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Caterina e la sua relazione con il marchese Giacomo Ricci
Caterina aderì alla linea interpretativa del tempo e alle posizioni della Crusca, evidenziando una adesione assoluta incondizionata alla fede cattolica che l'avrebbe accompagnata per tutta la sua esistenza.
A Macerata Caterina visse una relazione sentimentale travolgente con il marchese Giacomo Ricci, che conobbe a casa di suo padre il dottor Franceschi, frequentata da liberali della città. La loro relazione venne osteggiata dalla famiglia Ricci che dispose l'allontanamento di Giacomo a Roma.
Da questa passione giovanile rimane testimonianza in un carteggio di 18 lettere redatte da Caterina (mancano le lettere del Marchese). Le missive disegnano l'evoluzione di una passione che si mostra incurante delle convenzioni sociali e irriverente delle norme ecclesiastiche; emerge nelle lettere un'atmosfera romantica, data dalla descrizione di un sentimento assolutizzante, dal contrasto reale/ideale e dal titanismo dell'io scrivente; inoltre si può...
riconoscere l'influsso della concezione ottocentesca dell'amour-passion. In questo documento epistolare giovanile della Franceschi si riconosce una cifra di femminilità che poi verrà meno nei successivi testi pedagogici. Le lettere di Caterina delineano un rapporto idealizzato in cui l'io raggiunge la pienezza dell'espressione di sé nella fusione con l'altro e quindi nell'unione armonica di due esseri complementari; ciò sembra in linea con l'interpretazione di Lea Melandri, secondo cui esiste un rapporto tra l'immaginario poetico e la memoria delle origini e infatti secondo la Melandri è proprio la nostalgia del luogo d'origine a differenziare l'universo simbolico degli uomini e delle donne. L'uomo, nascendo, crede di abbandonare una pienezza ideale e può rinnovare il modello della felicità, stabilendo con il sesso opposto un rapporto di dominio che gli garantisce la.disponibilità del luogo perduto. La donna invece vive il sogno di una ricomposizione con l'altro da sé nel sentimento d'amore. Sul finire della relazione tormentata con Giacomo Ricci, Caterina conosce Michele Ferrucci, un erudita di origine romagnola che si trovava nelle Marche per ricoprire un incarico di docenza essi presenta alla classicista Caterina alla ricerca di un'insegnante di greco. Prende avvio una frequentazione, inizialmente legata solo a motivazioni di studio, ma che, partendo dalla reciproca stima, si approfondirà gradualmente fino ad arrivare alla confidenza e al trasporto. La Franceschi idealizza il suo rapporto con Ferrucci, considerandolo come un'unione serena e un'intesa spirituale, basata sul mutuo affetto e sulla condivisione dell'attività intellettuale. Dopo circa tre anni, Caterina accetta la proposta di matrimonio, rivolta tramite la mediazione epistolare di Francesco Cassi. Dalle missive emerge una Caterina
intraprendente che conduce in prima personala trattativa matrimoniale e sancisce condizioni per lei imprescindibili, come quella di proseguire i suoi studi; Caterina fa in modo quindi che Ferrucci sia messo a conoscenza del suo desiderio di voler coniugare la vita coniugale con l'attività intellettuale. Ribadisce la sua volontà anche nella prima missiva a Michele, sollecitando una nuova conferma alla sua richiesta e confessando l'ambizione di volersi volgere agli studi di filosofia morale. La Franceschi pospone e affida al padre la discussione in merito all'aspetto economico della trattativa, ma insiste sull'argomento che le sta davvero a cuore, ovvero ottenere l'assicurazione del tempo per dedicarsi ai suoi studi, esigendo dal fidanzato anche l'approvazione del settore in cui intende applicarsi. Questo tipo di accordo presenta tratti peculiari rispetto ai contratti matrimoniali del tempo. Caterina fu confortata nella sua scelta.dell'attività del futuro marito, dedito alla ricerca e in grado di comprendere l'esigenza spirituale della fidanzata. Caterina infatti, nonostante le necessità economiche imposte dall'appartenenza ad una condizione non nobiliare, aveva già rifiutato diverse proposte matrimoniali. Inoltre la decisione di accettare la proposta fu anche condizionata favorevolmente dalla prospettiva di abbandonare una città come Macerata e trasferirsi a Bologna, vivace centro culturale. Nel Risorgimento si era affermata la tendenza da parte di alcune scrittrici di farsi portavoce di un modello alternativo rispetto al femminile stigmatizzato sui ruoli di moglie fedele e madre virtuosa. La scrittura veniva vista come mezzo per un riscatto esistenziale anche da poetesse come Giannina Milli, Concettina Ramondetta, Matilde Joannini - sorelle di penna intessono dei sodalizi in cui si scambiano i testi prodotti e sostengono il reciproco impegno intellettuale. Dall'unioneTra i due coniugi nasceranno due figli, Rosa e Antonio, e durante la suavita la cura della famiglia si concilierà con la gestione della sua attività professionale. Le vicende familiari dei Ferrucci si intrecceranno strettamente con gli avvenimenti della politica del paese.
