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SUONI VOCALICI

Le vocali sono prodotte mantenendo il flusso d'aria relativamente libero. Esse sono tutte sonore. Per descrivere le

vocali dobbiamo sapere in che modo la lingua influisce per produrle attraverso l'uso del triangolo vocale. Qui

distinguiamo:

- POSIZIONE LINGUA

anteriore = davanti [i, e]

centrale = al centro [a]

posteriore = dietro [o, u]

- ALTEZZA LINGUA

alta = [i,u] (bocca chiusa)

media = [e,o] (bocca semichiusa)

bassa = [a] (bocca aperta)

Nella fonetica dell’italiano troviamo, inoltre, delle caratteristiche e delle particolarità che riguardano alcuni

specifici suoni:

1) troviamo 2 semiconsonanti, la /j/ e la /w/, molto simili, rispettivamente, alla /i/ e alla /u/ durante la

pronuncia. Questi 2 foni possono comparire solo prima o dopo una vocale appartenente alla stessa sillaba,

con la quale formano un dittongo (es. Piano, ieri, arietta, fiocco)

2) le affricate palatali (corrispondenti alla c e alla g dolce) si trovano sempre davanti alle vocali e e i (cielo,

giro)

3) le affricate alveolari, sorda e sonora, sono rese con un unico grafema (z) (es. Pizza – pittsa; mezzo; m€ddso)

4) le tre consonanti in posizione intervocalica, che corrispondono ai grafemi gn, gl e sc vengono sempre

pronunciate come lunghe, e quindi doppie (figlia – fiyya)

5) il suono /z/ graficamente sta per la s e di solito si trova all’inizio di parola prima di una consonante sonora

(sdentato)

6) il grafema /n/ è rappresentato da diversi suoni come “gn” o come “an” (gnomo, anfora) ecc…

7) in particolari sequenze di 2 parole, la pronuncia dell’italiano standard prevede un rafforzamento della

consonanze iniziale della seconda parola. Il fenomeno si chiama raddoppiamento fonosintattico (es. a

firenze – affi’r€ntse)

Altra regola fondamentale della fonetica riguarda la scrittura dell’IPA: tutti i suoni e le parole devono essere

racchiusi tra parentesi, inoltre deve essere messo l’accento sempre prima della sillaba tonica, o accentata (es. cane –

[‘kane]). Una sillaba viene definita come unità prosodica costituita da 2 o più foni agglomerati intorno ad un picco

d’intensità. La sillaba è formata da:

- nucleo = vocale al centro

- attacco = la prima consonante

- coda = consonante finale

Se la sillaba è priva di coda, cioè se la vocale è in posizione finale di sillaba, si dice che è aperta; altrimenti si

definisce chiusa.

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La morfologia studia le forme delle parole e le modificazioni che esse possono assumere all’interno di una frase o

di un periodo. Una grande parte della morfologia è quella flessiva, individuabile dai concetti di genere

(maschile/femminile); numero (singolare/plurale); caso (soggetto/oggetto); modo dei verbi (indicativo/congiuntivo

ecc…); diatesi (frase attiva/frase passiva). E’ detta invece morfologia lessicale quella parte che studia la funzione

delle parole attraverso i meccanismi di derivazione o composizione (es. borsa – borsetta, borsina ecc…).

L’elemento minimo della morfologia è il morfema, definito come la più piccola parte di una lingua dotata di

significato. I morfemi possono essere liberi, quando stanno da soli all’interno di una frase; o legati, quando devono

unirsi ad un’altra unità (es. case – 2 morfemi CAS significato E desinenza nome femminile plurale). La morfologia

comprende anche lo studio di diverse categorie di parole. Tra esse troviamo:

- Nome = Le caratteristiche si individuano attraverso il genere (maschile/femminile) e il numero

(singolare/plurale). In genere la desinenza –i indica un nome plurale; mentre la –a indica un nome

femminile

- Aggettivo = Anche in questo caso troviamo genere e numero, ma troviamo anche il grado (comparativi,

superlativi ecc…) es. (più bello – bellissimo). Molti superlativi hanno un origine latina, come si dimostra

dai vari prefissi (arci, ultra, extra) e da alcune parole di comparazione (migliore, peggiore). Alcuni aggettivi,

inoltre, possono essere alterati da particolari suffissi (ino, etto, accio)

- Articolo = Gli articoli, che si dividono in determinativi e indeterminativi, a seconda se individuano o meno

l’oggetto (il, un) hanno la funzione di individuare o evidenziare i nomi che li seguono (un mare bellissimo,

il mar Tirreno). Anch’essi si presentano ben distinti nelle forme maschili/femminili e singolari/plurali

- Pronome = I pronomi hanno il compito di sostituire il nome: anch’essi sono flessi, ma alcuni sono meno

usati di altri (egli/ella/essi). Si preferiscono infatti le forme lui, lei, loro, usati non solo per indicare persone,

ma anche animali o cose. Alcuni di questi pronomi inoltre vengono usati a secondo del rapporto tra le

persone, che può essere confidenziale (tu) oppure formale (lei). Nell’italiano contemporaneo un’ altra

caratteristica dei pronomi è l’uso molto abbondante dei pronomi clitici (mi, ci, si) all’interno delle frasi e dei

discorsi. Si tende inoltre ad usare la forma del pronome –gli al posto del –le anche sui nomi femminili. Altri

tipi di pronomi sono i numerali, con una tendenza ad usare i cardinali, scritti inoltre in cifre (2,3 due, tre…).

Tra i dimostrativi le forme questo/quello hanno soppiantato la forma codesto nel parlato quotidiano. Arcaico

è anche l’uso dei pronomi come costei/colei/costoro/coloro.

