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Il diritto romano nell'antichità e la divisione dell'impero romano
Riferimento al testo: par. 9, capitolo il diritto romano nell'antichità (p. 28; leggere con attenzione): tutte le notizie necessarie per capire come si arriva alla divisione dell'impero romano nelle due parti occidentale e orientale: Peter Stein ricorda che il primo tentativo di divisione dell'impero fu fatto da Diocleziano, il quale divise l'impero in due metà, ciascuna governata da un Augusto. Diocleziano aveva affiancato anche due cesari, i quali, a loro volta, sarebbero divenuti augusti alla morte del rispettivo imperatore a partire da Costantino, questo sistema viene travolto, perché non si riescono ad eliminare le lotte per la successione imperiale. Con Costantino si dà avvio alla successione di tipo dinastico. Anche la successione di tipo dinastico rappresenta un elemento di impoverimento degli antichi sistemi di diritto pubblico romano, perché rende sempre più forte e nelle mani di una stessa
dinastia il potere imperiale. L'autore dice anche che agli inizi del IV Costantino costruì una nuova capitale: COSTANTINOPOLI (in Oriente). Questo comporta una prevalenza della parte orientale dell'impero e segna ancor più la distinzione di cultura, di sistema di valori, che caratterizza l'Oriente rispetto all'Occidente. Inoltre, diventa particolarmente importante difendere i confini dell'impero. Questo è vero soprattutto per la parte occidentale, soggetta ad invasioni barbariche molto più rispetto alla parte orientale. Questo fa sì che nella parte occidentale dell'impero sia necessario un buon generale e un buon condottiero militare, piuttosto che un buon imperatore. Questo avverrà dopo la deposizione di Romolo Augusto. Odoacre è un condottiero militare. Alla morte di Teodosio, nel 395, si creò una formale divisione in due parti dell'impero. Inoltre, la separazione dell'Oriente, diLingua prevalentemente greca, dall'Occidente, di lingua latina, doveva avere conseguenze di grande rilevanza nei secoli a venire: essa separa ancora significativamente le aree di cultura latina da quelle di cultura greca, poi sostituita dalla cultura slava dell'Oriente.
Il regno di Teodosio rappresenta anche la conclusione di un'altra trasformazione, cominciata con Costantino: la CRISTIANIZZAZIONE.
Le notizie riguardanti la divisione dell'impero vanno lette ponendo attenzione sul fatto che le due parti dell'impero tendono a distanziarsi dal punto di vista del sistema di valori, per via dei fatti contingenti: l'Oriente eccelle attraverso l'impero che trova nuova sede in Costantinopoli, mentre l'Occidente si indebolisce e si evolve sotto il peso delle invasioni barbariche.
Inoltre, vanno tenuti in considerazione quei cambiamenti che si vanno a creare nell'ambito del diritto pubblico: la divisione dell'impero, l'introduzione della
successione dinastica e la cristianizzazione dell'impero sono eventi che modificano fortemente l'esperienza giuridica, almeno a partire dall'imperatore Costantino. Il concetto di imperator comincia ad indicare un princeps, che non è più quello dell'età augustea (classica). Nel momento in cui Augusto aggiunge il prenomen imperator al proprio titolo, questo entra nel linguaggio del diritto pubblico, per designare il princeps. L'imperator, che fino a quel momento aveva indicato la massima onoreficienza dal punto di vista militare, comincia a diventare un termine simbolico del potere; prende il posto dell'espressione princeps utilizzata nel diritto romano classico. All'interno della figura dell'IMPERATOR si tendono a ricondurre tutti i poteri. Prima abbiamo detto che nell'età augustea Augusto si definisce uguale a tutti i magistrati in potestas, ma superiore in auctoritas. Nell'età post-classica, inparticolare dall'età costantiniana, poi teodosianae infine giustinianea (sec. tra il IV-V e metà del VI), si assiste ad una gerarchizzazione, che pervade ogni ambito dell'ordinamento giuridico. Anche per questo verso, si comprende come il termine imperator, che indica la supremazia, l'imperium, la massima espressione del valore militare, e il termine imperium, che fanno riferimento a ciò che di superiore può esistere, diventino i termini attraverso i quali si descrive il massimo potere dell'ordinamento giuridico. L'imperatore prende il posto del princeps dell'età classica del diritto romano. Questo processo di centralizzazione e di gerarchizzazione si manifesta sotto più aspetti: - innanzitutto, dal punto di vista dei funzionari imperiali: il principio della gerarchia comincia ad avere particolare sviluppo sotto Diocleziano e aumenta sempre più nel corso del tardo-antico. L'imperatore diventa superioreSia in auctoritas che in potestas, quindi è sovraordinato gerarchicamente;
