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Il Senato milanese e le raccolte di decisioni
Il Senato milanese, del quale era giudice. Le raccolte di decisiones avevano generalmente per autore un giurista aMvonella Corte che selezionava una serie di decisioni delle quali era stato relatore e aveva scri;o l’argomentazione sullaquale il collegio aveva fondato la decisione della controversia. In realtà, il valore delle raccolte non stava nella natura diprecedente giurisprudenziale, bensì nel pregio delle argomentazioni e delle opinioni. Talora si affermò il principio delprecedente vincolante: due o tre pronunce conformi da parte della Corte superiore in casi giudiziari dis>n>cos>tuivano un precedente che poteva vincolare anche la Corte stessa. La giurisprudenza delle Cor> supremaconseguiva un parziale effe;o unificante per il diri;o vivo all’interno di ciascun ordinamento, il che denotaun’essenziale funzione di certezza svolta dai Tribunali supremi dell’età moderna. Inoltre, le pronunce di alcuni grandiTribunali
assunsero anche fuori dallo Stato di appartenenza un ruolo pari o superiore a quello svolto dalle teorie e dai pareri di grandi dottori e dei maggiori trattatisti di opere giuridiche. Il sistema delle fonti comprendeva la legislazione statale, le consuetudini locali, gli statuti civici e corporativi, il diritto romano comune, il diritto canonico, feudale e la giurisprudenza dei grandi tribunali, sicché risultava difficile comprendere quale fosse la norma applicabile al singolo caso concreto. In età moderna si aggiunse la legislazione regia, che fu imposta dai sovrani come norma prioritaria rispetto ad ogni altra fonte. La gerarchia prevedeva quindi: legislazione regia, diritto locale e particolare, diritto comune. Fra il XVII e il XVIII secolo i grandi tribunali svolsero un ruolo fondamentale nell'arginare le conseguenze della conflittualità delle opinioni dottrinali attraverso la loro giurisprudenza. Le corti superiori spessointerpretavano estensivamente le norme sovrane– teoricamente infaM, secondo i giuris> di scuola, le norme sovrane avrebbero dovuto essere un diri;o che era validosoltanto per il caso specifico, con la conseguenza che erano libere nel determinare il proprio stylus iudicandi, spessoconsiderato una fonte a tuM gli effeM per i tribunali inferiori. Alcune cor>, come il Senato di Milano, intrepretaronoestensivamente le Cos>tuzioni del 1541, ponendole al centro del sistema norma>vo del Ducato di Milano e lo stessofece il Sacro Collegio di Napoli con il Liber Augustalis per il Regno di Napoli. La norma>va regia, a quest’altezzacronologica, veniva quindi considerato come diri;o comune dello Stato.Per quanto riguarda la Germania, che era uno Stato composto da un insieme di principa> al cui capo vi erano deiprincipi territoriali, gli studen> tedeschi affollarono Bologna, e l’Italia in generale, per studiare diri;o fin dal XII secolo:il >tolo didoctor iuris garan>va infaM loro una remunera>va carriera in patria come funzionari, giudici, notai, avvoca>e consulen> – nelle cor> dei signori e nelle cor> vescovili. Erano par>colarmente u>li per quanto riguardava laredazione dei contraM e l’aMvità svolta nelle cancellerie dei tribunali. Essi imposero nella prassi notarile e nellagiurisdizione il diri;o romano parallelamente all’indebolirsi delle consuetudini non scri;e e perciò difficilmenteaccertabili. Nella seconda metà del ‘400 il sistema delle fon> tedesco vedeva al ver>ce la legislazione prodo;adall’Imperatore e dalla Dieta, i diriM dei principa> territoriali – tu;avia, gli statu> delle ci;à (sopra;u;o delle ci;àlibere), prevalevano sul diri;o dei principa> territoriali, mentre gli statu> ci;adini ebbero una nuova redazione fra i XVe il XVI secolo: fra le ci;à che integrarono la propria norma>va
consuetudinaria con quella romanis>ca furonoNorimberga, Worms e Friburgo; fra le ci;à che invece che decisero di rimanere fedeli alle cons locali vi erano Lubeccae Amburgo. Nel 1495 Massimiliano I rese evidente la recezione del diri;o romano comune nei territori tedeschia;raverso l’is>tuzione di un Tribunale Camerale dell’impero – al quale a;ribuì il compito di giudicare secondo il diri;ocomune, che si pose come tribunale sovraordinato rispe;o ai tribunali dei principi, e presso il quale doveva essereprovata l’esistenza di una consuetudine. Il diri;o romano comune si afferma quindi nei territori tedeschi come diri;otedesco, viene insegnato nelle università al punto che quando un professore francese tentò di insegnare il diri;oromano a;raverso le nuove tecniche di insegnamento e interpretazione proposte dalla Scuola Culta verrà cacciatodall’università di Aldorf. Le leggi della dieta imperiale erano la Bolla
