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EDUCAZIONE ACQUATICA
Per avere una buona educazione acquatica bisogna ricordarsi di mettere il bambino al primo posto e di
considerarlo come una persona e non come una macchina (su cui fare esercizi in sequenza e
macchinosi, senza divertimento). Il bambino impara meglio se ha il sorriso sulle labbra e per fare ciò
bisogna suscitare in lui sempre un interesse, stimolando la sua fantasia con una buona dose di
creatività da parte dell’allenatore. Il bambino va valorizzato per quello che sa, quindi una volta capito
bisogna lavorare per quello che è capace a fare, in modo da prendere sempre più confidenza con il
proprio corpo.
Non tutti i bambini sono uguali, quindi proprio per questo non tutti hanno gli stessi tempi
d’apprendimento. Molte volte chi apprende in ritardo, lo fa perché può avere timore ed ancora non ha
superato la paura di stare con gli altri o di non familiarizzare con l’ambiente.
L’allenatore deve tirar fuori l’aspetto umano che è dentro di lui, cercando di far sentire a proprio agio il
bambino e ricordandosi che il bambino si comporterà di conseguenza ai comportamenti dell’allenatore.
(Se l’allenatore è freddo nei suoi confronti, lo sarà anche il bambino). Quindi cercare di creare
confidenza tra le due parti.
Per quanto riguarda la creatività e la curiosità, bisogna suscitare sempre un nuovo interesse nel
bambino che lo induca a compiere azioni che tramite il gioco saranno più semplici. Creatività può
essere l’imitazione di qualsiasi pesce. Curiosità è quella caratteristica che non deve mancare mai in un
bambino, perché con questa, egli sarà sempre in grado di apprendere.
ORGANIZZAZIONE DIDATTICA DELLE LEZIONI:
Le lezioni molto spesso vengono organizzate secondo una scaletta che prevede
Il riscaldamento
La fase di richiamo ad esercizi fatti la volta precedente
La fase di svolgimento di esercizi nuovi
Il gioco
Questa scaletta però prevede il gioco come punto finale, MA NON DEVE ESSERE COSI’ perché in questo
modo si sta solo cercando di “prendere in giro” il bambino, cercando di rendergli la lezioni un po’ più
leggera a fine allenamento. Bisogna ricordarsi che il bambino è lì per divertirsi ed impara meglio se si
diverte.
Bisogna seguire 5 principi per mettere a proprio agio il bambino:
1. Principio dell’attivare: cercare di motivare il bambino, suscitandogli interesse e curiosità. E’
fondamentale lasciar andare chi non è interessato a questo tipo di attività, quindi evitare di
trattenere o costringere un bambino a fare un determinato sport. Allo stesso modo però, evitare di
cacciare il bambino solo perché NOI lo riteniamo inadatto, magari per il suo peso, aspetto fisico ecc,
questo non deve accadere mai.
2. Principio del comprendere: comprendere ogni azione del bambino, per farlo sentire capito e
protetto.
3. Principio del sottolineare il positivo: complimentarsi alla raggiunta di un obiettivo, in modo da far
accrescere la sua autostima.
4. Principio di Ridimensionare: ridimensionare gli errori in modo da evitare che si creino ansie e paure
che possano bloccare l’apprendimento futuro.
5. Principio di responsabilizzazione: serie di avvenimenti che fanno sviluppare autovalutazione nel
bambino, sfidando i propri limiti.
Con questi principi si evita il drop out ovvero l’abbandono dell’attività da parte del bambino.
Cercando di capire e sostenere il bambino, si crea in lui una sicurezza che lo fa sentire protetto e capito
all’interno della struttura. E’ molto importante evitare di dire “ormai sei grande” quando egli non riesce
a compiere un’azione , perché queste parole non lo aiutano, anzi lo mettono ancora più a disagio,
perché oltre a non riuscire a fare una cosa, li si dice (in altre parole) che tutti gli altri della sua età
riescono e lui no. Bisogna sostenerlo e aiutarlo anche con l’utilizzo di oggetti transizionali, come la
canna da pesca per farlo ambientare pian piano in acqua. Ricordiamo che questa idea può essere usata
quando il bambino ha paura di entrare in acqua. Ma con una canna da pesca si gioca a far finta di
pescare mettendo anche i piedi in acqua, riuscendo quindi ad avere un primo contatto con l’acqua.
FIGURA DELL’ISTRUTTORE E GESTIONE DEL GRUPPO
Importante è la figura dell’istruttore per tutto quello che è stato finora detto (suscitare creatività,
sostenere, correggere ecc) quindi deve essere una persona con determinate caratteristiche, ovvero:
Essere creativo
Avere inventiva e fantasia
Estroverso, con facilità di socializzare con i bambini
Saper ascoltare e farsi ascoltare
Paziente
Deve avere la capacità di risolvere i problemi e partire da essi, magari prendendo spunto per una
lezione diversa. Si può “ammonire” il singolo per far capire a tutto il gruppo un qualcosa di
sbagliato.
Deve essere bravo a farsi ascoltare, tenendo presente che il bambino è più attento se vi è una
spiegazione di tipo dimostrativo piuttosto che verbale. Se la lezione è prettamente verbale, il
bambino cadrà in una dissonanza di stile ovvero si distrae e perde la concentrazione, finendo con
annoiarsi e non capire ciò che gli si è proposto.
