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Il contesto economico-sociale
Alla fine dell'XI secolo:
- Cambia il paesaggio agrario (le terre sono ormai disboscate, dissodate e riconquistate alla cultura);
- Aumenta la popolazione;
- Cambia la coscienza collettiva (si ha fiducia);
- Si ha una diffusa circolazione;
- Si ripopolano le città;
- Gli scambi diventano a largo raggio;
- Riprende campo l'intermediazione della moneta.
Le città si collocano sugli snodi delle grandi strade e sono realtà dalla vocazione aperta, che traggono vita dagli apporti di uomini e di beni provenienti dall'esterno. Inoltre, fa la sua comparsa il mercante professionale (soggetto nuovo che fa della mercatura la professione della propria vita, della città la sua sede e di un panorama ormai europeo il territorio necessario ai suoi traffici; è il nuovo protagonista medievale).
Il contesto culturale
La scuola appare sempre più spesso al centro delle città, accanto alla chiesa cattedrale (la...
cultura inizia acircolare). Quel vuoto culturale dell'alto medioevo, quindi, si va colmando (come dimostrato anche dallafioritura di grosse personalità, delle università e di scuole che sono culle di dibattiti e fucine di una culturache ripugna il soffocamento del particolare e che aspira all'universale).PARTE II: L'APPARTATEZZA DEL LEGISLATORE
L'ASSENZA DEL LEGISLATORE
Nonostante le differenze tra Alto e Basso Medioevo, l'esperienza giuridica resta una (unitarie restano le sue fondazioni, unitario il modo di vivere e di concepire il diritto). Se il vuoto culturale è colmato, incolmatorimane invece il vuoto politico (anche il Basso Medioevo si caratterizza per l'assenza di quel soggetto pubblico che ritiene di potersi e doversi occupare di tutto quanto avviene a livello del sociale, e quindi di produrre il diritto). Il principe medievale continua ad essere il giudice supremo della comunità, con la dote suprema e irrinunciabile
.dell’equità (Giovanni di Salisbury lo ritrae come “imago aequitatis”=immagine dell’equità e identifica la legge come “aequitatis interpres”=interprete dell’equità; Tommaso d’Aquino lo ritrae invece come “custos iusti”=custode di ciò che è giusto); ha il dovere di leggere la natura (=grande realtà in cui stanno scritti i canoni del giusto), non per ricavarne norme generali autoritarie, ma per estrapolarne unicamente la misura della vera giustizia. Il principe medievale, dunque, NON è un legislatore, anche se si limita a produrre norme per disciplinare il ristretto campo connesso all’esercizio del pubblico potere. Adesso:
- Continua l’impero delle consuetudini;
- Nascono gli Statuti, espressione dell’autonomia dei Comuni (=regolamenti il più delle volte disorganiche che danno attenzione ai minimi problemi urbanistici);
- Federico II di Svevia fa redigere, nel 1231,
- Nell'area germanica continua a prevalere la consuetudine;
- Francia, Spagna e Portogallo si avviano verso la costruzione dello stato moderno.
- Eccelle un monarca, Filippo Augusto;
- L'attività legislativa è sporadica e limitata;
- Domina la consuetudine;
- Il re è soprattutto "custode delle consuetudini" (Beaumonoir);
- La 1° grande Ordonnance (=norma generale regia) è emanata da Luigi IX nel 1254 con l'obiettivo di riaffermare il valore delle consuetudini locali di fronte agli abusi degli amministratori.
Una tecnica giuridica rigorosa e raffinata che il fattuale universo consuetudinario non è in grado di fornire. Si ha bisogno di ordine, di unità, di sistematizzazione. 2 sono le fonti giuridiche idonee a conseguire questo scopo: la legge (il principe, però, si rifiuta di tradurre i fatti della natura in regole) e la scienza (in particolare giuridica).