d'oro del 1356, la Dieta di Worms del 1495 – istituzione del Tribunale Camerale, e la Dieta di Augsburg del 1555 – che enunciava il principio "cuius regio eius religio", secondo il quale ogni principe aveva il potere di decidere la confessione religiosa dei suoi sudditi. Erano considerate leggi fondamentali vigenti in tutti i principati dell'Impero e costituivano un limite anche per la legislazione emanata dal re-imperatore, i cui editti non potevano essere in contrasto con tali norme fondamentali: il rispetto di tale limite venne promesso da Carlo V nel 1519. Al diritto comune si ispirò inoltre la riforma penale della Carolina, promulgata da Carlo V nel 1532: in alcuni territori essa trovava solo applicazione sussidiaria rispetto ai diritti territoriali, anche se si affermò poi in tutta la Germania, dove rimase in vigore sino alla fine del XVIII secolo. Merito della Carolina fu quello di introdurre la considerazione dell'elemento.soggeMvo della colpa e del dolo nelladeterminazione della punibilità del reato e di offrire una migliore qualificazione e sistemazione ai rea> basandosi sullado;rina dei Commentatori. Il diri;o comune trionfò nei territori tedeschi nonostante le for> resistenze sopra;u;o delceto rurale e dei feudatari: esso venne studiato e armonizzato con il contesto germanico da numerosi autori, chediedero vita alla scuola chiamata “Usus modernus Pandectarum”. Ciò poté avvenire grazie all’u>lizzo del diri;ocomune da parte del tribunale supremo dei territori ricompresi nell’Impero: le consuetudini locali non eranoagevolmente documentabili, erano lacunose e spesso bisognose di interpretazione. Alla fine del ‘700 nacque la Scuolastorica, che si interrogava sulla possibilità di emanare un codice, sulla scia di quello austriaco e francese: i territoritedeschi scelsero di non darsi un codice civile, poiché un membro dellascuola aveva affermato che il diritto civile nasce dallo spirito di un popolo, e quindi bisognava fare una ricognizione storica del diritto che nasceva dal popolo tedesco – intraprese un'attività di ricerca che si concluse con il ritrovamento del diritto comune, che è quello che deriva dallo spirito del popolo. Per quanto riguarda i territori italiani che rientravano nell'Impero Spagnolo, il Ducato di Milano fu sottoposto al dominio spagnolo dal 1535 al 1713, quando subentrarono gli austriaci, in cui erano valide le redazioni trecentesche degli statuti di Milano, le costituzioni del 1541: che prevedevano le competenze delle magistrature, sistema delle pene e le attribuzioni del Senato, che costituivano la legge fondamentale della Lombardia spagnola, applicata prioritariamente; nel Regno di Napoli era ancora in vigore il Liber Augustalis integrato con i capitoli angioini e le prammatiche aragonesi; Venezia non aveva invece incluso il diritto comune fra le fonti ufficiali.I giudici erano liberi di giudicare equitativamente in ogni caso non previsto dagli statuti della Serenissima, inoltre le magistrature veneziane si imposero anche nei domini di Terraferma, dove nello Studium padovano si insegnava il diritto comune. Lo Stato Sabaudo comprendeva il Piemonte e la Savoia, cui si aggiunse, nel 1720, la Sardegna: Vittorio Amedeo II promosse una riforma delle fonti legislative nel 1723, che venne poi sottoposta a revisione nel 1729 e di nuovo nel 1770 ad opera di Carlo Emanuele III. Nella versione varata nel 1729 esse impostano un diverso aspetto della giustizia e impongono ai giudici di rispettare una determinata gerarchia: le costituzioni stesse, pena la nullità della sentenza, gli statuti (se approvati dal re e ancora applicabili) e la giurisprudenza delle corti del regno (Senato di Torino e della Savoia) – non come rispetto del precedente, ma come fonte normativa, il che rappresentò una novità per tutti gli ordinamenti europei.
Veniva inoltre vietata la citazione delle opinioni dottrinali da parte degli avvocati, nelle allegazioni, e dei giudici, nelle sentenze – anche se in realtà lo facevano perché il Senato Pedemontano richiedeva la motivazione delle sentenze. Le Costituzioni modenesi, e anche il Codice Estense, promulgate nel 1771, benché permettessero il ricorso al diritto comune quale fonte sussidiaria, contenevano un'importante innovazione, ovvero abrogavano espressamente le legislazioni statutarie delle città del Ducato. Anche la Francia aveva conosciuto il fenomeno dello sviluppo delle consuetudini locali, ma in modi differenti tra i territori del Nord e i territori del Sud: - A Nord e nel centro le consuetudini si erano sviluppate in continuità rispetto alla lex salica. Se vi erano problemi di interpretazione, si guardava alle consuetudini del paese o della regione limitrofa, in ultima istanza, a quella parigina e all'interpretazione che nedava l'autorevolissimo Parlamento di Parigi, più tosto che consultare il diritto romano, che era poco conosciuto a eccezione della disciplina dei contratti – pays de droit coutumier. • A Sud, nel periodo Alto Medioevale la Francia aveva conosciuto il periodo visigotico, il che aveva fatto sì che siccome i Goti avevano un rapporto con la popolazione romana stabile e di collaborazione, producendo leggi romano-barbariche, debitrici in parte alla cultura latina. Le popolazioni del sud conoscevano quindi il diritto romano e lo avevano conservato nella sua accezione volgare. Quando i glossatori riesumarono il Corpus iuris, il loro metodo di insegnamento ebbe successo: le città della Francia si erano quindi assestate in un modo per il quale le loro consuetudini dialogavano con il diritto romano insegnato nelle università. Tra il 1100 e il 1300, molte città avevano provveduto a trascrivere in statuto le proprie coutumes, che subivano.Ampiamente l'integrazione sussidiaria del diritto comune, riconosciuto come consuetudine generale da Filippo il Bello nel 1312, e ne venivano perciò influenzate nel contenuto e nell'applicazione - pays de droit écrit. Nel corso del '400 la monarchia francese, sempre coerente nel tentativo di imporre il proprio potere sul territorio.