- Verbo = E’ la parte del discorso che fornisce il maggior numero di informazioni. Delle 3 coniugazioni, la

prima, in

–are, è quella più produttiva ed anche più usata. All’interno del verbo distinguiamo le categorie del tempo

(presente/passato/futuro) e del modo (indicativo/congiuntivo ecc…). Alcuni tempi e modi sono più specifici

e vengono usati in frasi particolari: l’imperfetto ad esempio indica eventi passati durativi (negli anni

Sessanta si ballava il twist); il passato remoto indica un evento definitivamente concluso (Dante nacque nel

1265); il passato prossimo invece riguarda eventi che possono ancora avere effetti sul presente (fin da

piccolo ho abitato in Sicilia). Per quanto riguarda i modi, l’indicativo è quello più usato nel parlato regolare.

L’uso del congiuntivo esprime dubbio o incertezza; il condizionale si basa sul periodo ipotetico;

l’imperativo esprime stati di comando o ordine. Per quanto riguarda l’uso, si nota la tendenza ad usare molto

il futuro anche per il presente (a quest’ora sarà arrivato) e il passato prossimo al posto di quello remoto.

Anche il condizionale si usa molto di meno, e viene sostituito dall’indicativo. Molto usate sono anche le

forme dell’infinito (in particolare per messaggi generici come nei cartelloni stradali o per le indicazioni

(girare a sinistra, prendere il bus) e le perifrasi verbali (stare più gerundio es. sto andando al mare, sto

uscendo…).

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La morfologia lessicale studia quei meccanismi per i quali da parole esistenti si formano parole nuove. Le parole

esistenti vengono dette basi. Nell’italiano i principali meccanismi di formazione di parole nuove si hanno con:

- Conversione = parola che cambia categoria grammaticale (sapere – il sapere)

- Prefissazione = aggiunta di prefissi ( capace – incapace) DERIVAZIONE LATINA –ex –super –ante -post

- Suffissazione = aggiunta di suffissi (lavoro – lavoratore) NOMI –aio –ista –zione – mento AGG –oso –ico

AVV - mente

- Riduzione = parola che viene ridotta (pagina – pag.); tra queste parole possiamo includere anche le sigle

oppure gli acronimi (Rai – Figc)

- Composizione = quando si accostano 2 parole tra loro o più; ne troviamo di tantissimi tipi:

Nome + Nome (cassapanca); Aggettivo + Nome (Gentiluomo); Doppio Aggettivo (Giallorosso) ecc…Verbo

+ Nome (lavastoviglie)

Si definiscono polirematiche quelle unità lessicali formate da più parole che semanticamente, però,

costituiscono un unico lessema (conferenza stampa, camera da letto)

Tutti questi meccanismi possiedono delle particolarità:

- Cancellazione di vocale o consonante = Difficile + Mente = Difficilmente

- Palatalizzazione della consonante finale = Mago – Magia

- Assimilazione consonantica = Possibile – Impossibile

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La sintassi esamina la funzione e il valore delle parole all’interno delle frasi. La frase è un espressione linguistica di

significato compiuto. Il nucleo della frase è costituito dal verbo, e dagli elementi che sono direttamente legati ad

esso. Da ciò nasce il termine valenza (relativo anche alla chimica) che rappresenta il numero di elementi necessari

ad un verbo per poter formare una frase. Troviamo infatti:

- Verbi avalenti = 0 elementi (piove)

- Verbi monovalenti = 1 elementi (Gianni mangia)

- Verbi bivalenti = 2 elementi (Gianni ama Paola)

- Verbi trivalenti = 3 elementi (Gianni ha detto che Paola è ricca)

Prospettive più moderne di studio analizzano la frase a partire dal sintagma, definito come l’unità più piccola dal

punto di vista sintattico: esso può essere formato da uno o più elementi ed è di diversi tipi (nominale, aggettivale

ecc…)

Nell’italiano, la sequenza più frequente di frase è quella in cui il soggetto precede il verbo, e quella SVO (Soggetto

– Verbo – Oggetto). L’elemento di apertura della frase è detto tema (o topic) e costituisce “il noto”; si dice invece

rema l’elemento che ci dice qualcosa sul tema e che costituisce “il nuovo” (es. Luigi (tema) sta cantando (rema) . In

ogni caso, l’italiano richiede per poter formare una frase corretta l’accordo tra soggetto e verbo (“loro cantano” non

“loro canta”). In diverse frasi dell’italiano possiamo trovare fenomeni particolari:

- Dislocazione a sinistra = quando l’elemento centrale della frase è a sinistra (a me nessuno ha detto niente)

- Dislocazione a destra = quando l’elemento centrale della frase è a destra (non ci vado da mesi, al cinema)

- Frase scissa o pseudo-scissa = quando il tema spesso viene isolato o evidenziato (Luigi che studia il russo)

- Frase presentativa = riferito alle presentazioni, si ha quando il verbo essere è preceduto dal “ci” (c’è un

signore che sta bussando alla porta)

- Frase interrogativa = sono quelle frasi in cui si chiedono informazioni o quando non si sa rispondere, esse

presentano una serie di proprietà: intanto bisogna distinguere tra interrogative totali (con risposta secca, si o

no) dalle disgiuntive, che offrono un’ alternativa (andiamo a mare o in montagna?); di recente inoltre sono

cresciuti alcuni fenomeni all’interno di queste frasi come l’uso di “cosa” al posto di “che cosa” e le

frequenti dislocazioni (a te lo

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Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ahmed89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Mazzone Marco.