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–CH
monomero un gruppo che fa cambiare notevolmente le caratteristiche finali del polimero e
3
dell’oggetto finale.
–CH
Il gruppo rappresenta un ostacolo al vapore acqueo ed è ad oggi il polimero con la miglior
3 all’ossigeno e alla CO
barriera al vapore acqueo. Contemporaneamente presenta una barriera molto
2
bassa. 54
Elena Dossi
È usato per le confezioni di biscotti, per le buste di insalata per le quali non serve un’elevata barriera
all’ossigeno per evitare una condizione di anossia.
–
Polistirene PS: Ottenuto per addizione dello stirene che presenta un C=C e un anello benzenico
che potrebbe dare problemi al consumatore in caso di migrazione nell’alimento.
Il monomero è un gas e ha un limite di migrazione specifico corrisponde ad un limite di rilevabilità
→
analitico il monomero non deve essere rilevabile.
permeabile all’acqua e mediamente all’ossigeno.
È poco –
Polivinilcloruro PVC: Ottenuto per addizione del cloruro di vinile, ha una struttura amorfa e
all’acqua, all’ossigeno e alla
atattica. Alle alte temperature tende a decomporsi e ha una permeabilità
per la presenza dell’atomo di cloro. Se invece il materiale contiene oltre al PVC anche
CO molto bassa
2
degli additivi che lo rendono estensibile, la permeabilità è minore.
Permeabilità crescente:
1. PVC
2. PS
3. PE
Barriera crescente:
1. PE
2. PS
3. PVC – Ottenuto per policondensazione dell’acido tereftalico con il glicole
Polietilentereftalato PET:
etilenico, è un poliestere con una permeabilità bassa ad acqua, ossigeno e CO . Nel caso delle bottiglie
2
di bevande addizionate di CO , la barriera diminuisce in funzione dello spessore.
2
Ha una struttura amorfa o cristallina a seconda della velocità di cristallizzazione.
Tatticità
Si tratta della disposizione nel piano dei gruppi funzionali adiacenti al doppio legame nel monomero.
In seguito alla polimerizzazione, i gruppi funzionali si trovano sotto/sopra il piano del C=C. Quindi la
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Elena Dossi
polimerizzazione e l’uso di catalizzatori specifici permettono di controllare la disposizione
stereochimica e di ottenere:
➢ →
polimeri atattici gruppo funzionale disposto casualmente nel piano;
➢ →
polimeri isotattici gruppi funzionali disposti al di sopra o al di sotto del piano in modo regolare;
➢ →
polimeri sindiotattici gruppi funzionali disposti sopra e sotto il piano in maniera alternata e
regolare.
La distinzione è particolarmente significativa per il polipropilene e per il polistirene, in quanto le loro
proprietà funzionali possono risultare molto differenti nelle tre forme.
‘50
Fino alla fine degli anni si riusciva a produrre PP solo nella forma atattica, cui corrisponde a
–
temperatura ambiente un liquido viscoso che non ha alcuna utilità, mentre la forma isotattica che si
–
può oggi produrre grazie ai catalizzatori stereospecifici sviluppati da Giulio Natta e Karl Ziegler è un
materiale altamente cristallino che trova numerose applicazioni. Per il polistirene, invece, la forma
sindiotattica permette di raggiungere temperature di distorsione molto più alte della comune forma
atattica, consentendo nuove applicazioni.
–
Peso molecolare Grado di polimerizzazione
Il numero di unità monomeriche che costituisce una singola macromolecola è definito grado di
polimerizzazione: quando è basso (10-20), il polimero non ha consistenza solida a temperatura ambiente
e si presenta in genere liquido; ad un grado di polimerizzazione di circa 1000 il polimero è già un solido
concreto.
Conoscendo la massa e il grado di polimerizzazione del monomero è possibile stimare il PM del
polimero che, nel caso del packaging, varia da 50mila a 200mila Da.
Tutte le caratteristiche finali dei polimeri risultano molto influenzate dalla distribuzione dei PM che
rappresenta quindi un importante indice di caratterizzazione dei polimeri polidispersi.
Molecole non uniformi come i polimeri non hanno un singolo valore di PM. In particolare, le frazioni
ad alto e altissimo PM influenzano la viscosità del fuso, la resistenza meccanica e la fragilità allo stato
solido, mentre quelle basso PM rendono conto della viscosità e dell’adesività dei polimeri.
A seconda del processo di polimerizzazione si ottengono polimeri con PM molto vario.
I polimeri plastici sono caratterizzati da un PM con dispersione gaussiana. Più è alto il PM più il polimero
→
potrebbe essere rigido; più è basso il PM più potrebbe essere difficile lavorare a caldo il polimero
usati come saldanti o coating. 56
Elena Dossi
Il PM viene ricavato sperimentalmente con delle analisi cromatografiche su colonna che consentono di
ottenere le dispersioni.
