Porte e Archi di trionfo
Un’altra struttura che si appropriano degli archi sono le porte: mezzo di accesso o uscita dai
centri urbani. Le porte urbiche sono oggetti definiti, strutture complesse costruite con diversi
materiali che sono costituite da rivestimenti che servono a celebrare Roma.
Porta maggiore, Roma: Porta urbica ancora oggi, cioè punto di
intersezione tra le mura Aureliane che cingevano Roma alla fine
del III sec. d.C. per motivi di sicurezza, e due strade: la strada
Prenestina e la strada Labicana. In realtà questo oggetto è stato
inglobato a posteriori nella cinta delle mura. La cinta delle mura
ha raggiunto la porta preesistente, costruita in età Claudia, ma
poi anche Vespasiano e Tito, I sec. d.C., per sorreggere due
acquedotti che correvano superiormente, sostenuti da altre
opere, canali Giulio e Claudio che correvano parallelamente l’uno
sopra all’altro. Siamo dunque davanti ad un importante snodo
dove si siglava un passaggio tra l’esterno e l’interno della città.
Siamo di fronte ad una porta urbica, un monumento civile con un
risvolto di tipo politico, rappresentava la città, la cittadinanza,
parla di una soglia di un processo di
civilizzazione che separava i cittadini con gli abitanti del contado. Rispetto all’esterno della
città, l’architettura ha la funzione di rappresentare dunque lo stato di auto rappresentare colui
che è anche il committente. È formato da due archi, fornici, accostati, tre piloni che sono
scavati da degli archi minori che sono definiti e resi monumentali dalla raffigurazione di
edicole, ovvero, finte architetture definite da colonne, trabeazione e timpano, quindi
un'architettura che evoca un architettura sacra, che hanno la funzione dal punto di vista della
venustas interpretata in chiave simbolica, per gli aspetti di ambito utilitaristico dovevano
esserci dei militari, chi controllava e riscuoteva i dazi, dunque un luogo di filtro, di passaggio.
Per la cultura romana questi luoghi erano estremamente importanti ed avevano un significato
politico civile ma anche sacro.
Porta di Treviri : manufatto tardo, quando la situazione politica portava con sé la necessità di
costruire strutture d’accesso delicate e complesse. Li si trova la porta nigra, doppia fornice
con accostate due torri unite ai livelli di
camminamenti di ronda. Vediamo più volte ripetute delle aperture
arcuate alle quali sono addossati gli elementi degli ordini che si
susseguono dall'alto verso il basso. Sistema applicato anche nella
costruzione delle porte urbiche. La porta Nigra era integrata ad un
doppio sistema di fortificazioni e messo in collegamento alla città da
una strada porticata. Le porte urbiche quando l’impero entra in crisi
diventano sistemi complessi e dalla funzione sacra e civile si innesta
anche quella militare. La loro architettura anche in termini estetici
doveva adattarsi a questa complessità d’uso.
L’arco di trionfo è un'altra tipologia edilizia che usa la struttura dell’arco, monumento che
doveva ricordare un personaggio che si era distinto in campo militare o politico o
successivamente un imperatore. Gli archi onorari restano come documenti della cultura antica
per un periodo di tempo indeterminato. L’arco onorario è un monumento che ha lo stesso
significato di una lapide costruito per celebrare la figura di un gerarca, di un generale, del
principe o di un imperatore. Poteva essere commissionato dal senato o dalla famiglia. Costruiti
con il destinatario in vita o a posteriori come strumenti di divinizzazione dei personaggi.
Oggetti, dunque, che hanno una profonda connotazione sacra e celebrativa. Ma perché
venivano scelti gli archi per onorare personaggi celebri?
Gli archi rappresentano una sigla, monumento pubblico che viene pagato dal senato e che
viene donato in nome di un personaggio importante alla comunità. Quando un condottiero
dopo una battaglia tornava a Roma vincitore, se voleva rientrare in città doveva rispettare
delle condizioni. La cerimonia del trionfo si svolgeva allorquando gli eserciti con i loro
condottieri tornavano in città ma non potevano rientrare immediatamente in quanto erano
sporchi di sangue e dei morti necessari per ottenere la vittoria in battaglia. Si dovevano quindi
purificare e venivano lasciati al campo Marzio (probabilmente dietro c'è anche una questione
di carattere igienico-sanitaria, si potevano contrarre malattie stando in posti “esotici” per
l’Impero Romano). Quindi, una volta scontato questo periodo di isolamento, dovevano
chiedere al Senato il permesso di rientrare in città e questo permesso veniva concesso solo ad
alcune condizioni: il condottiero doveva aver vinto una battaglia di tipo militare e non di tipo
civile, doveva avere ucciso in una sola battaglia almeno 5000 uomini, doveva recare con sé
una serie di prigionieri e il bottino. Una volta che il Senato gli aveva concesso il permesso di
rientrare si poteva celebrare la cerimonia del trionfo che si svolgeva dal campo Marzio
attraverso il Circo Massimo e per la via sacra fino al Campidoglio, laddove il condottiero
doveva andare a onorare gli dèi che gli avevano permesso la vittoria in battaglia. Lungo
questa processione, che veniva organizzata con una coreografia molto precisa, con
determinate vesti, balli, canti, posteggi e tutta una liturgia che veniva canonizzata. La
processione, con il condottiero in testa, doveva passare sotto l'arco di trionfo che era l'oggetto
architettonico che gli permetteva di passare da quella condizione di impurità ad una
condizione di civiltà. Il simbolo dell’arco ha questa grandissima potenza: la sua forma rimane
invariata ma cambia il suo significato, c'è qualcosa che resta costante. Questa architettura,
dunque, vede costanti degli elementi e altri varianti: sono rintracciabili almeno 34/35 tipologie
di archi onorari e trionfali diversi. Variano in funzione di che cosa si vede, il numero di archi
1/3 ma anche due e delle relazioni che si stabiliscono.
