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Viene descritto come Ismeno sia in grado di far risorgere i morti.
“Mormoranti carmi”: sono le formule della negromanzia, che sono “mormoranti”, non
c’è la chiarezza del linguaggio profetico ed esplicito di Pietro l’eremita.
Ismeno è in grado di evocare persino i demoni dall’inferno.
Lucifero viene detto Plutone: è il dio degli inferi nella mitologia classica; si ha il grande
modello dantesco
in cui il linguaggio e l’onomastica pagana si deposita sui demoni. Inoltre, persino
nell’opera di Sannazaro (“De partu virginis”) si utilizza la terminologia del mondo
pagano.
Nel pensiero cristiano, gli Dei pagani sono in realtà l’aspetto assunto dal demoniaco
quando gli uomini, in epoca pre-cristiana, non sono ancora in grado di identificare la
dimensione demonica.
Alla fine dell’ottava viene detto come Ismeno impieghi come servi i demoni.
Ottava 2: “Questi or Macone adora, e fu cristiano,
ma i primi riti anco lasciar non pote;
anzi sovente in uso empio e profano
confonde le due leggi a sé mal note,
ed or da le spelonche, ove lontano
dal vulgo essercitar suol l’arti ignote,
vien nel publico rischio al suo signore:
a re malvagio consiglier peggiore.”
Ismeno è un musulmano convertito.
Nella tradizione ottomana, sono moltissimi gli ex cristiani convertiti, semplicemente
perché il mondo ottomano concedeva un ascensore sociale che nel mondo cristiano
non c’era.
Il Pirata Barbarossa era in realtà un cristiano; De Andrè ha dedicato una canzone a una
figura del mondo musulmano, che in realtà era un genovese convertito.
Nel mondo cristiano tutto questo viene visto come un aggravio di colpa ed è una sorta
di traccia negativa ancora maggiore: ossessione per il tradimento, per le quinte
colonne, ecc.
Questo aspetto, ossia il fatto che nella prospettiva cristiana sia un rinnegato, ha delle
implicazioni, perché (ed è detto esplicitamente in questa ottava 2) Ismeno confonde i
due riti (quello cristiano e quello islamico), e lo si nota al verso 2 e al verso 4.
La legge cristiana e quella islamica sono poco conosciute a Ismeno, che le mescola: è
il tema della mescolanza, visto fin dalla prima ottava come elemento negativo nella
concezione tassiana.
Inoltre, vuole anche che ci sia l’idea della contrapposizione alla chiarezza della visione
di Pietro l’eremita.
Ismeno inoltre opera “da le spelonche” (verso 5): è il polo negativo di Pietro, è una
sorta di ribaltamento negativo dell’asceta cristiano.
Il mago Ismeno si presenta al re Aldino con una proposta operativa contro l’assedio
che ormai si prospetta.
Il re Aladino, che già progetta di infierire contro i cristiani di Gerusalemme, in realtà si
trattiene per calcolo politico, per evitare di aggravare la situazione.
Il mago Ismeno si presenta con una proposta che è stregonesca.
Ottava 3: “Signor, dicea, senza tardar se ‘n viene
Il vincitor essercito temuto,
ma facciam noi ciò che a noi far conviene:
darà il Ciel, darà il mondo a i forti aiuto.
Ben tu di re, di duce hai tutte piene
Le parti, e lunge hai visto e proveduto.
S’empie in tal guisa ogn’altro i propri uffici,
tomba fia questa terra a’ tuoi nemici.”
Ottava 4: “Io, quanto a me, ne vegno, e del periglio
E de l’opre compagno, ad aiutarte:
ciò che può dar di vecchia età consiglio,
tutto prometto, e ciò che magica arte.
Gli angeli che dal Cielo ebbero essiglio
Costringerò de le fatiche a parte.
Ma dond’io voglia incominciar gl’incanti
E con quai modi, or narrerotti avanti.”
Ai versi 5-6 si ritrova l’idea di usare gli angeli scacciati dal cielo (diavoli) come propri
strumenti.
Dall’ottava 5 si ha la proposta.
Ottava 5: “Nel tempio de’ cristiani occulto giace
Un sotterraneo altare, e quivi è il volto
Di Colei che sua diva e madre face
Quel vulgo del suo Dio nato e sepolto.
Dinanzi al simulacro accesa face
Continua splende; egli è in un velo avolto.
Pendono intorno in lungo ordine i voti
Che vi portano i creduli devoti.”
La proposta è quella di rubare un’icona della vergine, conservata in una cripta di una
chiesa cristiana, incantarla (stregoneria), e grazie a ciò, questa icona garantirà che le
mura di Gerusalemme non possano cadere.
L’icona verrà poi collocata in un minareto in modo da renderla irraggiungibile.
Ottava 6: “Or questa effigie lor, di là rapita,
voglio che tu di propria man trasporte
e la riponga entro la tua meschita:
io poscia incanto adoprerò sì forte
ch’ognor, mentre ella qui fia custodita,
sarà fatal custodia a queste porte;
tra mura inespugnabili il tuo impero
securo fia per novo alto mistero.”
Ottava 7: “Sì disse, e ‘l persuase; e impaziente
Il re se ‘n corse a la magion di Dio,
e sforzò i sacerdoti, e irriverente
il casto simulacro indi rapio;
e portollo a quel tempio onde sovente
s’irrita il Cielo co ‘l folle culto e rio.
Nel profan loco e su la sacra imago
Susurrò poi le sue bestemmie il mago.”
Si ritrovano dei termini molto importanti.
