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IL DUCATO
Il castello visconteo – sforzesco Il Castello Sforzesco ha origini che
risalgono alla dinastia dei Visconti.
I primi interventi iniziarono tra il
1368 e il 1370, quando fu
rafforzata la Porta Giovia con la
costruzione di un accampamento
militare all'interno delle mura della
città.
Dal 1392, il progetto si ampliò con la costruzione di una cittadella oltre la cerchia dei Navigli, creando un complesso quadrato in
muratura, rinforzato da torri agli angoli e attraversato da un ponte sul corso d'acqua.
Le fondamenta della cittadella includevano magazzini e gallerie, mentre i piani superiori ospitavano gli ambienti della famiglia Visconti.
Nel lato nord-ovest fu realizzato un ampio giardino. Tra il 1428 e il 1431, furono aggiunte nuove strutture difensive, inclusa la
"Ghirlanda", un sistema di fossati, gallerie e torri. Tra il 1447 e il 1449, il Castello subì pesanti saccheggi, ma dopo il 1450, Francesco
Sforza avviò una nuova fase di ricostruzione e modernizzazione, coinvolgendo l'architetto Antonio Averulino, detto "Il Filarete", per
ridisegnare la facciata principale.
Il progetto di Filarete includeva tre nuove torri: due circolari alle estremità e una rettangolare centrale. Le torri circolari erano rivestite in
bugne di serizzo a punta di diamante, mentre la torre centrale, molto alta e visibile da lontano, crollò nel 1512. Entro il 1499, si
completarono le corti della "Rocchetta" e "Ducale", caratterizzate da spazi monumentali con colonne, archi a tutto sesto e decorazioni
artistiche. Sotto la direzione di Benedetto Ferrini, furono realizzati appartamenti per la famiglia ducale, con sale e saloni dotati di ampie
finestre decorate in terracotta e coperture a volte.
Nei secoli successivi, il Castello fu aggiornato dal punto di vista difensivo con una cinta di bastioni stellari, demolita alla fine del XVIII
secolo, e divenne una caserma con una piazza d'armi. Tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XX secolo, il Castello perse il suo uso
militare. Grazie all'opera di restauro di Luca Beltrami, il Castello è stato trasformato in un centro culturale, artistico ed espositivo,
riproponendo le proporzioni, le strutture e gli elementi decorativi del periodo Sforzesco.
L'ospedale maggiore L'Ospedale Maggiore, noto anche come "Cà Granda", fu
concepito tra il 1451 e il 1456 grazie a un'idea innovativa di
Francesco Sforza, con l'obiettivo di centralizzare le funzioni
di ricovero, cura e assistenza. Il progetto fu sostenuto dal
vescovo e approvato da papa Pio II. L'ospedale fu costruito
su un'area strategica donata da Bianca Maria Visconti, moglie
del duca, vicino alla cerchia dei Navigli. Il progetto fu affidato
ad Antonio Averulino, detto "Il Filarete", che creò
un'architettura unica, influenzata da idee provenienti da
Firenze, Siena, Roma, Pavia e Mantova. Filarete progettò una
struttura composta da tre parti: una centrale con una chiesa
e due cortili, e due laterali per la cura degli uomini e delle
donne, con corsie incrociate a 90° per i malati. Ogni nucleo
laterale comprendeva quattro cortili quadrati porticati.
La costruzione dell'intero complesso fu elevata rispetto alla città, con un livello inferiore destinato a botteghe e magazzini. Il lato
dell'edificio affacciato sul Naviglio permetteva l'uso dell'acqua per l'igiene dell'ospedale. La costruzione, avviata nel 1459, impiegava
principalmente "pietra cotta" per vari elementi architettonici e adottava diverse geometrie costruttive, tra cui archi a sesto acuto, archi a
tutto sesto e archi ribassati.
Nel 1465, Filarete lasciò Milano e il progetto fu portato avanti da vari tecnici, tra cui la famiglia Solari e Giovanni Antonio Amadeo. Dal
1491, Amadeo iniziò la costruzione del primo lato porticato della corte centrale, cambiando i materiali e la decorazione scultorea delle
arcate. Nei secoli successivi, l'ospedale subì vari adattamenti e ampliamenti, con nuovi edifici per servizi collettivi aggiunti nei cortili della
crociera.
Nel 1625, Francesco Maria Ricchino rielaborò lo spazio centrale, allargando la corte e spostando la chiesa centrale, integrando elementi
decorativi moderni. Dal 1671 iniziò la costruzione della crociera sinistra, e dopo il 1791 furono edificati i corpi perimetrali. Durante la
Seconda Guerra Mondiale, l'edificio subì gravi danni a causa dei bombardamenti.
Dal 1948, studi storici, restauri e nuove costruzioni hanno trasformato l'Ospedale Maggiore nella sede dell'Università Statale di Milano,
grazie al lavoro di ricostruzione di figure come Ambrogio Annoni, Liliana Grassi, Amerigo Belloni e Piero Portaluppi.
Il tributino del Duomo
La costruzione del tiburio del Duomo di Milano rappresentò una sfida ingegneristica e architettonica che durò oltre un secolo, richiedendo
l'impegno e la consulenza di numerosi tecnici e architetti. Nel 1390 si decise di ingrandire i quattro pilastri della campata centrale per
sostenere il peso della struttura. Dopo il 1450, questi pilastri furono collegati da archi a sesto acuto in marmo di Candoglia, ulteriormente
rinforzati da potenti catene metalliche.
