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INFARTO
Per infarto miocardico si intende la morte del tessuto miocardico
determinata da uno squilibrio tra flusso ematico miocardico e richiesta
metabolica dello stesso. La causa è determinata in genere
dall’interruzione del rivestimento endoteliale in corrispondenza di una
lesione aterosclerotica di un’arteria coronaria. Ciò determina a
formazione di un trombo che occlude l’arteria, impedendo l’afflusso
ematico alla regione cardiaca dipendente dall’arteria occlusa. La trombosi
coronaria è l’evento critico che determina l’IM.
Meccanismi di occlusione- la maggior parte degli IM sono causati dalla
distruzione dell’endotelio vascolare associato ad una placca
aterosclerotica instabile che stimola la formazione di un trombo
intracoronarico con successivo blocco del flusso ematico arterioso
coronarico. L’occlusione che duri per più di 20-40 min, comporta un
danno cellulare miocardico irreversibile con morte cellulare. Lo sviluppo
di una placca ateroscerotica richiede un periodo variabile da anni a
decenni. Non si conosce con certezza quale sia la lesione iniziale che porta
allo sviluppo della placca aterosclerotica. Le 2 caratteristiche principali di
una placca aterosclerotica, sintomatica, sono un cappuccio
fibromuscolare ed un sottostante nucleo ricco di lipidi. L’erosione della
placca può avvenire per l’azione delle metalloproteasi e per il rilascio di
altre collage nasi e proteasi nella placca; ne consegue un assottigliamento
del sovrastante cappuccio fibromuscolare. L’azione delle proteasi, in
associazione con forze emodinamiche applicate al segmento arterioso,
può condurre alla rottura dell’endotelio e alla fessurazione e rottura del
cappuccio fibro-muscolare. L’entità della rottura dell’endotelio
sovrastante può variare da una minima erosione ad un’estesa
fessurazione che provoca ulcerazione della placca. La perdita della
stabilità strutturale della placca spesso si presenta alla giunzione della
cappa fibromuscolare con la parete del vaso, detta “regione della spalla”
della placca. L’entità della rottura della superficie endoteliale può causare
la formazione di un trombo attraverso l’attivazione della cascata
coagulativa mediata dalle piastrine. Se il trombo sarà abbastanza grande
da occludere completamente il flusso ematico coronarico per un periodo
sufficiente si avrà un IM.
Fattori di rischio- i fattori principali per lo sviluppo di aterosclerosi
coronarica sono: IPERLIPIDEMIA, DIABETE MELLITO, IPERTENSIONE,
FUMO, SESSO MASCHILE E STORIA FAMILIARE DI ATEROSCLEROSI. La
presenza di ciascun fattore è associata al raddoppio del rischio relativo di
sviluppare aterosclerosi delle arterie coronariche.
Meccanismi di danno- la gravità e l’estensione del danno miocardico,
determinato da occlusione coronarica, dipende dall’area che viene
irrorata dai vasi colpiti, dall’entità dell’occlusione, dall’estensione del
circolo collaterale, dalla richiesta metabolica del miocardio a rischio, e dal
“pre-condizionamento ischemico”. Quest’ultimo deriva dall’osservazione
che la quantità di necrosi che si svilupa a seguito di un’occlusione
coronarica è significativamente minore se in precedenza è avvenuto un
breve periodo di occlusione-riperfusione coronarica. Ciò dipenderebbe da
un effetto protettivo secondario ad una fosforilazione delle proteine di
membrana e da una diminuzione dell’accesso intracellulare del calcio con
riduzione della forza contrattile e secondario risparmio di energia. A
seconda dell’azione reciproca di queste variabili, l’area di necrosi può
essere circondata da una zona marginale di miocardiociti danneggiati, ma
in modo reversibile, ed irrorati in modo precario dal flusso di arterie
coronarie non coinvolte dall’ostruzione oppure da rami collaterali. Quindi
la regione di necrosi ischemica totale può essere un’isola nell’ambito di
un’area più ampia, a flusso ematico precario nella quale i miocardiociti
possono presentare danni variabili e spesso reversibili. Quindi non
sempre l’infarto miocardico è, fin dall’inizio, un focolaio ben evidente di
necrosi coagulativa. Nell’uomo gli IM trans murali iniziano con una
necrosi sub endocardica. Dopo occlusione completa di una delle arterie
coronarie maggiori, si sviluppa un “fronte d’onda” di necrosi ischemica,
che inizia nella zona sub endocardica e progredisce fino ad interessare
completamente la parete ventricolare. Il sub endocardio è la zona del
ventricolo sx con perfusione più precaria alle forze compressive che
vengono esercitate dagli strati esterni del miocardio durante la sistole.
