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RIPRESA

Amore (testimone della vedovanza del poeta), quando fioriva la mia speranza, e (lasperanza) un mio guadagno per la mia tanta fedeltà, mi è stata tolta colei da cui attendevo questa carità (mercede).

STROFA

Ahi crudele morte; ahi spietata vita! (dispietata e crudele sono aggettivi sinonimicidestinati dal poeta alle due entità avverte al poeta) L'una mi ha sprofondato nel dolore, ed ha spento prematuramente le mie speranze; l'altra mi tiene qua contro il mio volere (la vita mi tiene quaggiù contrariamente a quello che io desidero), ed io non posso seguire lei che se n'è andata, perché essa (la vita) non me lo permette. Ma madonna continua a regnare seduta nel mezzo del mio cuore (siede è un verbo che allude al regno di madonna Laura, della tradizione stilnovistica e dantesca.), ed ella vede (conosce) quale sia la mia vita ora.

Si tratta di una ballata antica che, però, viene accolta tardi nei fragmente;

La ballata "Gli occhi di ch'io parlai" è la seconda parte e l'unica che inizia con un elegiaco settenario. Il testo e le postille degli scartafacci documentano una stesura della ballata risalente al 1 settembre 1348, dunque a ridosso della morte di Laura, poi di una revisione del 7 febbraio 1356; dopodiché il componimento è abbandonato a se stesso. Il componimento viene salvato ed unito agli altri solo nel 1368, in un clima ben preciso dell'officina petrarchesca, animata da uno strano furore antiquario che spinge Petrarca a ricercare dei cartigli del passato e recuperarli.

La ballata si ferma dunque all'epoca in cui è rimessa sul tavolo anche un'altra canzone, scritta per la morte di Laura, "Che debb'io far", la 268, scritta nel 1348 sotto l'effetto di un'emozione bruciante e vicina, poi duramente rimaneggiata da Petrarca. Un testo complicato, licenziato nel 1356. Il modello dominante, che funziona quasi da avantesto per entrambi i componimenti, è "Gli occhi di ch'io parlai".

"occhi dolenti perpietade il core" della Vita Nova di Dante, della quale Petrarca tenta una variazione: questa canzone dantesca era stata già utilizzata come modello di una ballata che non verrà mai portata a termine; in quella stessa pagina dove compariva la ballata "Occhi dolenti accompagnate il core" (quasi un calco della parte dantesca), Petrarca trascrive anche il congedo della prima scrittura della canzone "In morte di Madonna Laura". La pietas ultraterrena di Madonna Laura è un tema (anche dantesco) al centro di una canzone, quinta strofe, che contiene quasi tutti gli elementi presenti "Madella ballata 324. I versi 51-55 della canzone "In morte di Madonna Laura": tornandomi a mente che pur morta è la mia speranza, viva allor ch'ella fioriva, saben Amor qual'io divento, e (spero) vedel colei ch'è or sì presso al velo". Spicca l'identità ritmica e sintattica dei due settenari.

comuni "allor ch'ella fioriva" con "Amor quando fioria"; tanto comuni da suggerire all'autore di chiudere la ballata nel cassetto proprio per la vicinanza tra questi due composizioni in versi, comunquedissimili nel valore del testo; però il 31 ottobre 1368 decise di non rinunciare alla ballata e aggiungerla al Vaticano Latino 3195 (crea uno sbalzo di tonalità per interrompere la tensione delle rime in morte). All'interno del Canzoniere si aprono tutta una serie di finestre sul mondo degni di attenzione. Fin dai primissimi testi della raccolta trovano spazio alcune presenze storiche di personaggi legati alla vita di Petrarca, figure di primo piano nella realtà politica europea, alla quale il poeta ha preso parte per molti anni con estremo rilievo. È presente il fratello Gherardo, in veste di alterego migliore, che nella lettera allegorica della risalita del Monte Ventoso (familiare 6.1) mostrava la determinazione di salire il cammino.

più diretto, anche se più difficoltoso, perraggiungere la vetta, quando invece Francesco, deviato da attrazioni diverse, siinoltrava per sentieri tortuosi che lo allontanavano dalla sua destinazione. Anche nelsonetto 91 Gherardo è proposto come modello di vita per il soggetto poetante, chenon saprà, però, emularlo. Morta la bella donna che Gherardo amava, egli sceglieràla vita del convento, facendosi monaco certosino.I Colonna, suoi mecenati, con cui Francesco entra in confidenza grazie alla suaamicizia con Giacomo nel corso degli studi a Bologna, sono la presenza di maggiorrilievo e continuità nel testo. Petrarca fu a servizio del fratello di Giacomo, ilcardinale Giovanni, assai potente in Avignone, dal 1330. Inizialmente lo seguì in unviaggio (mitico nella sua vita e fornitore di amicizie durature) nei Pirenei, a Roma,dove conobbe il Patriarca Stefano il Vecchio. Alla famiglia Colonna, Francesco rimasestrettamente legato fino a