Il progetto prevedeva la costruzione di quattro pennacchi in muratura e di un’imposta ottagonale, entrambi rivestiti in marmo. La struttura
del tiburio doveva includere un intradosso a volta con otto spicchi, un estradosso prismatico con grandi finestre, strutture radiali di
collegamento e una copertura in pietra. Guiniforte Solari fu incaricato di affrontare i problemi legati all'enorme peso previsto per la
struttura. Egli propose di costruire quattro nuovi archi a tutto sesto in serizzo, posti sopra quelli acuti e nascosti per non deturpare le
parti già realizzate. Questa soluzione, tuttavia, portò a delle rotture strutturali e suscitò molte proteste, aprendo una fase di crisi.
Dopo dieci anni di intenso dibattito, si decise di mantenere ciò che era stato costruito, portando alla conclusione della volta entro il
1500. La realizzazione del tiburio del Duomo di Milano rappresenta un esempio significativo di come le sfide ingegneristiche e
architettoniche dell'epoca fossero affrontate con soluzioni innovative e spesso controverse.
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie Santa Maria delle Grazie, chiesa di un convento di padri
Domenicani, fu fondata dopo il 1463 e terminata entro il 1487.
Il progetto è attribuito a Guiniforte Solari, responsabile anche
della costruzione della chiesa di San Pietro in Gessate, edificio
simile e di poco precedente. La chiesa è costruita interamente
in muratura e presenta una pianta a tre navate con cappelle
laterali, un transetto e una cappella maggiore. La pianta della
chiesa è stata disegnata grazie all'integrazione di due maglie
geometriche: una generale, basata su moduli quadrati di 10
braccia milanesi, e l'altra, usata per le sole navate, basata su
rettangoli ottenuti da combinazioni di triangoli pitagorici.
Questa organizzazione razionale e moderna permise ai padri
Domenicani di disporre di un'aula adatta alla predicazione e di cappelle personalizzabili nella decorazione grazie al patronato di
personalità della corte ducale.
In elevazione, la chiesa e le cappelle sono coperte da una serie di volte a crociera archiacute impostate alla stessa altezza, risultando in
un solido sistema a scalare con la navata centrale più alta delle laterali. Dopo il 1492, terminata la costruzione della chiesa, si demolirono
il coro e la parte presbiteriale. Questo intervento è attribuito alla volontà del duca Ludovico Sforza, che desiderava aggiungere uno
spazio più dignitoso per il proprio sepolcro e quello dei suoi collaboratori. Ispirandosi alla Certosa di Pavia, il progetto prevedeva di
coronare l'aula longitudinale con un mausoleo caratterizzato da tre absidi e un coro per i religiosi.
Il nuovo spazio, la tribuna, fu costruito velocemente e l'interno era a uno stato avanzato già nel 1497, mentre i lavori all'esterno
continuarono nel primo '500. La concezione del volume cubico interno, disegnato con ordini classici, è attribuita a Donato Bramante,
ingegnere ducale. Le misure e le proporzioni, in pianta e in sezione, furono vincolate da quelle dell'aula solariana, ma l'intervento di
Bramante conferì un carattere di monumentalità inedito per Milano. La tribuna fu disegnata a pianta quadrata, con grandi nicchie laterali
aperte da arconi trionfali retti da pilastri. In alto, tramite quattro pennacchi, fu inserita un'imposta circolare per costruire un tamburo e
quindi una cupola emisferica con lanterna (diametro circa 18 metri, altezza totale 43 metri).
Il sistema di copertura centralizzato fu compreso in un grande tiburio a 16 lati alleggerito da una doppia galleria di arcate, forse ispirato
al modello di San Lorenzo. Tra i riferimenti architettonici assunti da Bramante si possono indicare la Cappella Portinari e Santa Maria
presso San Satiro a Milano, la Sacrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze e la chiesa di San Bernardino a Urbino.
I chiostri di Sant’Ambrogio
Alla fine del XV secolo, il monastero benedettino di Sant'Ambrogio era in crisi. Nel 1497, il cardinale Ascanio Sforza avviò una riforma,
scegliendo i Cisterciensi per l'istituzione religiosa e Donato Bramante per l'architettura. Nonostante la costruzione fosse iniziata
rapidamente, si arrestò nel 1499 quando Bramante partì per Roma, lasciando solo un modello e disegni. La prosecuzione dei lavori fu
lenta, con una fase decisiva a metà del XVI secolo e campagne regolari a partire dal 1563. Entro il 1630, il complesso fu quasi
completato, basato sulla geometria di due enormi chiostri quadrati, simmetricamente disposti rispetto alla biblioteca e al refettorio. Al
piano terreno vi erano ampi ambienti collettivi, mentre al livello superiore si trovavano le celle per i monaci. Alla fine del XVIII secolo, il
monastero divenne una caserma e dagli anni '30 del XX secolo è sede dell'Università Cattolica.
La chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore
La chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, costruita nei primi anni del XVI secolo all'interno di un monastero benedettino
femminile, è un esempio di "chiesa doppia" progettata per rispettare le regole della clausura. L'edificio ha una struttura longitudinale con
un tramezzo, un muro che separa gli spazi per la preghiera delle monache da quelli per il culto pubblico. Originariamente, il tramezzo
aveva un'apertura che permetteva alle monache di vedere l'altare senza essere viste dai fedeli, grazie anche a pavimenti a quote diverse:
le monache si trovavano in basso, protette da un coro ligneo, mentre i laici usavano l'aula rialzata, accessibile tramite una scalinata.
La costruzione dell'edificio sembra essere avvenuta in una campagna di lavori omogenea, forse conclusasi entro il 1510. La chiesa è
coperta da una volta a botte con dieci l