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C’è
delle figure femminili interessanti. un filone lirico femminile che si muove fedelmente, per
quanto possibile, nei confronti del modello petrarchesco. Tra le poetesse cinquecentesche esponenti
di questo filone figurano Vittoria Colonna, Veronica Gambara, e poi la più importante e grande
poetessa del Cinquecento, la poetessa padovana Gaspara Stampa, che ci ha lasciato una
significativa raccolta di rime che in maniera palese vogliono imitare il Canzoniere petrarchesco. La
vita di Gaspara stampa è segnata da una vicenda amorosa infelice, perché la poetessa si innamorò di
un conte, un nobile, Collaltino di Collalto, il quale non ricambiò ma, infine tradì la poetessa.
è ispirata da questa triste e infelice vicenda d’amore. Questo
Questa raccolta di rime nasce proprio,
canzoniere racconta sotto forma autobiografica e di diario questa sua infelice vicenda d’amore.
Questo è un pregio e un limite allo stesso tempo. Dare un’impronta diaristica e autobiografica
aggancia il canzoniere di Gaspara Stampa al canzoniere petrarchesco, ma tutto ciò diventa anche un
limite perché questa riproposizione delle movenze diaristiche e autobiografiche è un po’
superficiale, esteriore, non riesce ad andare in profondità come invece aveva fatto Petrarca. Questo
è un po’ il limite costante che possiamo rintracciare in tutta la raccolta di rime. Baldi e compagni
riporta tre sonetti di Gaspara Stampa: si riporta il sonetto proemiale della raccolta, il sonetto di
chiusura e un sonetto centrale della raccolta che servono a fare una radiografia di questo mini
canzoniere, di questa raccolta di rime di Gaspara Stampa. Il sonetto proemiale della raccolta ha per
Voi ch’ascoltate in queste sparse rime.
titolo: Questo è il primo verso e il titolo del sonetto di
apertura. Il primo verso è un calco quasi perfetto del primo verso del sonetto di apertura del
di Petrarca. Già in questo sonetto proemiale Gaspara Stampa pone l’accento su quello
Canzoniere ma lo fa in un tono sempre un po’ superficiale, non
che fu anche il dramma esistenziale di Petrarca,
c’è quella profondità di pensiero propria di Petrarca. tocca l’argomento del perdono, della gloria,
della fama. Quindi già compaiono dei temi che sono tipici del canzoniere petrarchesco in questo
sonetto di apertura. Il sonetto di chiusura: Mesta e pentita de miei gravi errori, della raccolta di
rime di Gaspara Stampa. Qui Gaspara mostra la consapevolezza degli errori commessi, di questo
suo infelice amore e del tempo speso per questa sua passione amorosa che anche in questo caso
quasi le aveva dannato l’anima, le aveva amareggiato la vita, l’aveva allontanata dalle cose
importanti ed infatti chiede aiuto al Signore perché da sola non riesce a liberarsi ancora dal ricordo
dei suoi gravi errori, dall’errore di questo amore infelice. Questo sonetto è importante perché
tornano anche qua motivi e temi della lirica petrarchesca: il motivo del tempo che fugge, della
caducità delle cose terrene, del vano amore. È Petrarca che torna a prendere corpo in questo sonetto
conclusivo. Ma c’è da dire che Gaspara Stampa, così come Petrarca, non dimentica la tradizione
lirica precedente. Nel sonetto in qualche modo centrale alla raccolta, Piangete donne et con voi
della sua infelice vicenda d’amore che
pianga amore, titolo e esordio del sonetto, anche qua parla
aveva segnato profondamente la sua vita, dicendo che lei era stata un’amante fedele.
Il motivo dell’amante fedele è un concetto che ci riporta alla lirica provenzale. Parla di cuore
e all’esperienza stilnovistica. Anche sotto questo aspetto, sotto
gentile, torniamo alla lirica cortese
questo profilo, Gaspara Stampa tenta di riproporre il modello petrarchesco e ci riesce almeno in
linea superficiale. Ma il limite profondo è che Gaspara stampa non riuscirà a raggiungere la
profondità della riflessione di Petrarca. la lirica petrarchesca significa una lirica che è espressione di
armonia e di equilibrio, una lirica classicistica quasi, che ripropone l’armonia e la perfezione
formale anche della lirica classica latina. Ma sul finire del Cinquecento questo scenario così
variegato e questa concezione della poesia lirica all’impronta dell’armonia e dell’equilibrio
comincerà ad entrare in crisi.
10. Il Cinquecento, Torquato Tasso:
In questo panorama così variegato della lirica cinquecentesca un ruolo preminente e significativo ha
avuto Torquato Tasso. Nella lirica italiana Tasso a avuto un ruolo certamente fondamentale perché
con lui comincia la lirica moderna. Tasso ha avviato un nuovo percorso nella storia della lirica
Era figlio d’arte: il padre Bernardo, già nel 1531 aveva già pubblicato il libro primo degli
italiana.
Amori, una raccolta di rime. Nel 1560 sempre il padre, figura anche di un certo rilievo, pubblicò
cinque volumi di rime, uno di odi, e un volume di salmi. Già il padre di Torquato Tasso aveva già
scodellato una produzione di rime imponente sia sul piano quantitativo che sul piano qualitativo.