GENITORI E SCUOLA NUOTO
Molto importante è anche la figura del genitore. L’allenatore deve cercare una connessione anche
con i genitori, che possono essere di vari tipi:
Mamma “formula 1” ovvero una madre frettolosa che non assiste mai alle lezioni del figlio
(a questa madre si potrebbe consigliare di ascoltare anche i bisogni del figlio)
Mamma canguro ovvero la mamma iperprotettiva, l’opposto della precedente (il consiglio
sarebbe di lasciar vivere le proprie esperienze al bambino, altrimenti trasmetterà le sue
ansie al suo piccolo)
Genitore sicuro di sé, quel genitore che se ha un’idea non la cambia (evitare di discutere
con lui)
Genitore di cristallo è insicuro delle capacità del bambino (bisogna rassicurarlo)
Genitore neutro, accetta tutto ed è passivo (bisogna coinvolgerlo per fargli assistere alle
esperienze del proprio bambino)
Genitore ispettore è diffidente (bisogna fargli capire che l’inserimento del bambino sarà
sempre più facile di quanto sembri)
Genitore allenatore che vuole sostituirsi all’istruttore perché non vede risultati nel proprio
figlio (bisogna fargli accettare la naturalezza del figlio, i progressi pian piano arrivano)
Per avere una buona comunicazione e un buona connessione tra bambini e genitori, si può
permettere al genitore, di assistere a bordo vasca alla lezione del figlio. Questo non solo rende
più presenti i genitori, ma rende più sicuri i bambini che si sentono comunque vicini ai proprio
cari. TECNICA
La velocità di un nuotatore è la risultante di due forze: una che lo spinge in avanti (propulsiva) e
una che lo frena (resistenza dell’acqua). Per ridurre al minimo la resistenza, bisogna assumere
una corretta posizione (allineamento orizzontale), più affusolata ed idrodinamica possibile.
Le resistenze sono di tre tipi:
1- Resistenza frontale: che diminuisce con l’allineamento
2- Resistenza superficiale: è la resistenza che incontra l’acqua scivolando sulla pelle ed
eventuali “ostacoli” come peli, bracciali ecc.
3- Resistenza di risucchio o vortice: causata dall’accumulo di gocce di acqua in parti del corpo
come la regione poplitea (dietro il ginocchio).
Il galleggiamento è diverso da persona a persona, infatti cambia se una persona ha più massa
grassa (difficile galleggiamento)di un’altra, oppure più immagazzinamento di aria nei polmoni
(più facile galleggiare).
Il corretto movimento avviene grazie all’utilizzo di 3 articolazioni (bacino, ginocchio,caviglia) che
devono avvenire in modo simultaneo.
Per quanto riguarda il galleggiamento e il movimento, è importante l’effetto sostentamento
(effetto Bernoulli) riguardante la pressione e la velocità (inversamente proporzionale) ovvero
dove è presente una maggiore pressione, la velocità è minore. La maggiore pressione è sotto di
noi , questo ci spinge a rimanere a galla e di conseguenza ad essere più veloci in superficie
rispetto al fondo. STILE LIBERO (CRAWL)
Si nuota in posizione del corpo prona. Braccia e gambe hanno un movimento alternato, il braccio
che recupera corrisponde alla gamba che sta eseguendo il colpo.
Azione delle gambe: le gambe possono svolgere due azioni: propulsione (battuta più forte,
molto consumo di energia, sprint o finale di gara ) e stabilità (battuta più leggera, meno energia,
quindi usata per le gare più lunghe). Le schemi possono essere a 6 battute di gambe (con una
piccola pausa dopo 3, che consente la stabilità, una sorta di timone), a due o due incrociate.
Bracciata: come tutte le bracciate di ogni stile, si divide in fase di trazione (braccio in acqua) e
fase di recupero (braccio fuori dall’acqua).
TRAZIONE: Si ha con l’ingresso in acqua del braccio, che è ruotato verso l’esterno in
modo da far entrare prima il pollice di tutte le altre dita. Una volta in acqua si ha
rotazione mediale del braccio e il passaggio del braccio sotto il nostro corpo. Il gomito
passa da una posizione tesa ad una flessa, per poi passare nuovamente a tesa, alla fine
della trazione. Le spalle invece hanno un rollio, che non deve essere forzato o bloccato,
perché serve a facilitare il recupero del braccio e alla respirazione.
RECUPERO: Il braccio, finita la trazione ha il gomito alto, è la prima parte che esce
dall’acqua e successivamente si ha (gomito fermo) l’uscita del braccio e della mano che
superano il gomito prima che esso superi la spalla. La ricaduta in acqua del braccio deve
avvenire NATURALMENTE, SENZA AUMENTO DELLA FORZA (movimento balistico
controllato) perché questo comporta un maggiore dispendio di energia e un recupero
accelerato.
Respirazione: Può avvenire ogni 2 o 3 bracciate e viene effettuata seguendo il rollio delle
spalle, questo facilita la rotazione della testa verso il braccio che sta recuperando (quindi
guancia quasi appoggiata al braccio disteso che sta iniziando la trazione) In questo punto si
inspira, l’espirazione avviene quando il capo è sott’acqua con l’emissione di bolle. La
respirazione non deve essere fatta velocemente, altrimenti si avrebbe respirazione fatta
male e forzata. DORSO
E’ uno stile libero rovesciato, viene nuotato in posizione supina. Quindi la meccanica delle
gambe e delle braccia è uguale a quella dello stile libero. E