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Estratto del documento

Ottenendo un sistema di m equazioni in m incognite, risolto il quale troviamo gli m valori del vettore priorità

x P otteniamo le priorità delle alternative rispetto

dei criteri P. Infine eseguendo il prodotto matriciale W = Λ m

all’obiettivo.

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Capitolo 4.

Per architettura di prodotto si intende la disposizione schematica dei suoi elementi funzionali in blocchi fisici.

Per elementi funzionali intendiamo le singole operazioni e trasformazioni che contribuiscono al funzionamento

generale di un prodotto. Queste derivano dunque da ciò che un prodotto è destinato a svolgere. L’architettura

di prodotto è dunque una vera e propria mappatura dei singoli componenti fisici in relazione alle funzioni che

andranno a svolgere. La prima cosa da fare è dunque stabilire le relazioni che intercorrono tra blocchi fisici e

funzioni da svolgere. A seconda di queste distinguiamo due tipologie di architettura: modulare e integrale. La

prima prevede una relazione 1:1 tra blocchi e funzioni (o al massimo 1:pochi); la seconda prevede relazioni

molti:molti. Nella prima tipologia i diversi blocchi sono collegati da interfacce disaccoppiate, nella seconda da

interfacce accoppiate . Queste possono essere fisiche e non, e talvolta per alcune di esse è necessario definire

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delle specifiche che talvolta sono soggette a normative standard internazionali, talvolta sono scelte

dall’azienda (ad esempio per un interfaccia che collega il pianale ed il box superiore di un carrello bisogna

definire le dimensioni di contatto, lo sforzo massimo da sostenere, etc.). Vi sono 3 tipi di architettura modulare:

1. Slot. Ogni interfaccia nel prodotto è di tipo diverso dalle altre, cosicché i componenti

del prodotto non possono scambiarsi tra di loro.

2. Bus. Vi è un elemento al quale sono connessi tutti i componenti mediante una uguale

interfaccia.

3. Sectional. Le interfacce sono dello stesso tipo e non c’è un singolo elemento al quale

si attaccano gli altri. L’assemblaggio si ottiene connettendo i componenti mediante

un’identica interfaccia (come i Lego).

La maggior parte dei prodotti utilizza una combinazione tra le 2 tipologie di architettura.

La modularità è una strategia per organizzare prodotti complessi in maniera efficiente

attraverso blocchi che funzionano in maniera autonoma ma che globalmente partecipano

ad un unico insieme. Se si progetta con questa filosofia si può ottenere una vasta gamma di prodotti finali

cambiando solo alcune caratteristiche ed i componenti comuni possono essere prodotti utilizzando vaste

economie di scala; inoltre si possono più facilmente apportare miglioramenti poiché intervenendo sui singoli

moduli non si altera il funzionamento degli altri, si possono ridurre i tempi ed è più facile gestire processi di

tipo ATO (assembly to order), ossia quei processi produttivi per prodotti che vengono assemblati solo nel

momento in cui vengono ordinati. Se i componenti di un prodotto possono essere prodotti solo a lotti a causa

dei tempi di set‐up, o se ogni componente richiede investimenti in attrezzature, allora la progettazione

integrale si dimostra molto più costosa nel fornire varietà di prodotto. Un’alta varietà di prodotti offerti

richiederebbe una elevata combinazione di costi di magazzino, di set‐up e di attrezzature. Un altro vantaggio

dell’architettura è la facilità di standardizzazione. Essa consiste nell’utilizzo dello stesso componente in più

prodotti ed è strettamente legata alla varietà di prodotto. Questa è interna se è scelta dall’azienda, esterna se

imposta da norme, consuetudini o da grandi fornitori. Quando le interfacce sono disaccoppiate, può essere

creata una interfaccia standard. Un componente standardizzato è in genere meno costoso di uno disegnato e

costruito per l’occasione. Componenti di un prodotto ad architettura integrale possono essere potenzialmente

utilizzabili in altri contenenti la stessa combinazione di elementi funzionali implementati da quei componenti,

ma tuttavia ciò non è facile, né tanto meno frequente. Per contro, con un’architettura modulare, rispetto ad

una integrale, si ottengono prodotti con minore qualità estetica e con peso e dimensioni maggiori, dato che

tutti i componenti (o quasi) implementano una sola funzione. A volte una architettura integrale può anche dar

luogo a prestazioni migliori: ad esempio nello sviluppare un modello di moto la BMW progettò un sistema di

trasmissione che oltre a convertire la potenza svolgeva anche la funzione di supporto strutturale; in questo

modo il telaio della moto, essendo aiutato, poté essere dimensionato per reggere un peso minore, cioè fu creato

con dimensioni ridotte. In questo modo la moto risultò più leggera e quindi più veloce. La maggior parte dei

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1 Un’interfaccia accoppiata prevede che, se cambia una caratteristica di uno dei blocchi, deve cambiarne anche una

dell’altro, e dunque si stabilisce una relazione d’interdipendenza tra i blocchi collegati; viceversa se disaccoppiata.

prodotti utilizza una combinazione tra le due tipologie di architettura; l’architettura della maggior parte di

essi infatti può al più dirsi in prevalenza modulare o in prevalenza integrale.