PARTE IV: IL RUOLO DELLA SCIENZA GIURIDICA: UNIVERSALISMO E PARTICOLARISMO
L'INEFFICACIA DELLA CONSUETUDINE
Spesso si parla di Medioevo sapienziale: è la scienza giuridica ad avere un ruolo primario (disegna quel diritto di cui il momento storico ha urgente necessità). Le motivazioni sono molte:
- La scienza giuridica (in assenza di un potere politico compiuto) è la sola fonte che può raccogliere, organizzare, unificare, un enorme materiale fattuale sparso;
- Le sue categorie teoriche e i suoi principi sono elastici;
- Nell'armonizzare, non sopprime le diversità, ma le utilizza.
per:
- Solitudine: il coro di scienziati non opera all'interno di un potere politico compiuto (che avrebbe conferito loro autorevolezza); l'autorevolezza di questi maestri è unicamente riposta nel loro prestigio spirituale ed intellettuale (=giuristi che nutrivano le convinzioni naturalistiche e fattualistiche e che guardavano attentamente la realtà a loro contemporanea);
- Effettività: sta in quanto sopra affermato;
- Validità: manca, però, un supporto di validità, un modello superiore, generale ed autorevole.
IL DIRITTO ROMANO COME MODELLO DI VALIDITÀ
Durante il 1° Medioevo, il diritto romano si era "volgarizzato": il suo scrigno più prezioso (i 50 libri del Digesto) restano ignorati perché incomprensibili e inidonei (agli agricoltori e pastori non serviva la scienza giuridica) per tutti i secoli proto-medievali. Nel 1076, però, si ha (in una carta giudiziaria proveniente dalla Toscana)
Un primo riferimento al Digesto: si torna ad usarlo e ad adoperarlo con consapevolezza. Riaffiora così un patrimonio che sembrava perduto per sempre: è il "diritto romano" consolidato dall'imperatore Giustiniano nella prima metà del VI secolo d.C. nel Corpus Iuris Civilis, composto dalle Institutiones, dal Digesto, dal Codex e dalle Novellae (monumento giuridico dotato di grandissima autorevolezza agli occhi medievali). È enorme per 2 motivi: per la sua vetustà (appartiene al mondo antico e lo riassume; l'antichità non può non essere venerata) e perché il legislatore è Giustiniano (non è solo un imperatore romano, ma anche un imperatore cattolicissimo, custode della ortodossia e protettore della Chiesa). Il diritto romano serviva come supporto di validità per la scienza giuridica (ne avrebbe garantito l'autorevolezza e l'osservanza generale).
LEGGE ROMANA VS REALTÀ
MEDIEVALE
Il messaggio contenuto nel Corpus, però, esprimeva una società e un ambiente storico profondamente diversi (capitava spesso che la richiesta della vita quotidiana medievale non trovasse rispondenza nei sacri testi o la trovasse non confacente). Quale fu la soluzione? Fu che gli interpreti medievali non si allontanarono mai formalmente dalla legge romana, ma solo sostanzialmente (era necessario per costruire il nuovo ordine giuridico) -> il Corpus fu quindi interpretato alla luce delle nuovissime esigenze medievali (per questo saranno accusati di “tradimento” dagli Umanisti). L’interpretatio medievale fu più intermediazione fra legge antica e fatti nuovissimi che spiegazione o esegesi degli stessi.
I GLOSSATORI E I COMMENTATORI
La tradizione ha chiamato “glossatori” la prima grande scuola originatasi a Bologna fra l’XI e il XII secolo e ha chiamato “commentatori” la più matura scuola che, nel ‘300 e
nel 400, è una fioritura italiana ed europea. Sia che si parli di "glosse" che di "commenti", questi maestri si proposero come interpreti del Corpus (la loro interpretazione fu però anche creativa di quel nuovo diritto meglio identificato come "ius commune"). LO IUS COMMUNE Il "ius commune" è: - Un diritto prodotto dei giuristi, da coloro che sanno di diritto, dai giudici, dai notai, dagli avvocati, ma soprattutto dagli scienziati e dai maestri (che insegnavano nelle università di tutta Europa); - Un diritto che nasceva dal dialogo complesso che si instaurava contemporaneamente con i fatti di vita presenti e con le regole romane fissate nei testi antichi. Il grado di creatività e di fantasia sul tema economicamente e socialmente più rilevante fu quello della proprietà: malgrado che le fonti romane parlassero chiaro dell'unicità del dominium, gli interpreti medievali arrivarono aPer costruire 2 proprietà sulla stessa cosa, è necessario elevare le situazioni di effettività sul bene al rango di una proprietà.