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Ottava 30: “se ben raccolgo le discordie e l’onte
Quasi a prova da voi fatte e patite,
i ritrosi pareri, e le non pronte
e in mezzo a l’esseguire opre impedite,
reco ad un’altra originaria fonte
la cagion d’ogni indugio e d’ogni lite,
a quella autorità che, in molti e vari
d’opinion quasi librata, è pari.”
Pietro afferma qui che la colpa del ritardo è dovuta al fatto che l’autorità è equilibrata
tra molti.
Qui c’è la dimensione politica.
Ottava 31: “Ove un sol non impera, onde i giudici
Pendano poi de’ premi e de le pene,
onde sian compartite opre ed uffici,
ivi errante il governo esser conviene.
Deh! Fate un corpo sol de’ membri amici,
fate un capo che gli altri indrizzi e frene,
date ad un sol Io scettro e la possanza,
e sostenga il re vece e sembianza.”
Qui sostiene che è inevitabile che il governo sia errante dove non ci sia uno solo che
comanda.
L’aspetto fondamentale è la metafora del corpo: un corpo in cui tutto è un organismo
che risponde ad un unico capo.
Favola di Menenio Agrippa: c’è la secessione dei plebei nella Roma antica che si
chiedono il motivo per cui debbano lavorare a favore dei patrizi; Menenio Agrippa
racconta la favola delle braccia che si sono stancate di lavorare per lo stomaco che
non fa niente e vanno in sciopero. Non danno più cibo allo stomaco, ma anche le
braccia perdono le energie. Quindi la morale è: non è vero che i patrizi non facciano
nulla, semplicemente lo stato è un organismo dove ognuno svolge il proprio ruolo. I
plebei si fanno convincere e ritornano.
È una matrice molto importante, perché quando parliamo di “corpo dello stato”
(metafora molto comune), in realtà facciamo riferimento a questa favola, sulla quale
poi si sono stratificate riflessioni teoriche e politologiche.
È una favola reazionaria perché in realtà serve a sedare ogni conflitto sociale
all’interno dello Stato.
Mentre, ad esempio, Machiavelli dice, al contrario che il conflitto sociale è necessario
alla vitalità dello Stato. Ci possono essere interpretazioni assolutamente diverse
rispetto al tema del conflitto.
Ma la cosa importante è che in questo punto, in questo testo e in questa cultura,
venga recuperata quella favola e quella riflessione politica sulla società come corpo
organico che per tanto deve avere una testa alla quale tutti i membri rispondano.
Così Goffredo si ritrova comandante dei crociati.
La prima cosa che fa è indire una sfilata dell’esercito, e qui abbiamo un secondo
catalogo: un catalogo più tradizionale perché vediamo l’esercito che sfila tutto
insieme, riusciamo a conoscere molti più personaggi, ma approfondiamo ulteriormente
la loro conoscenza.
All’ottava 43 si trova l’indicazione degli olandesi.
Ottava 43: “Seguia la gente poi candida e bionda
Che tra i Franchi e i Germani e ‘l mar si giace,
ove la Mosa ed ove il Reno inonda,
terra di biade e d’animai ferace;
e gl’insulani lor, che d’alta sponda
riparo fansi a l’ocean vorace:
l’ocean che non pur le merci e i legni,
ma intere inghiotte le cittadi e i regni .”
Questo è ben più che un catalogo di nomi, ma è un catalogo con una dimensione
poetica fortissima e che veicola molti degli aspetti più complessi e più profondi della
Gerusalemme Liberata; per esempio vediamo subito questo aspetto della fragilità
dell’umano, l’umano fragile di fronte alla potenza della natura. Non è assolutamente
un’umanità salda e forte (immagine del bambino che riceve vita dall’essere ingannato
con il miele per prendere la medicina).
Al termine della prima crociata verranno costruiti dei Regni crociati (tra cui il Regno di
Gerusalemme), i quali, nel momento in cui Tasso compone e i lettori leggono, non
esistono più. È l’idea della fragilità dell’umano di fronte ai flussi della storia.
Ci limitiamo a vedere i personaggi principali che sfilano di fronte a Goffredo.
Ottava 45: “Viene poi Tancredi, e non è alcun fra tanti
(tranne Rinaldo) o feritor maggiore,
o più bel di maniere e di sembianti,
o più eccelso ed intrepido di core.
S’alcun’ombra di colpa i suoi gran vanti
Rende men chiari, è sol follia d’amore:
nato fra l’arme, amor di breve vista,
che si nutre d’affanni, e forza acquista .”
Tancredi viene proiettato non tanto sul piano epico, quanto su quello lirico, della
cortesia. Infatti Tancredi sarà un personaggio sul quale si addensano le immagini, il
lessico e le dimensioni liriche.
Viene poi l’approfondimento su quell’amore precedentemente accennato.
Si nota il lessico: “ombra”, Tancredi è un personaggio che vive d’ombra e di fantasmi,
un personaggio in un certo senso notturno, si lascia ingannare dalle ombre prodotte
dall’immaginazione (la Gerusalemme Liberata è un poema in cui il tema
dell’immaginazione, come funzione dell’animo umano, è dominante; dimensione
aristotelica).
Aristotele ha dedicato diverse pagine sull’immaginazione: ossia la capacità umana di
assorbire frammenti del reale e poi, attraverso la fantasia, di riproporli in forme
diverse (ad esempio il sogno per Aristotele è la fantasia che di notte va a recuperare
nell’immaginazione i tasselli del reale e li ripropone in forma diversa).