Nel 1830, l'accendersi della rivoluzione di luglio in Francia risvegliò in tutta Europa le speranze indipendentiste e nella penisola le legazioni pontificie furono percorse da moti insurrezionali del '31. Intorno a questi moti nacque una vasta attività pubblicistica e i coniugi Ferrucci appartengono a quel gruppo di intellettuali che sostennero con i loro scritti la causa ideale dei rivoltosi. Le donne esercitarono un ruolo di primo piano, poiché oltre ai classici compiti femminili di soccorso materiale come la raccolta fondi per i volontari e il cucire bandiere, contribuirono in prima persona al formarsi di un'opinione pubblica, spesso esprimendo le loro idee nei salotti.
Caterina, per l'occasione, scrisse "I polacchi in Siberia", che rispecchiava nel destino del popolo oppresso la sorte degli italiani. La partecipazione al movimento insurrezionale segnò in modo irreversibile il destino della famiglia Ferrucci; infatti, al restaurarsi del potere pontificio, Michele vede sfumare la successione alla cattedra a cui era designato e decide di trasferirsi con la famiglia a Ginevra dove ottiene l'insegnamento di Eloquenza Latina presso l'Accademia della città, mentre Caterina terrà un libero corso sulla letteratura italiana presso l'università, le cui conferenze saranno pubblicate più tardi nel volume "I primi quattro secoli della letteratura italiana". Nel 1843 termina l'esilio e Michele ottiene la cattedra di archeologia e storia presso l'università di Pisa e al riaccendersi dei moti rivoluzionari nel 1848 i Ferrucci partecipano con fervore a quella che sarà la prima.guerra d'indipendenza. Michele e il figlio Antonio si arruolano come volontari mentre Caterina è il vero prototipo della propagandista militante e le sue poesie commentano puntualmente le vicende di quei mesi. Le sue canzoni patriottiche prendono la forma di un appello alle mogli e madri della nazione, come nel poema "Le donne italiane agli italiani redenti". Collabora anche al periodico la donna italiana che si muoveva sul doppio versante politico e letterario. Scriverà anche un epistolario contenente le missive rivolte ai propri familiari arruolati, in cui elabora l'immagine di una donna guerriera a cui solo la custodia della figlia rosa impedisce di prendere parte attiva ai combattimenti. Rilevante nella sua vita è l'incontro con l'opera di Vincenzo Gioberti, "Il primato morale e civile degli italiani", a cui Caterina si appassionò a tal punto che aderì al neoguelfismo formulando un'integrazione che lo declinasse al.Femminile e assegnasse un ruolo centrale alle donne > infatti spetta proprio alle mogli e alle madri plasmare nuovi italiani e guidare il riscatto nazionale. Negli anni successivi si impegnò nella scrittura di testi con cui si proponeva di preparare le donne alla missione, curando la loro formazione intellettuale e morale. Il suo Giobertismo al femminile rappresenta una forte religiosità che si esprime nella fedeltà ad un cattolicesimo tradizionale e ad un patriottismo che si fonde con l'aspirazione al progetto politico di un'unità nazionale, Dio e l'Italia. Inoltre ha permesso la divulgazione della filosofia giobertiana a categorie come le donne e i più giovani, che altrimenti ne sarebbero state escluse.
Nel 1850 viene proposta a Caterina la direzione dell'istituto femminile delle Peschiere a Genova e Caterina, oltre a dirigere l'istituto, ne stese anche il Regolamento e scrisse un volume destinato alle allieve della scuola.
Letture morali ad uso delle fanciulle. Caterina riuscì a conciliare l'attività professionale e la speciale attenzione alla formazione culturale con la cura familiare e domestica, trascorrendo alcuni periodi a Genova e altri in Toscana con i figli. Fu l'esempio di una donna che nell'ottocento si realizza in ambito professionale dando vita a una carriera lunga ed eclettica, senza che la sua vivacità intellettuale abbia sottratto del tempo al suo ruolo di moglie e madre e mostrando capacità nel gestire in autonomia il proprio lavoro e la propria immagine professionale, a prescindere dalla mediazione del marito di cui comunque assume il cognome > in questo modo sembra realizzare il paradigma femminile suggerito dai manuali cattolici di comportamento dell'epoca. Il suo caso era eccentrico persino tra le donne dei ceti medio alti del tempo; ad esempio la contessina Paolina Leopardi, figlia di Monaldo e appassionata lettrice, condusse la suaEsistenza senza mai spostarsi da Recanati, all'ombra della severa figura paterna e priva di qualsiasi autonomia decisionale e riuscì a divulgare i suoi lavori solo grazie al genitore che era in contatto con i maggiori intellettuali del tempo.
L'unificazione italiana sancisce l'esclusione delle donne dagli organismi rappresentativi, si assiste quindi ad una parabola involutiva in cui le patriote rientrarono nei ruoli di sorelle, mogli e madri, stabiliti per loro. Il salotto, che aveva costituito lo strumento della socializzazione e dell'educazione femminile, tornò ad essere soprattutto un luogo di ritrovo mondano e di svago.
Viene meno quindi la condizione di privilegio che aveva permesso ad un gruppo di donne dei ceti colti di assumere visibilità a livello sociale. Negli anni 70 l'educazione alla maternità ha ormai sostituito quella alla conversazione e le donne finirono per ritagliarsi il ruolo di educare i futuri uomini politici.
Questo ridimensionamento si riflette nell'esistenza e nella riflessione della Franceschi in una singolare contraddizione tra vita e scrittura: in questo periodo le sue opere si collocano in una linea di perfetta continuità con il pensiero pedagogico tradizionale, a