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SETTECENTO
All’inizio del ‘700, le lingue europee di cultura che potevano ambire a un primato
internazionale erano poche: lo spagnolo era in fase calante, il portoghese non aveva
più alcun rilievo, le lingue slave non erano né conosciute né apprezzate, inglese
avevano una posizione marginale, sul tedesco correvano dei giudizi negativi, solo con
il rinascimento ottenne riconoscimento.
La lingua di comunicazione elegante da usare con i stranieri nei territori di lingua
tedesca era il francese. Anche l’italiano aveva una posizione di prestigio come lingua
di conversazione elegante, soprattutto a Vienna dove era lingua di corte, anche a
Parigi era abbastanza nota come lingua da salotto e per le dame.
Ma un italiano colto del ‘700 deve parlare un po’ di francese anche se ive in Italia: era
insomma pacifico che il francese aveva assunto una posizione che lo rendeva erede
dell’antico latino.
Opera fondamentale come l’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert ebbe due ristampe
in Italia, entrambe in francese di grande successo.
Dopo la quarta edizione del Vocabolario della Crusca, corretta e ampliata, ma sempre
canone selettivo toscano, si manifestano reazioni polemiche, di stampo illuministico
nei confronti dell’autoritarismo arcaicizzante radicato nella tradizione letteraria
italiana.
Es. 1 Rinunzia avanti notaio, Alessandro Verri (il caffe): efficace pamphlet con tono
sarcastico che dimostra l’insofferenza nei confronti dell’autoritarismo fiorentino.
Es. 2 Saggio sulla filosofia delle lingue, Melchiorre Cesarotti: una serie di enunciazioni
teoriche:
1. Tutte le lingue nascono e derivano; all’inizio della storia sono barbare
2. Nessuna lingua è pura: tutte nascono dalla composizione di elementi vari
3. Le lingue nascono da una combinazione casuale, non da un progetto razionale
4. Nessuna lingua nasce da un ordine prestabilito o dal progetto di un’autorità
5. Nessuna lingua è perfetta ma tutte possono migliorare
6. Nessuna lingua è tanto ricca da non aver bisogno di nuove ricchezze
7. Nessuna lingua è inalterabile
8. Nessuna lingua è parlata in maniera uniforme nella nazione
Stabiliti tali principi, Cesarotti affronta il problema della distinzione tra lingua orale e
lingua scritta: quest’ultima ha una superiore dignità, in quanto momento di riflessione,
e in quanto strumento con il quale operano i dotti.
Gli scrittori sono liberi di introdurre termini nuovi o di ampliare il senso dei vecchi, però
i termini nuovi possono essere introdotti per ANALOGIA con i termini già esistenti, per
DERIVAZIONE o per COMPOSIZIONE, oppure fonte possono essere gli stessi dialetti.
Forestierismi e neologismi, una volta entrati nell’italiano, possono produrre nuovi
traslati e derivazioni.
Cesarotti propone un doppio concetto di genio: GRAMMATICALE e RETORICO
- La struttura grammaticale delle lingue, il loro genio grammaticale è inalterabile
- Il lessico invece dipende dal genio retorico, che riguarda l’espressività della
lingua stessa. In questo settore, tutto è alterabile
Poiché la lingua è della nazione, lui proponeva di istituire un Consiglio nazionale della
lingua con sede a Firenze, una magistratura della lingua che con equilibrio e
moderazione esprimesse quel “consenso pubblico”, al posto della Crusca.
L’Italiano entra nella scuola in forma ufficiale attraverso le organizzazioni sindacali.
Tuttavia, la situazione delle riforme scolastiche italiane è diversa da stato a stato, non
omogenea perché manca l’autorità centrale unica:
- Fine XVIII sec avviate le riforme della scuola del Lombardo-Veneto grazie alla
politica scolastica di Maria Teresa D’Austria, che portò anche in Italia il metodo
didattico normale. Dalla riforma austriaca anche l’idea di una scuola comunale
con il compito preciso di insegnare a leggere e scrivere, istituita a partire
dall’800, negli stati dell’Italia settentrionale
- Piemonte, nel 1729 Vittorio Amedeo II di Savoia emanò provvedimenti per la
riforma dell’Università
- Piemonte 1733-34, divenne obbligatorio nella scuola superiore d’élite lo studio
dell’italiano ancora in posizione marginale. Nel 1734, venne definitivamente
istituita a Torino una cattedra universitaria di “eloquenza italiana e greca”.
L’uso della lingua italiana continuò a essere in sostanza un fatto élite. Lo spazio della
comunicazione familiare era occupato dai dialetti. La lingua italiana si prestava alla
conversazione “naturale”, perché era scritta ma poco parlata, o comunque parlata
come qualcosa di artificiale, di estraneo alla conversazione quotidiana e spontanea.
Il successo dell’opera italiana nel ‘700 è molto grande e questo contribuì a fissare lo
stereotipo dell’italiano come lingua della dolcezza, della poesia, del canto, della
piacevolezza, in contrapposizione al francese, lingua della razionalità e della chiarezza.
GOLDONI scrive opere teatrali: non esistendo una lingua comune di conversazione, un
autore teatrale che volesse simulare il parlato senza imparare il toscano vivo era
costretto a ricorrere al dialetto o ad una lingua mista. Goldoni non ambisce a diventare
un teorico della lingua teatrale, ma nella presentazione della raccolta delle sue opere
tocca comunque la questione. L’italiano teatrale di Goldoni è una sorta di fantasma
scenico, ha la vivacità del parlato ma si alimenta grazie all’uso scritto non letterario
con molti regionalismi e francesismi con commistione di codici che va contro le
tendenze tradizionali della prosa accademica italiana.