- Riorganizzazione del territorio: la suddivisione del territorio, che faceva capo alle province, ciascuna governata dal senato o dal princeps, si modifica, in quanto più province di entità inferiore si riuniscono in una diocesi; più diocesi si riuniscono per formare una prefettura: 4 prefetture, tra cui l'Italia. Il territorio italiano, da punto di riferimento della civitas romana, emblema dello stato sovrano e protettore, quale era stata nell'età classica del diritto romano, si ritrova ad essere una prefettura (le altre tre: Gallia, Illirico, Oriente);
- Fonti del diritto: edicta: nell'età classica, erano ordinanze che l'imperatore dava per alcune province o per alcuni municipi o per comunità specifiche, all'interno della compagine imperiale; carattere generale, anche se si riferisce ad una sola provincia (diritto pubblico); mandata:
Istruzioni che l'imperatore dava ai propri funzionari imperiali (diritto pubblico); o rescripta: (ambito del diritto privato, perché risolvono controversie di diritto privato; fontio che comunque contribuiscono a sostenere la costruzione dell'ordinamento giuridico dal punto di vista pubblicistico) risposte che l'imperatore dava a interrogazioni rivoltegli, supunti controversi di diritto, o dalle parti in causa o dai giudici. Molto importanti, perché venivano forniti non dall'imperatore stesso, ma dalla giurisprudenza, dai giureconsulti, quindi mostrano l'importanza che la giurisprudenza aveva avuto nei secoli dell'età classica. Nel risolvere i punti controversi, i giureconsulti potevano anche introdurre, in qualche misura, elementi nuovi di diritto, che rimanevano legge tra le parti: non assumevano valore di legge generale, ma rimanevano leggi particolari, riferite a quel singolo caso, anche responsa prudentium se i tendevano a creare.
Una linea di interpretazione, che pesava fortemente nella risoluzione anche delle controversie successive; oggi parliamo di indirizzo giurisprudenziale: la sentenza del giudice crea un indirizzo interpretativo, mantenendo il legame tra legge astratta e il caso concreto; decreta: vere e proprie decisioni, pronunciate dall'imperatore, sulle controversie sottoposte alla sua cognizione.
Questo sistema subisce forti modificazioni nel tardo-antico: tutte le fonti del diritto tendono a riunirsi nella sola costituzione imperiale, che viene a indicare la legge generale, da tenere distinta rispetto alla legge speciale.
Nel basso impero, quindi, perdono importanza sia i mandata che i decreta:
- i mandata diventano semplici ordini di servizio (anche perché le province scompaiono, inglobandosi nelle prefetture);
- i decreta scompaiono/perdono di importanza, soprattutto perché scompare la possibilità di portare sotto la cognizione diretta dell'imperatore, a parte alcuni casi.
L'imperatore (massima potestas sia dal punto di vista legislativo che giurisdizionale): si introduce l'APPELLO, l'ultimo grado di giudizio, che spetta all'imperatore.
Par. 10 (pag. 30): allo stesso modo in cui il governo conobbe una maggiore burocratizzazione, anche il diritto processuale subì la stessa sorte burocratizzazione qui significa accentramento del potere e gerarchizzazione dei poteri. La tutela del diritto diventa la tutela del suddito, non più la tutela del civis:
- la procedura formulare, con la divisione delle azioni in due parti, una sotto il controllo del magistrato e l'altra nelle mani di un giudice laico, venne abbandonata la procedura era divisa in due parti: in iure, in cui il magistrato procedeva all'ascolto dei fatti, valutava i fatti delle parti. Se riteneva fondati i fatti, concedeva l'azione. Una volta concessa l'azione, fase apud iudicem, in cui il giudice è un giudice privato (scelto dalle parti),
che raccoglie le prove. Se trova prove sufficienti a giustificare la domanda dell'attore