L’opus quadratum (opera quadrata) era il modo in cui venivano costruiti questi archi, il modo
di operare all’interno di un cantiere e questo andava progettato dall’architetto del tempo. Un
altro modo di costruire era l’opus cementicium: un modo di costruire di tecnica mista che
prevede l’uso di materiali diversi. C’era una amalgama costituita da malta e scarti che
venivano amalgamati tra di loro e costituivano l’anima della muratura ed era formata da:
Paramento interno ed esterno: stampi di terracotta, mai a vista, sempre rivestiti di
intonaci, depositati in strati diversi che servivano ad isolare i paramenti in muratura
dagli agenti atmosferici. Potevano essere fatti da più strati: potevano esserci mosaici,
pitture, rivestiti da lastre di pietra che simulavano l’opus quadratum.
Riempimento: costituito da cemento (malta + inerti)
I vantaggi di queste architetture sono che si utilizzavano materiali locali, ed erano oggetti facilmente
trasportabili.
Arco di Augusto: arco onorario diventato una struttura di limite tra interno
ed esterno. Arco ad un solo fornice, rivestimento in pietra d’Istria, molto
usata nel bacino dell’Adriatico, che serve a disegnare l’arco con un
elemento costituito da più fasce diverse, e superiormente retto dalle
colonne una trabeazione nel quale erano inserite delle lettere di bronzo
che ricordavano il nome del dedicatario ma anche fregi scultorei e più
sopra un timpano corredato da cornici. In corrispondenza della chiave
dell’arco nell'architrave è posizionata la testa di un
leone, divinità solare utilizzata per le porte. Due tondi spesso inseriti con delle raffigurazioni
che richiamano o l’immagine di una divinità o il ritratto del protagonista a cui è dedicato
l’onore dell’arco.
Arco di Tito, Roma: tra i pochi sopravvissuti a Roma.
Costruito da Domiziano, 81 d.C. e narra delle guerre
e del trionfo del condottiero. Abbiamo un solo
fornice, un arco, due pile laterali con un basamento
altissimo sul quale si fonda la composizione che
invece spicca da un livello superiore. Questo tipo di
architetture non necessitano semplicemente di
decorazioni ma degli ordini, delle colonne con la
trabeazione perché rimandano alla tradizione, ci si
appropria della cultura greca, inoltre la colonna è
simbolo e emblema di proporzione, riescono a
rendere proporzionato oggetti che
hanno misure diverse e quindi danno quel senso di bellezza vitruviana, di
simmetria e armonia. La composizione che si accosta all’arco è realizzata
tramite l’inserimento di ordine, colonne addossate al rivestimento della
muratura, colonne di ordine composito. Le colonne poste sugli spigoli vanno a
reggere una trabeazione che è armonica rispetto all’utilizzo dell’ordine
dichiarato dal capitello e della colonna, sopra la trabeazione, articolata in
architrave, fregio e cornice, si trova l’attico: elemento rettangolare con una
misura variabile che permetteva di essere il basamento di una serie di statue
in bronzo e permetteva di recare l’iscrizione dedicata al senato.
Arco a Tiberio, Orange, Provenza : I sec. d.C., tre fornici, due
archi minori e un arco maggiore. Le colonne sono tutte
identiche, con lo stesso ordine, hanno una trabeazione che
mette in evidenza la parte centrale che vede un frontone con
timpano e sopra c’è un attico molto complesso che si
scompone si anella dimensione orizzontale che verticale.
L’arco genera una volta a botte, con un intradosso decorato.
Arco di Settimio Severo, Roma: struttura con 3 archi, uno
centrale più ampio e quelli laterali più piccoli e 4 pile.
Rispetto alla superficie dell’arco, che è decorata, vengono
giustapposte delle colonne non più integrate da degli
elementi di marmo ma libere, cioè rette da basamenti,
elementi autonomi, la trabeazione sporge in aventi e si lega
con quella che corre lungo tutto il prospetto. Le colonne
principali sono 4, stabiliscono il disegno principale: ci sono
degli elementi principali, le colonne e non l’arco, che sono
libere e che reggono l’attico con la grande iscrizione.
Anche l’arco con il suo archivolto e la chiave dell’arco, struttura scultore
vegetale o con
sembianze umane, mette in relazione l’architrave della trabeazione, ciò che
regge la struttura principale, a una subordinata che è legata a quella principale
ma ha una sua autonomia. Se guardo il piano d’imposta di questa subordinata
vedo una modanatura che attraverso un'altra chiave dell’arco mette in
relazione gli archi minori con l’arco maggiore. Le chiavi raccontano questa
articolazione, è questo il tipo di bellezza, della venustas, che si cerca. I diver
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