La definizione dell’architettura di un prodotto può svolgersi attraverso poche semplici fasi: creare uno schema

del prodotto individuando le funzioni che deve svolgere, raggruppare gli elementi dello schema, creare una

configurazione geometrica (layout) e identificare le interazioni fondamentali e secondarie. Nella prima fase, gli

elementi che sono stati ridotti a concetti fisici sono i fondamenti su cui si basa il concetto del prodotto, mentre

quelli che non vengono specificati in tali termini sono spesso funzioni ausiliarie. Creato lo schema, bisogna

assegnare ogni elemento ad un blocco funzionale (chunk), e successivamente eseguire, ove possibile, un

accorpamento. Alcuni criteri da seguire per l’accorpamento sono la condivisione di funzioni, similitudini nella

tecnologia di produzione, localizzazione delle modifiche. Inoltre si dovrebbe tener conto della

standardizzazione. Poi è utile creare uno schema in due o tre dimensioni del prodotto, poiché da questo

possono intuirsi relazioni geometriche tra le interfacce. Il gruppo dovrebbe infine identificare le interazioni fra

i blocchi durante la fase di progetto a livello di sistema.

Quando si progetta l’architettura di un prodotto si possono talvolta utilizzare componenti già presenti su

prodotti già in commercio. Il carry over rappresenta appunto la percentuale di componenti utilizzata in prodotti

già esistenti. I vantaggi del carry over sono: minimizzazione dell’investimento, economie di scala e maggiore

affidabilità. Lo sviluppo di componenti specifici e innovativi rappresenta la tendenza opposta al carry over.

Naturalmente il vantaggio è quello di ottenere margini di miglioramento in termini di prestazioni, ma si ha

maggiore incertezza. Nella definizione dell’architettura bisogna tener conto dell’influenza sulla supply chain.

Talvolta, per assicurare flessibilità e velocità di risposta alle fluttuazioni della domanda, può essere utile

progettare a livello di sistema in modo da consentire una differenziazione ritardata del prodotto

(postponement). Per esempio l’HP formulò una stampante adattabile per sei aree geografiche di diverso

voltaggio, differenziando il blocco relativo all’alimentazione solo dopo il trasporto. In tal modo ottenne

riduzioni di costo significative in termini di scorte di magazzino e fu pronta a rispondere ai cambiamenti della

domanda.

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Capitolo 5.

Un’organizzazione aziendale si forma stabilendo collegamenti tra individui quali rapporti gerarchici (reporting

relationship) tra supervisori e subordinati, rapporti di dipendenza finanziaria tra organizzazioni che

appartengono alla stessa entità finanziaria (budget, dichiarazioni di profitto), e rapporti di condivisione dello

stesso luogo di lavoro, cioè dei veri e propri collegamenti fisici. All’interno di una azienda i lavoratori vengono

solitamente suddivisi secondo una tra le seguenti forme organizzative:

1. Per funzioni. I lavoratori vengono assegnati alle varie aree di responsabilità

considerando l’esperienza specifica di ciascuno. Gerarchicamente parlando,

ogni lavoratore di tipo A sarà a contatto con altri dello stesso tipo, e farà

riferimento ad un supervisore di tipo A, che deciderà ai fini della sua carriera.

In questo modo vengono esaltate le capacità del singolo, e ogni lavoratore ha

la possibilità di tenersi costantemente aggiornato sul proprio ambito

lavorativo. Un’organizzazione di questo tipo, però, può implicare un ritmo di

lavoro più lento per la mancanza di un diretto collegamento tra le diverse

competenze. Il singolo sarà coinvolto in progetti differenti.

2. Per progetto. I lavoratori vengono assegnati con riferimento ai progetti

a cui contribuiscono. Così facendo, si ha la massima efficienza di

allocazione delle risorse, ma non si permette al singolo lavoratore di

coltivare al meglio le proprie competenze. Ogni lavoratore di tipo A

può qui trovarsi a contatto con altri di tipo B, C, e così via, e il suo

supervisore sarà di una delle tipologie presenti all’interno del gruppo

di progetto.

3. A matrice. Questo sistema è un ibrido tra i due criteri sopracitati,

e ogni lavoratore farà riferimento a due supervisori. Nasce

dunque una tendenza a far prevalere l’uno o l’altro criterio: a tal

fine distinguiamo tra organizzazioni a matrice pesanti per

progetto (heavyweight project organization) e leggere per progetto

(lightweight project organization), in base al supervisore

principale che gestisce budget e carriere dei subordinati e ne

valuta le prestazioni. In entrambi i casi il punto debole è che si

hanno due coordinatori, mentre il punto forte è che si

presentano insieme i benefici di entrambe le forme

organizzative.

Per scegliere quale sia la più appropriata bisogna tener conto di

quanto siano importanti per l’azienda fattori come il livello di

specializzazione, l’integrazione tra le diverse competenze, la

velocità.

Il grado di novità di un prodotto viene solitamente stabilito considerando

quanto questo lo sia per l’impresa e per il mercato. Affinché un prodotto

possa dirsi nuovo in assoluto deve esserlo per entrambi, e in quanto tale da

esso scaturiscono nuovi mercati. Se un prodotto rappresenta una novità solo

per l’azienda, allora si parla di nuova linea di prodotto (ad esempio un’azienda

che produce solamente automobili entra nel mercato degli autocarri). Se

invece un prodotto rappresenta una novit

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A.A. 2015-2016
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SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/15 Disegno e metodi dell'ingegneria industriale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher RiccardoScimeca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ingegnerizzazione e sviluppo prodotto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Di Lorenzo Rosanna.