1690, Roma fondazione dell’Arcadia, movimento che, fu palestra poetica. Essa ebbe
come strumento una lingua tradizionale, ispirata al modello di Petrarca, e intesa a
liberarsi degli eccessi della poesia barocca, allontanandosi dal gusto per l’anormale e
per lo straordinario che aveva caratterizzato il seicentismo. Sostanziale adesione al
passato, nell’impiego della toponomastica e onomastica classica, della mitologia,
latinismi ed arcaismi, tendenza alla nobilitazione linguistica a tutti i livelli, anche
grammatico-sintattico e lessicale. Il 700 è probabilmente il secolo in cui questo
linguaggio si stabilizza e si collega ad un ORIZZONTE TEMATICO NON
NECESSARIAMENTE DI TIPO SUBLIME O ELEVATO, anche perché la poesia
settecentesca approda a temi nuovi poesia didascalica e morale.
La prosa saggistica settecentesca è uno dei nuclei più solidi della produzione culturale.
ALESSANDRO VERRI non fu immune da scrupoli grammaticali: Notti Romane, un
esempio di prosa che si propone come modello neoclassico, ispirato all’antico, con
latinismi e con una generale sostenutezza oratoria.
GIAMBATTISTA VICO imitava fedelmente i modelli toscani antichi.
VITTORIO ALFIERI dichiara di volle andare controcorrente, infatti parlò male della
lingua francese e descrisse il suo faticoso apprendimento del toscano classico.
TRATTATISTICA ILLUMINISTICA E USO DEL FRANCESE
Nel ‘700 la voce di protesta più decisa contro l’autoritarismo linguistico arcaizzante
della crusca si realizza ne IL CAFFÈ, periodico edito tra 1764 e 1766. Di fondamentale
importanza nelle discussioni sulla questione della lingua è l’articolo di Alessandro
Verri, Rinunzia avanti notaio degli autori del presente foglio periodico al Vocabolario
della crusca (1764), pamphlet dal tono sarcastico in cui non solo viene respinta
autorità della lingua toscana e dell’accademia fiorentina, ma viene messo da parte, in
maniera molto esplicita e provocatoria, ogni ideale di ricerca stilistica.
Nella parte iniziale del testo, l’autore articola le sue tesi in 7 punti:
1. Siccome gli autori passati hanno avuto la possibilità di inventare parole nuove,
questa libertà deve essere riconosciuta anche agli autori attuali =
antiautoritarismo.
2. Finché non sarà dimostrato che la lingua sia giunta alla perfezione, è ingiusto
pretendere che questa non possa essere arricchita = antiautoritarismo
3. Nessuna legge obbliga ad obbedire alle norme della Crusca = antiautoritarismo
4. Legittimità di cosmopolitismo linguistico e denuncia al pedantismo
grammaticale = introduzione di forestierismi e stranierismi
5. Le parole servono per esprimere le idee, non il contrario = importanza dei
contenuti. Le regole non devono essere freno per il progresso
6. Ribellione contro le regole pedanti della crusca
7. Sprezzatura del municipalismo del fiorentino cruscante
Cesare Beccaria, autore del trattato giuridico Dei delitti e delle pene, scrive una
Risposta alla Rinunzia, fingendo di prendere le parti dell’Accademia della Crusca
contro le tesi di Verri, ma in realtà il testo si rivela una comica parodia dei
comportamenti degli accademici.
Cesarotti scrive il Saggio sulla filosofia delle lingue nel 1785 con diverso titolo, poi
riedito con il titolo definitivo nel 1800, si presenta come sintesi esemplare di tutte le
migliori idee sulla lingua elaborate dagli illuministi. Le caratteristiche del testo sono la
modernità della strutturazione:
- Nessuna lingua è né elegante, né barbara e nessuna è superiore alle altre
poiché tutte nascono allo stesso modo, cominciando come rozze per poi
raffinarsi
- Nessuna lingua è pura, in quanto all’inizio ogni lingua è una cozzagli di diversi
idiomi
- Nessuna lingua è formata in base a un piano precedente, ma tutte nascono o da
un istinto non regolato o da accozzamento fortuito
- Nessuna lingua si è formata grazie a una pubblica o privata autorità, ma per il
libero e non espresso consenso del maggior numero, di conseguenza nessuna
autorità può circoscrivere la libertà della nazione in fatto di lingua
- Nessuna lingua è perfetta, come nessun’altra istituzione umana ma la
costruzione logica di italiano e francese le rende più precise e meno animate
- Nessuna lingua è mai ricca abbastanza
- Nessuna lingua è inalterabile. Le modifiche possono venire da due fonti: dal
popolo, che altera pronuncia, desinenze e sintassi; o dagli scrittori, che
intervengono sullo stile più che sulla lingua
- Nessuna lingua è parlata uniformemente dalla nazione
Tre macro-temi:
1. Tema della costruzione logica
2. Fiducia nel miglioramento delle lingue
3. Necessità di un consenso della maggioranza attraverso cui viene limitato
l’arbitrio dei grammatici e si valorizza l’uso vivo
Nel ‘700 il francese è la lingua più importante d’Europa. Il successo si fonda sul
prestigio culturale e politico della Francia, patria dell’Illuminismo. Per documentarlo si
può fare riferimento ad