Un altro termine importante è la “colpa”: per Tancredi la colpa è proprio l’amore.
L’amore è assente dell’ottava di protasi, ma in realtà viene recuperata come colpa.
“Follia”: Goffredo, quindi l’anima razionale, dovrà ricondurre l’anima concupiscibile
guidata dalla follia d’amore sotto il suo controllo.
Qui Tasso ci fa vedere con un breve flashback, come sia nato l’amore per Tancredi,
come un colpo di fulmine. Lo proietta all’ottava 46 sul piano del raccontato non della
certezza. “È fama che quel dì che glorioso
Fe’ la rotta de’ Persi il popol franco,
poi che Tancredi al fin vittorioso
i fuggitivi di seguir fu stanco,
cercò di refrigerio e di riposo
a l’arse labbia, al travagliato fianco,
e trasse ove invitollo al rezzo estivo
cinto di verdi seggi un fonte vivo.”
Tancredi come personaggio che agisce entra in scena stanco, nella dimensione
malinconica, di colui che ha la percezione della vacuità delle cose.
Si ritrova in una sorta di locus ameno.
C’è una dimensione di isolamento di Tancredi: si sottrae alla dimensione storica (la
storia è la guerra in questo testo).
Qui gli apparve una fanciulla.
Ottava 47: “Quivi a lui d’improviso una donzella
Tutta, fuor che la fronte, armata apparse:
era pagana, e là venuta anch’ella
per l’istessa cagion di ristorarse.
Egli mirolla, ed ammirò la bella
Sembianza, e d’essa si compiacque, e n’arse.
Oh meraviglia! Amor, ch’a pena è nato,
già grande vola, e già trionfa armato.”
Questo personaggio è Clorinda, ma ancora non sappiamo chi sia quella fanciulla (è un
amore che si compone per addizioni).
La ragazza è armata, ma è senza elmo, elemento fondamentale di Clorinda: elemento
che cela e scopre, che rivela e nasconde l’identità. Clorinda è un personaggio che vive
al confine di molti mondi.
L’idea della donna guerriero non è un’invenzione tassiana, fa parte sempre del
componimento epico: Amazzoni nell’Iliade (Pentesilea regina delle Amazzoni),
nell’Eneide, nel romanzo del Furioso (più di una donna guerriero: Bradamante,
Marfisa).
L’aspetto fondamentale è il modo in cui Tasso decide di descrivere il proprio
personaggio; in primo luogo come decide di raccontare la sua storia. L’altro aspetto
fondamentale è come ne descrive la psicologia: qui già si ritrovano degli indizi. In
primo luogo abbiamo un personaggio che, come Tancredi, esce dalla storia, si trova al
di fuori della battaglia in un luogo isolato (Clorinda è una sorta di prodigium isolato).
Le donne guerriero della tradizione sono delle macchine da guerra, sono donne che
rifiutano in qualsiasi modo l’eros; mentre Clorinda, femminilmente si accorge di essere
ammirata e se ne compiace.
È più moderno e introduce il problema dell’eros e il problema se l’amore sia ricambiato
o no.
Introdurrà poi anche l’aspetto del destino di un amore, le possibilità di incontro.
Tancredi si innamora (verso 7-8) e lei lo attacca.
Ottava 48: “Ella d’elmo coprissi, e se non era
Ch’altri quivi arrivar, ben l’assaliva.
Partì dal vinto suo la donna altera,
ch’è per necessità sol fuggitiva;
ma l’imagine sua bella e guerriera
tale ei serbò nel cor, qual essa è viva;
e sempre ha nel pensiero e l’atto e ‘l loco
in che la vide, esca continua al foco.”
Clorinda non lo attacca perché arrivano altre persone. Il terzo incomodo nella loro
storia continuerà ad apparire nella loro storia.
Anche questo è un aspetto fondamentale: l’impossibilità di comunicazione tra i due
fino alla fine.
Lei assume subito una nuova identità, si allontana e Tancredi, il vincitore dello scontro,
è diventato subito vinto (psicologia complessa).
Per Goffredo si ha la favilla tra le fiamme; qui si ha l’immagine di Clorinda che è
“continua esca al fuoco”. Si gioca su due livelli diversi di fiamme.
Tancredi porta dentro di sé l’ombra di Clorinda. È l’idea del fantasma, dell’ossessione
dell’immagine, come sarà poi per tutta la Liberata.
All’ottava 49 vediamo finalmente sfilare Tancredi:
“E ben nel volto suo la gente accorta
Legger potria: “Questi arde, e fuor di spene”;
così vien sospiroso, e così porta
basse le ciglia e di mestizia piene.
Gli ottocento a cavallo, a cui fa scorta,
lasciar le piaggie di Campagna amene,
pompa maggior de la natura, e i colli
che vagheggia il Tirren fertili e molli.”
Tancredi sfila con gli occhi bassi e le ciglia piene di tristezza: segno di un Tancredi
ombratile che trascineremo con noi.
C’è anche la descrizione delle terre che sono state lasciate da Tancredi e dai suoi
cavalieri: la Costiera Amalfitana.
È un personaggio su cui si sovrappone Tasso stesso (Tasso viene dalla stessa zona).
Segue poi la descrizione dei Greci