“Casto simulacro”: è l’icona.
“Folle culto e rio”: indica la moschea in cui viene portata l’icona.
“Bestemmie”: incantesimi sussultati dal mago sull’icona mariana.
L’icona nella notte sparisce dal minareto.
Ottava 8: “Ma come apparse in ciel l’alba novella,
quel cui l’immondo tempio in guardia è dato
non rivide l’imagine dov’ella
fu posta, e in van cerconne in altro lato.
Tosto n’avisa il re, ch’a la novella
Di lui si mostra feramente irato,
ed imagina ben ch’alcun fedele
abbia fatto quel furto, e che se ‘l cele .”
Ottava 9: “O fu di man fedele opra furtiva,
o pur il Ciel qui sua potenza adopra,
che di Colei ch’è sua regina e diva
sdegna che loco vil l’imagin copra:
ch’incerta fama è ancor se ciò s’ascriva
ad arte umana od a mirabil opra;
ben è pietà che, la pietade e ‘l zelo
uman cedendo, autor se ‘n creda il Cielo .”
Non abbiamo la spiegazione di che cosa accada veramente e infatti il narratore lascia
in dubbio su quale sia stata la sorte dell’icona: o è stata rubata da un cristiano oppure
il cielo l’ha spostata in modo da renderla
inutilizzabile al nemico (versi 1-2) in un’operazione stregonesca.
Nei versi 5-6 si trova il termine “mirabil” che riprende il concetto del “meraviglioso
cristiano”.
Nel dittico finale il narratore propende per il cielo: non propende razionalmente, ma
semplicemente da un punto di vista della devozione cristiana. La pietà cristiana vuole
che sia stata opera divina, proprio perché la pietà cristiana e lo zelo devono cedere di
fronte al divino; ma è un’argomentazione agiografica e non razionale. Ma in realtà, il
narratore lascia incerto su quale sia la spiegazione.
È un aspetto fondamentale perché nell’epica dovremmo avere un narratore
onnisciente che conosce i meccanismi nella storia, mentre spesso questo narratore si
presenterà come un narratore all’oscuro di fronte agli accadimenti, ai sentimenti e ai
pensieri umani.
Il re Aladino si infuria e assume una matrice di nuovo Erode.
Ottava 10: “Il re ne fa con importuna inchiesta
Ricercar ogni chiesa, ogni magione,
ed a chi gli nasconde o manifesta
il furto o il reo, gran pene e premi impone.
Il mago di spiarne anco non resta
Con tutte l’arti il ver; ma non s’appone,
ché il Cielo, opra sua fosse o fosse altrui,
celolla ad onta de gl’incanti a lui.”
Ottava 11: “Ma poi che ‘l re crudel vide occultarse
Quel che peccato de’ fedeli ei pensa,
tutto in lor d’odio infellonissi, ed arse
d’ira e di rabbia immoderata immensa.
Ogni rispetto oblia, vuol vendicarse,
segua che pote, e sfogar l’alma accensa.
Morrà, dicea, non andrà l’ira a voto,
ne la strage comune il ladro ignoto .”
Ai versi 7-8, Aladino ordina l’esecuzione di tutti i cristiani della città.
Ottava 12: “Pur che ‘l reo non si salvi, il giusto pera
E l’innocente; ma qual giusto io dico?
È colpevol ciascun, né in loro schiera
Uom fu giamai del nostro nome amico.
S’anima v’è nel novo error sincera,
basti a novella pena un fallo antico.
Su su, fedeli miei, su via prendete
Le fiamme e ‘l ferro, ardete ed uccidete.”
Ottava 13: “Così parla a le turbe, e se n’intese
La fama tra’ fedeli immantinente,
ch’attoniti restar, sì gli sorprese
il timor de la morte omai presente;
e non è chi la fuga o le difese,
lo scusar o ‘l pregare ardisca o tente.
Ma le timide genti e irrisolute
Donde meno speraro ebber salute.”
Prosegue il discorso di Aladino.
Da un certo punto di vista narrativo stiamo vedendo la costruzione dell’antagonista
più cattivo possibile, lo stiamo caricando degli elementi più negativi. Ma dobbiamo
anche considerare la cultura religiosa in cui questo testo si inscrive, quindi la
riattualizzazione di un episodio biblico-evangelico: la coloritura della nuova storia con
elementi della storia sacra (riattualizzazione di una storia sacra).
Interviene poi una figura fondamentale, che è quella di Sofronia: Vergine bellissima
che a questo punto si immola autodenunciandosi, benché innocente, assumendo su di
sé l’ira di Aladino.
Sofronia è follemente, e infelicemente, amata da Olindo, il quale a sua volta si
presenta al re Aladino assumendo su di sé la responsabilità di furto. Vengono
condannati entrambi a morte.
Qui c’è una lunga memoria, cioè Tasso costruisce questo episodio attingendo a fonti e
modelli differenti:
Memoria dello scambio tra Oreste e Pilade: mitologia classica. Sono due
personaggi fondamentali del ciclo Tebano; Oreste è il figlio di Agamennone che
vendica la morte del padre uccidendo la madre (Clitennestra) e l’amante della
madre. Oreste viene catturato e processato. L’amico fraterno Pilade si presenta
al tribunale sostenendo di essere Oreste, mentre Oreste resta saldo nella
dichiarazione di essere lui Oreste. È un episodio molto famoso nella cultura
tragica. Richiamare la tragedia solleva lo stile, anche se vengono condannati a
morte. In realtà non verranno bruciati vivi, come vole