Comportamento al calore
Si distinguono:
➢ →
polimeri termoplastici caratterizzati da catene per lo più lineari e privi di insaturazioni, se
riscaldati oltre la temperatura ambiente, rammolliscono e fondono arrivando al massimo della
libertà di movimento. Essendo questa modifica del loro stato fisico reversibile, i polimeri
termoplastici possono essere facilmente modellati a caldo;
➢ →
polimeri termoindurenti (tappi di bottiglia o rivestimenti e coating - resine) caratterizzati da
catene insature, presentano numerosi legami covalenti crociati (intracatena) che si formano al
momento del riscaldamento e che rendono il polimero molto resistente dal punto di vista
meccanico, me ne diminuiscono la processabilità (range di temperature molto stretti). Riscaldando
ulteriormente il polimero, questo si disgrega perché i legami crociati si destabilizzano senza
→
riformare il polimero iniziale irreversibile. Generalmente sono più rigidi e robusti dei
termoplastici.
Morfologia
Consente di distinguere i polimeri in:
➢ → un’organizzazione
amorfi tipica dello stato fuso, è disordinata senza alcuna simmetria
delle macromolecole nello spazio. Controllando la velocità di raffreddamento o aggiungendo
appositi promotori, molte materie plastiche solidificano in forma parzialmente cristallina per
l’allineamento e/o impaccamento delle loro macromolecole. Le materie plastiche amorfe sono
solitamente trasparenti.
➢ semicristallini
➢ →
cristallini le catene macromolecolari sono organizzate in modo ordianto nello spazio. Le
zone del polimero che si organizzano in forma cristallina sono dette cristalliti. In alcune materie
plastiche, i cristalliti in forma di lamelle inglobano zone amorfe a dare tipiche strutture (sferuliti),
le cui dimensioni sono tali da interferire con le radiazioni della luce visibile (diffrazione),
producendo la tipica opacità lattiginosa. Lo stato cristallino influenza molte proprietà fisiche dei
polimeri plastici. Solitamente sono opaci.
In realtà i polimeri in forma cristallina sono difficili da lavorare, quindi si usano soprattutto gli amorfi e
i semicristallini.
È importante controllare la cristallinità di un polimero in fase di produzione: infatti a parità di tutti gli
altri fattori, se aumenta la cristallinità di un polimero:
− aumenta la rigidità
− aumenta la resistenza al calore (serve più calore per fondere i materiali rigidi);
− aumenta la barriera ai gas (i polimeri cristallini presentano zone più impaccate); 57
Elena Dossi
− si verifica una perdita di trasparenza: infatti la luce che attraversa un polimero con regioni
cristalline, provenendo da una zona amorfa, si trova a passare per zone a diversa densità e quindi
rendendo il polimero opaco (nella zona amorfa ci sono delle bolle d’aria, nella zona
si disperde,
cristallina no). Se però le dimensioni delle regioni cristalline sono contenute mediante agenti
nucleanti, la luce non subisce rifrazione.
esempio, se nella produzione dell’LDPE la fase di estrusione è troppo rapida, le catene rimangono
Per
disordinate perché non hanno il tempo necessario per organizzarsi. Se invece il raffreddamento è più
lento, le catene polimeriche si trovano in uno stato di minima energia perché hanno il tempo di
riorganizzarsi. Quindi per controllate la formazione di zone cristalline è la velocità di raffreddamento
insieme all’uso di agenti nucleanti (additivi) che in fase di raffreddamento generano zone in cui le catene
possano riorganizzarsi.
La morfologia di un polimero può essere facilmente determinata mediante l’analisi spettroscopica
elettronica a trasmissione.
Temperatura di transizione vetrosa
In una sostanza che presenta molecole di piccole dimensioni e dello stesso PM, le proprietà come la
temperatura di fusione sono definite in modo preciso. Al contrario i punti di transizione fisica dei
polimeri sono meno definiti e non sono accompagnati da una transizione di fase chiaramente visibile.
Questo perché è virtualmente impossibile ottenere un polimero in cui tutte le molecole abbiano
esattamente lo stesso PM e perché le grosse molecole sono incastrate e non sono libere di muoversi.
Nei polimeri amorfi esiste una sola temperatura caratteristica, ovvero la temperatura di transizione
vetrosa (T ), definita come il livello energetico al quale si registra la minima mobilità delle molecole
g
e una riduzione significativa del volume libero. Individua una soglia:
− se T>T , le catene macromolecolari sono in grado di deformarsi variando le conformazioni
g
(disposizione nello spazio degli atomi per rotazione attorno a legami semplici), ovvero hanno una
maggiore mobilità e i fenomeni di trasmissione dei gas sono facilitati;
− se T<T , il movimento dei segmenti di macromolecole è impedito e il materiale si trova in uno
g
stato vetroso con una minor permeabilità a gas e vapori.
Per esempio, il PET usato per le bottiglie ha una T<T e quindi ha una permeabilità ai gas minore (si
g
trova nello stato vetroso); il LDPE ha invece una T>T , il che comporta una maggiore mobilità e degli
g
scambi di gas e vapori più efficienti (stato gommoso).
È un parametro utile per distinguere i polimeri amorfi dai cristallini.
Una sollecitazione condotta sotto la T comporta deformazioni permanenti della struttura o anche
g
la rottura del materiale.
Quando il polimero viene raffreddato al di sotto di questa temperatura, diventa rigido e fragile come il
vetro, mentre se viene riscaldato al di sopra di questa temperatura diventa gommoso ed elastico.
Alcuni polimeri vengono usati al di sopra delle loro T mentre altri al di sotto. Le plastiche rigide come
g
il PS sono usat