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Toscana è sotto il dominio dei Medici, mentre a Roma si alternano ben undici pontefici,
tutti provenienti da famiglie nobili. L'Italia attraversa una fase di declino, con difficoltà
nei settori industriale, commerciale e finanziario.
Gli intellettuali del Settecento criticano il Seicento, accusandolo di essersi allontanato
dalla tradizione classica. Questo periodo è visto come privo di innovazioni nella
letteratura, che segue canoni troppo scontati, ma al contempo è un periodo di grande
sviluppo per la filosofia, la scienza, la musica, l'architettura e le arti, con artisti come
Caravaggio che si distaccano dalla tradizione per orientarsi verso il realismo e il
naturalismo.
Francia (1640-1748)
Nel 1643, alla morte di Luigi XIII, il giovane Luigi XIV assume il potere sotto la
reggenza del cardinale Mazzarino. Alla morte di Mazzarino, il giovane sovrano assume
il controllo assoluto, inaugurando un'epoca di splendore per la Francia, dove si dice "Lo
Stato sono io", simbolo della centralizzazione del potere. Il re avvia una serie di guerre
di conquista che turbano l'Europa, in particolare la Spagna.
Italia (1640-1748)
I Borboni, provenienti da Francia e Spagna, prendono il controllo di Napoli, Sicilia,
Parma e Piacenza. In Toscana, alla morte dell'ultimo Medici nel 1743, gli Asburgo
subentrano al potere. I Savoia acquisiscono la Sicilia e la Sardegna, dando inizio al
Regno di Sardegna. In questo contesto, la Chiesa cerca di riprendere il controllo della
cultura, segnando la fine di figure intellettuali cruciali come Tommaso Campanella,
Paolo Sarpi e Galileo Galilei. Con il declino del Barocco, la cultura laica lascia spazio
alla crescente influenza della Chiesa.
La Nuova Scienza
Le scoperte di Colombo e le nuove aperture politiche e culturali del Rinascimento
contribuiscono alla nascita della scienza moderna. Nel Seicento, la filosofia e la
scienza si uniscono, come evidenziato dalla figura di Tommaso Campanella, che
sostenne la necessità di unire la filosofia alla scienza. Scrisse anche un'opuscolo di
difesa di Galileo Galilei, il quale affrontava l'Inquisizione per le sue teorie eliocentriche.
Le sue scoperte e il suo metodo scientifico avranno un impatto duraturo sulla scienza.
Galileo Galilei (1564-1642)
Galileo, considerato il padre della scienza moderna, fu una figura cruciale nella
rivoluzione scientifica. Il suo approccio metodologico e la sua difesa del
copernicanesimo lo portarono a entrare in conflitto con la Chiesa. Nel 1616, la sua
teoria che la Terra non fosse al centro dell'universo ma ruotasse attorno al Sole venne
condannata come eretica, ma Galileo non smise mai di cercare verità scientifiche,
sempre convinto che la scienza e la religione non dovessero contraddirsi, ma
coesistere.
Accademie Scientifiche
Il Seicento vede anche la nascita di importanti accademie scientifiche, come
l'Accademia dei Lincei fondata da Federico Cesi nel 1603 e l'Accademia del Cimento a
Firenze nel 1642, fondata dai discepoli di Galileo. Queste accademie contribuiscono in
modo significativo alla ricerca scientifica, promuovendo il metodo empirico e la
sperimentazione.
Giambattista Basile (1566-1632)
Giambattista Basile, nato in Campania, è noto per la sua raccolta di fiabe, "Lo cunto de
li cunti" (La fiaba delle fiabe), che ha avuto una grande influenza sulla letteratura
europea. Con un linguaggio teatrale e raffinato, Basile intreccia storie fantastiche e
morali, in cui le donne, a differenza di quelle dei racconti successivi, sono ribelli,
astute e autonome. Le sue fiabe sono un esempio perfetto della letteratura barocca,
che gioca con il fantastico, il grottesco e il simbolico, offrendo al contempo riflessioni
sul destino, la fortuna e la natura umana.
Conclusioni
Il Seicento fu un periodo di grandi cambiamenti, segnato da conflitti politici,
innovazioni scientifiche e artistiche e una riflessione profonda sul ruolo della religione
e della scienza. Figure come Galileo, Campanella e Basile hanno lasciato un segno
indelebile nella storia della cultura e della scienza, mentre la letteratura e le arti del
Barocco hanno plasmato il pensiero e l'immaginario del periodo.