che l'esperienza repubblicana di Cola di Rienzo non mise in crisi quei ventennali rapporti. La rivolta di Cola di Rienzo contro la parte baronale che dominava la città, alla quale era attribuita, con piena adesione di Petrarca, la responsabilità per la piena decadenza ed arretratezza, ebbe sorti alterne. Nella parte iniziale si vide una certa omogeneità negli schieramenti delle famiglie nobiliari, ed anche presso il papa e l'imperatore; la successiva uccisione di alcuni membri della famiglia Colonna mise in piedi l'inadeguatezza di Petrarca, che invece era intervenuto a sostegno della causa del tribuno. La relazione si interruppe con la decisione presa da Petrarca nel 1347 di affrancarsi dai Colonna e di tornare in Italia, dove iniziò a manifestare la ricerca per un'abitazione definitiva. Alla separazione dal cardinale, Petrarca dedica l'ottava egloga del "Carmen", intitolata "Divortium"; senza che le motivazioni politiche.vivengano messe in risalto. Di lì a poco, nel 1348, il Cardinale Giovanni morirà. La sua morte avverrà nello stesso anno della morte di Laura, saranno compianti insieme nel sonetto 269: "Rotta è l'alta colonna e'l verde lauro"; doppio thesauro del poeta trattogli dalla peste, già cantato anche nel sonetto 266, l'ultimo testo in vita di Laura e del Colonna nel Rerum Vulgarium Fragmenta. Così come i Colonna, Giovanni, Francesco ed Agapito, si trovavano inclusi per via dedicataria nel protratto proemio della raccolta, sonetti 7 (forse), 8, 9 e 10. Petrarca, con il rilievo diplomatico internazionale, che conquista nel corso dei decenni e, sempre più, sa fruttare; inaugura (con orgoglio) la figura dell'intellettuale non al servizio, ma alla guida del principe, ruolo che avrà forte rilievo nei secoli a venire: il letterato educa il principe al governo, con i suoi consigli ne sa orientare le scelte politiche, oltre.

Che farsene personalmente ambasciatore. Questa attività distesura di lettere e pubbliche orazioni, ambascerie di rappresentanza delle grandi famiglie, costituì, a tutti gli effetti, la sua professione. Petrarca ne fece una professione cui lui stesso identificò straordinario rilievo ed un enorme ruolo. A essa dedicò tempo ed energie, impegnandosi in ambito europeo (incontri con l'imperatore Carlo IV, orazione alla corte francese di Giovanni il Buono, arringa per la pace tra veneziani e genovesi), battaglie di ambito ideologico di grande portata storica (l'impegno per il rientro della sede papale a Roma, l'invito pressante all'imperatore per una sua discesa in Italia a pacificarne i conflitti e a detenerne lo scettro), sostegno all'insurrezione romana di Cola di Rienzo, impegno contro la corruzione papale ed ecclesiastica.

Vi è una sua ideologia anticomunale, per comprensione dell'esaurimento di quell'esperienza:

l'avversione per Firenze, con il connesso rifuto di tornarvi; un'ideologia signorile ed imperiale, unite ad uno speciale zelo per la pacificazione dei conflitti che insanguinavano la penisola (progetto umanistico di bonificazione di Roma come Antica Anima Culturale Italiana ed Imperiale, da attuarsi attraverso il rilancio del patrimonio della classicità). Anche il Canzoniere registra testimonianze di fortissimo impatto: le tre grandi canzoni politiche, la 28 "O aspettata in ciel beata e bella", la 53 "Spirto gentil che quelle membra reggi" e la 128 "Italia mia, benché il gradatio parlar sia indarno"; che sono poste in una che dall'esortazione della prima canzone in una partecipazione alla Crociata del 1333 (esortazione rivolta al vescovo Giacomo o al frate Giovanni Colonna), si passa all 53 che propone una situazione di riscatto di una Roma desolata, un non identificato "spirto gentil". L'intellettuale Petrarca scende incampo in queste canzoni fino a "Italia mia", che è una canzone destinata a lunga vita, a pesare molto, nella tradizione, interamente occupata dallavoce di Petrarca, che assume tutto il peso e la responsabilità di una testimonianza storica e morale che nessun altro riesce a portare; dunque l'io del poeta acquista un forte risalto profetico: si tratta di un'invocazione ai signori d'Italia, rivolta col darvoce ad un mito di "risorgimento" morale, militare e culturale, unitamente anche al motivo virgiliano che Petrarca affida alla canzone 128 dell'amore per il suolo natio, pietasma anche della naturale che anima i buoni e gli innocenti, legati da rapporto naturale e religioso con la loro terra e che si sentono, per tanto, vittime di una violenza estranea ed irrazionale. Generazioni di patrioti educheranno il loro sentire con i versi di questa canzone. All'esaltazione di Roma è correlato, in modo implicito per Petrarca, ildisprezzo per Avignone, così come alla rivendicazione della superiorità della tradizione culturale italiana, già latina, si collega chiaramente un misogallismo (pregiudizio contro i francesi) che coinvolge la cultura universitaria di stampo aristotelico. Il Canzoniere si trova schierato anche sul fronte della polemica anti-avignonese, annoverando tre sonetti di esplosiva forza verbale, i 136, 137 e 138; delle vere e proprie invettive scagliate contro la "Nuova Babilonia", cioè Avignone, alla quale viene attribuito il nome della città biblica dove vennero esiliati gli ebrei, e che è sede della chiesa. Si tratta di sonetti che presentano invettive violentissime per lessico, per immagini, nei confronti del clero, dedito ad ogni vizio, e della città stessa, dove prosperano idolatria ed eresia. Sulla chiesa secolare, putta sfacciata, viene invocata l'ira divina, la fiamma purificatrice del Cielo. È da rimarcare il valore della

Presenza di questi testi, non meno significativi di quelli amorosi nella lunga fortuna del Can

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Publisher
A.A. 2019-2020
107 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AureoB00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Castellano Francesca Pia.