerbach, in quanto lo stesso Cristo, con il suo sacrificio,

liberò l’umanità intera dal peccato originale. Ma in Catone probabilmente c’è anche un’auto-

identificazione da parte di Dante esule, che cerca quella libertà politica di cui era stato privato con

ingiustizia. In più c’è la glorificazione del personaggio da parte di autori classici: Virgilio lo colloca

tra i giusti uomini di legge Cicerone lo considera virtuoso in sommo grado, Lucano ne fa addirittura

un santo e Dante, nel Convivio interpreta allegoricamente la vicenda degli amori di Marzia, che prima

aveva sposato Catone, poi Ortensio, e poi di nuovo era tornata dal primo marito, come il ritorno

dell’anima a Dio, simboleggiato da Catone, dopo la morte del corpo. Queste considerazioni sono

sufficienti a giustificare la scelta dantesca.

Catone finalmente parla e con una certa severità, per il consueto equivoco di scambiare i due

viaggiatori per due dannati fuggiti dall’Inferno. A questo punto Virgilio, che a fronte di analoghe

situazioni e osservazioni da parte dei demoni infernali aveva sempre dimostrato notevole carattere e

fermezza, si affretta a far inginocchiare Dante e fargli abbassare gli occhi in segno di umiltà e

sottomissione e risponde per Dante, chiarendo i motivi del viaggio: narra dello smarrimento di Dante

che lo avrebbe condotto alla morte dell’anima e di

nella selva, del suo trovarsi in uno stato di peccato

come per aiutarlo, sia stato chiamato da Beatrice. Virgilio lo soccorre e lo guida attraverso l’unico

cammino possibile di redenzione. Dopo averlo condotto per l’Inferni, adesso lo deve condurre

il Purgatorio, di cui Catone è custode per ricevere da quest’ultimo consigli opportuni per il

attraverso

compimento del loro viaggio. Virgilio qui deve giustificare la loro presenza di fronte a Catone, voluta

dalla volontà divina. Poi abilmente fa riferimento alla libertà, ideale più caro della vita stessa, come

sa bene Catone. Dante e Virgilio non hanno infranto le leggi divine. Dante è vivo e Virgilio non

ubbidisce a Minosse. Virgilio poi tocca la sfera degli affetti familiari allo scopo di commuovere il

suo interlocutore: accondiscenda questi alle richieste

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
4 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher minniti.vale di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Onorato Aldo.