Vittorio Imbriani (1840-1886): Un Intellettuale della Contraddizione
Vittorio Imbriani nacque nel 1840, figlio di un padre liberale, e seguì quest'ultimo in
esilio fin dalla sua infanzia. La sua giovinezza si svolse tra Nizza e Torino, dove il padre
lo educò all’ideale di libertà e riscatto nazionale. Nel 1858, si trasferì a Zurigo per
frequentare i corsi di Francesco De Sanctis, che per lungo tempo divenne il suo
maestro e riferimento. Tuttavia, la loro relazione si interruppe a causa di forti
divergenze politiche e personali, con Imbriani che accusò De Sanctis di avergli
ostacolato un successo amoroso.
Nel 1859, partecipò come volontario alla seconda guerra di indipendenza, purtroppo
interrotta dalla pace tra Francia e Austria. L'anno successivo, si recò a Berlino per
continuare i suoi studi in letteratura e filosofia, approfondendo la sua conoscenza del
pensiero di Hegel, che influenzò profondamente le sue idee politiche. Abbracciò un
assolutismo monarchico, creando un contrasto radicale con la corrente liberale e
progressista a cui era stato avvicinato dalla sua formazione. Per lui, l'individuo doveva
sacrificarsi completamente per lo Stato: "L'individuo, secondo me, non esiste, non
deve esistere che per e nello Stato", scriveva, manifestando una posizione
estremamente conservatrice e monarchica.
La sua carriera prese una piega più complessa e tormentata con l’impegno
giornalistico che lo vide protagonista sin dal 1864. Nel 1864, partì come volontario
garibaldino per la terza guerra di indipendenza e partecipò alla battaglia di Bezzecca,
dove fu catturato e imprigionato in Croazia. Durante questo periodo, conobbe Eleonora
Bertini, moglie del nobile Luigi Rosnati, e intrecciò con lei una lunga e complicata
relazione, dalla quale nacquero due figlie, per le quali Imbriani svolse anche il ruolo di
precettore.
Dopo una breve prigionia, tornò a Napoli dove si diffuse la falsa notizia della sua
morte. Nonostante il dolore per le perdite familiari, come quella del figlio Paolo Emilio,
morto prematuramente nel 1881, Imbriani continuò a lavorare e a produrre riflessioni
politiche, letterarie e linguistiche fino alla fine della sua vita. Il suo lavoro di studio
sulla letteratura popolare, che comprendeva fiabe, canti e novelle provenienti dalle
tradizioni orali italiane, divenne uno degli aspetti più distintivi della sua produzione.
Opere come La Novellaja Fiorentina (1871), Canti Popolari delle Provincie Meridionali
(1871-72) e I XII Conti Pomiglianesi (1877) segnarono il suo impegno nel cercare di
integrare le voci popolari nel canone letterario nazionale.
Imbriani si distinse anche per il suo impegno nella conservazione e valorizzazione della
lingua italiana, contro le tendenze puriste che cercavano di "toscaneggiare" la lingua.
Il suo approccio alla lingua era inclusivo, cercando di valorizzare i dialetti regionali
come componenti vitali della lingua nazionale. L’intento di Imbriani era quello di dare
alla lingua un respiro nazionale, capace di esprimere la varietà dei bisogni e delle
culture italiane.
Morì a Napoli nel 1886, senza riuscire a tenere le lezioni universitarie per le quali era
stato finalmente nominato. La sua figura resta complessa: un intellettuale isolato, un
monarca reazionario in un periodo di fermento e cambiamento, e un fervente
difensore della lingua e della cultura popolare.
L’Accademia degli Incogniti: un riflesso della Venezia Barocca
Nel Seicento veneziano, l'Accademia degli Incogniti rappresentò uno degli spazi più
dinamici e liberi per la riflessione letteraria. Fondata nel 1630 da Giovan Francesco
Loredano, l'Accademia divenne un luogo di incontro per intellettuali di ogni
orientamento, impegnati in dibattiti su letteratura, filosofia, e arte. A Venezia,
Loredano e i suoi seguaci cercarono di promuovere una cultura più libera e innovativa,
contrastando le rigide normative della Controriforma.
Tra i membri più noti dell'Accademia c’era Giambattista Marino, la cui influenza si
estese in tutta la cultura letteraria del periodo, anche se l'Accademia non si limitò a
seguirne il modello barocco. Vi si trovavano anche voci anticonformiste, come quelle di
Ferrante Pallavicino e Girolamo Brusoni, che difendevano una visione più libertina e
indipendente, sfidando le convenzioni religiose e politiche dell'epoca.