Inoltre la rete vascolare collaterale è molto ricca nella zona sub
pericardica e povera in quella sub endocardica. La patogenesi dell’I sub
endocardico è diversa da quella trans murale. La zona sub endocardica è
vulnerabile per qualsiasi riduzione del flusso coronarico, e pur essendo
presente una grave aterosclerosi coronarica, non sempre esiste una
stenosi critica. Tutti gli I transmurali interessano il ventricolo sx. quando
sono localizzati alla parete posteriore e alla porzione posteriore del setto
interventricolare possono estendersi, in una piccola % dei casi, alla parete
del ventricolo dx. infarti isolati nel ventricolo dx, sono molto rari, di solito
in associazione con ipertensione cronica ed ipertrofia del ventricolo
stesso. Nel 5% dei casi si può rinvenire anche un infarto atriale, di solito
associato con un esteso infarto della parete posteriore del ventricolo sx,
che si può estendere a tutto il resto. La forma più rara in assoluto è
proprio l’infarto atriale isolato. Questi sono invariabilmente seguiti da
formazione di trombosi murali nelle camere atriali colpite e addirittura da
rottura del cuore. Gli infarti transmurali generalmente hanno dimensioni
variabili da 4 a 10 cm, ma possono interessare l’intera circonferenza del
ventricolo di sx. quasi sempre è presente una rima di sub endocardio
risparmiata dall’ischemia. Quando le arterie coronarie sono normali si
presume che il meccanismo causale sia dovuto ad un vasospasmo.
L’arteria coronaria più interessata, da restringimento e/o trombosi, è la
discendente anteriore di sx, cui segue la coronarica di dx e la circonflessa.
A volte può essere interessato anche il tronco principale della coronaria di
sx. Occasionalmente può essere presente un trombo in assenza di IMA, i
questo caso i rami intercoronarici collaterali possono provvedere ad un
sufficiente flusso, prevenendo la necrosi ischemica. In genere gli I
transmurali sono singoli, ma possono anche riscontrarsi I multipli. Di
solito gli I recidivanti sono frequenti; l’espansione di un infarto può
determinare lesione di aspetto variabile nel tempo, le cui cause possono
essere diverse: propagazione retrograda di un trombo, vasospasmo vicino
l’arteria colpita, alterata contrattilità del miocardio che influenza la
stenosi prossimale, sviluppo di microemboli di fibrina e piastrine,
comparsa di aritmie. La sequenza di questi eventi è detta I progressivo. In
relazione alla sopravvivenza del pz, l’ I trans murale va incontro ad una
sequenza progressiva di alterazioni macro e microscopiche. L’IM si
instaura quando l’ischemia miocardica eccede una soglia critica e supera i
meccanismi di riparazione cellulare miocardica capaci di mantenere una
funzionalità normale. L’IM può raramente essere causato da un embolia
arteriosa o in pz con spasmo coronarico in arterie integre. La cocaina
causa intenso spasmo arterioso coronarico e chi la usa può avere angina o
infarto, poiché induce trombosi su arterie coronariche indenni o sede di
preesistenti ateromi. La perfusione delle arterie coronarie dipende dalla
pressione differenziale esistente tra gli osti coronarici e il seno coronarico.
Il flusso ematico è inoltre ridotto in sistole. Fattori che riducono il flusso
coronarico sono:
Riduzione della press. Diastolica aortica
Aumento della pressione intraventricolare e della contrazione
miocardica
Stenosi delle arterie coronariche distinta in:
1. Stenosi coronarica fisse
2. Modificazioni acute della placca
3. Trombosi dell’arteria coronaria
4. Vasocostrizione
5. Stenosi e rigurgito della valvola aortica
6. Aumento della pressione atriale dx
Anche se vi è occlusione dei vasi di maggior calibro, vasi collaterali sono
presenti in tutti i cuori con gradienti di pressione che permettano il flusso.
In generale per alterare significativamente la perfusione, il lume deve
essere ridotto più del 75%. L’aterosclerosi coronarica è di regola diffusa
coinvolgendo più di un ramo arterioso principale.
Un IM può essere classificato su base anatomico-morfologica in 2 tipi,
trans murale e non. Un IM trans murale è caratterizzato da necrosi
ischemica a tutto spessore del miocardio colpito, necrosi che si estende
dall’endocardio, attraverso il miocardio, fino all’epicardio. Un IM non
trans murale è definito come un’area di necrosi ischemica che non
coinvolge l’intero spessore della parete miocardica, ma si limita in genere
al terzo interno del miocardio, dove le tensioni di parete sono più elevate
(zone a minor perfusione del cuore) che sono le più vulnerabili
all’ischemia. L’IM è prevalentemente una malattia del Ventricolo sx, ma il
danno può estendersi al Vent. dx o all’atrio. L’ I del Vent. dx fa seguito
all’occlusione della coronaria di destra o di un’arteria circonflessa sx
dominante: è caratterizzato da un’alta pressione di riempimento del Vent.
dx, con grave rigurgito della tricuspide e ridotta eiezione cardiaca. Un
certo grado di disfunzione del VD si ha in circa la metà dei pz con I infero-
posteriore. In pz con quest’ultimo si ha disfunzione del VD che si
manifesta con una pressione venosa giugulare elevata, associata ad
ipotensione o shock. Generalmente i pz che hanno un I, superiore al 50%
della massa de VS muoiono con shock cariogeno. Gli I anteriori sono di
solito più estesi e hanno prognosi peggiore rispetto agli infero-posteriori.
Essi sono generalmente dovuti ad occlusione di un ramo della coronaria
sx (discendente ant.), mentre gli inf-posteriori sono riconducibili
all’occlusione coronarica dx o di una coronarica circonflessa sx
dominante.
L’IM viene qualificato in base alla GRANDEZZA( o quantità di tessuto
miocardico perduto), della PATOGENESI(spontaneo o in corso di
manovre), dal TEMPO TRASCORSO dall’insorgenza (