Torquato Tasso nel 1567 pubblica un suo quasi canzoniere, di circa quarantadue componimenti, che
entrano in un’antologia di poeti che facevano parte di un’accademia padovana, l’Accademia degli
Eterei. Tasso, infatti, ad un certo punto della sua vita si trasferisce a Padova per compiere i suoi
studi universitari giuridici. Poi si dedicherà anche agli studi letterari e anche alla filosofia. Padova
era la roccaforte degli studi aristotelici, quindi c’è l’incontro di Tasso con la filosofia aristotelica.
Durante questo soggiorno padovano avrà contatti con due accademie. Una era l’Accademia degli
parte; poi invece diventerà membro dell’Accademia padovana degli
Infiammati, di cui però non farà
Eterei. Quando l’Accademia decide di mettere a stampa un’antologia di rime, Tasso inserisce
componimenti che aveva fino a quel momento scritto. Quindi questo è l’esordio
quarantadue
poetico di Tasso. Siamo nel 1567. Quando, però, si registra il grande evento editoriale, cioè la
pubblicazione della Gerusalemme Liberata, viene portato in primo piano sulla scena culturale e
letteraria il nostro letterato sorrentino, Tasso. Tasso era campano, come pure campano sarà Marino.
vede la luce l’edizione della
Quindi, Gerusalemme Liberata e questo comincia a polarizzare
l’attenzione dei lettori, anche colti, su Tasso che diventa un autore che si impone già all’attenzione
della cultura italiana. Questo fa sì che un editore, Aldo Manuzio il giovane, capisca la tendenza e si
affretti a raccogliere alcune prose e rime di Tasso per metterle a stampa nel 1581. Questo è l’inizio,
ma ancora Tasso non ha messo in essere, in circa trent’anni di attività poetica, la sua imponente
raccolta di 1700 versi. Tasso, che ebbe una vicenda biografica piuttosto tormentata, è un
personaggio inquieto, tormentato da turbe psichiche. Fu rinchiuso per questo dal duca di Ferrara e
per alcuni episodi piuttosto critici nell’ospedale di sant’Anna per sette anni. Durante questa cattività
ferrarese Tasso continuò a scrivere. Quando uscì curò personalmente, poco prima di morire, la
prima edizione delle Rime amorose nel 1591. Nel 1593 metterà a stampa la seconda raccolta di
rime, le Rime encomiastiche e purtroppo il suo progetto prevedeva anche la pubblicazione delle
rime di carattere religioso e poi delle Rime in musica. Ma riuscì a realizzare tale progetto solo in
parte. Le Rime religiose verranno messe a stampa nel 1597, quando Tasso era morto da poco, e le
Rime in musica non videro mai la luce. Tasso inaugura la lirica amorosa nella seconda metà del
Cinquecento. Dopo gran parte del secolo che era stato dominato dalla figura di Bembo, il quale
aveva scritto il vocabolario, la grammatica della lirica italiana, irrompe sulla scena poetica e lirica
Tasso, che inaugura un nuovo percorso che sarà quello della lirica moderna e aprirà la strada alla
lirica barocca e in maniera particolare all’esperienza poetica di Giovan Battista Marino.
Con Tasso il quadro della lirica italiana stava davvero cambiando. Nella sua raccolta delle Rime
amorose, Tasso porta una ventata di novità, non tanto sul versante tecnico-formale. Cioè Tasso
rinnova la lingua della lirica italiana, che è vero, ma non è solo questo. Tasso si preoccupa molto
dell’aspetto dei suoi versi. Il suo linguaggio è raffinato, prezioso, rifugge con un atteggiamento
quasi altolocato il linguaggio comune. Il suo linguaggio deve essere accurato, ricercato. I romantici
parlavano di Tasso come Tasso usignolo, facendo riferimento alla musicalità dei suoi versi. Ma la
novità lirica di Tasso non è solo linguistica ma anche tematica. Sul tema dell’amore, infatti, Tasso
apre degli squarci nuovi. Siamo lontani dalla lirica petrarchesca, da Petrarca e dai suoi continuatori
e imitatori. In queste liriche amorose la donna non è più stilizzata, non è una figura quasi eterea. La
donna è, invece, colta in atteggiamenti di vita quotidiana, mentre cuce, mentre si pettina, in
compagnia del suo cane, ecc., o ancora c’è l’attenzione verso la descrizione di alcune parti
anatomiche della donna. Quindi c’è un’aria nuova anche dal punto di vista tematico all’interno delle
liriche amorose. Anche per quanto riguarda le liriche encomiastiche, liriche di elogio, esaltazione e
celebrazione del potere principesco. Tasso era un personaggio irrequieto che viaggiò molto e fu
presente in varie corti, come quella ferrarese, e c’è un’esaltazione del potere principesco nelle sue
liriche encomiastiche. Tasso è convinto, e ne fa un fatto personale, che il potere principesco potesse
svolgere un’opera di protezione e di consolazione nei suoi confronti, di quest’uomo che si riteneva
perseguitato dalla cattiva sorte e dalla sventura. Era un personaggio molto fragile psichicamente.
Era affetto da manie di persecuzione. Però già nelle Rime encomiastiche comincia ad affiorare la
riflessione sulla precarietà della vita e sulla vanità delle cose che sarà più presente nella terza
raccolta delle Rime religiose. Non sorprende che Tasso abbia toccato anche il tasto della lirica
religiosa perché anche lui era un tipo fortemente inquieto dal punto di vita religioso. Era un
personaggio religioso, ma al contempo pieno di dubbi sulla sua ortodossia religiosa che non era
sicuro delle proprie convinzioni religiose e si sottopose volontariamente al giudizio del tribunale
dell’Inquisizione, il quale lo assolse perché vide che l’ortodossia religiosa di Tasso era perfett