Ad esempio:
Se un credito ha un valore nominale di 1.000, ma si stima di poter incassare
• solo 900, in bilancio il credito deve essere riportato a 900.
Se merci acquistate per 1.000 possono essere realizzate solo a 900 in base
• all’andamento del mercato, il loro valore in bilancio sarà 900.
Questo principio si applica anche alle immobilizzazioni materiali e immateriali, il
cui realizzo avviene prevalentemente attraverso l’utilizzo nell’attività produttiva.
I cespiti generano flussi di cassa futuri in combinazione con altri fattori produttivi,
necessari per ottenere ricavi.
Per essere considerati recuperabili, i flussi in entrata devono coprire tutti i flussi in
uscita, inclusi i costi di impianti, macchinari, fabbricati e altri oneri connessi alla
produzione e vendita.
Determinazione del fair value e del valore d’uso
Il fair value si determina innanzitutto sulla base del prezzo stabilito in un accordo
vincolante di vendita; in assenza di accordi vincolanti, si utilizzano quotazioni di
mercato o tecniche valutative conformi allo IFRS 13.
Dal fair value vanno dedotti i costi di vendita, come spese legali, trasporto o tasse,
per ottenere il parametro rilevante ai fini del valore recuperabile.
Il valore d’uso corrisponde al valore attuale dei flussi di cassa futuri generati
dall’utilizzo di un’attività o di una CGU.
La determinazione dei flussi si basa su piani e budget approvati dall’organo
amministrativo, coprendo l’intera vita utile residua dei cespiti.
Poiché i flussi futuri devono essere riportati al momento attuale (VA), si applica
un tasso di attualizzazione (r) che rifletta il valore temporale del denaro e i rischi
specifici non già inclusi nei flussi stessi.
Nella prassi, si utilizza spesso il costo medio ponderato del capitale (WACC), che
considera sia il costo del capitale di debito sia quello del capitale proprio.
Il WACC integra:
Il costo del capitale di debito, calcolato in base alla struttura finanziaria e
• agli oneri legati all’indebitamento;
Il costo del capitale proprio, inteso come costo opportunità, determinato
• sulla base del rendimento atteso dagli investitori, includendo un tasso privo
di rischio, un premio per il rischio e una componente legata alla volatilità
del settore.
IMPAIRMENT TEST
L’impairment test verifica se un’attività o una CGU ha subito una perdita di valore.
Per le attività immateriali a vita utile indefinita, come l’avviamento, il test
• è obbligatorio ogni anno;
Per le altre attività, il test è effettuato solo in presenza di indicatori di
• potenziale perdita di valore, interni o esterni all’impresa.
Gli indicatori esterni includono variazioni di mercato, tecnologia, normative
e tassi di interesse, mentre gli indicatori interni comprendono
obsolescenza, deterioramento fisico, cambiamenti organizzativi e
peggioramento dei risultati economici rispetto alle previsioni.
Di conseguenza, il valore recuperabile è il parametro fondamentale per
l’impairment test.
Durante l’impairment test, si confronta il valore contabile dell’attività – cioè
quanto è registrato in bilancio – con il suo valore recuperabile.
Il valore recuperabile si calcola considerando due elementi:
1. Il fair value al netto dei costi di vendita, ossia il prezzo stimato che si
otterrebbe vendendo l’attività sul mercato, depurato dei costi direttamente
collegati alla vendita, come spese legali, tasse o trasporto;
2. Il valore d’uso, che rappresenta il valore attuale dei flussi di cassa futuri
generati dall’uso dell’attività o della CGU.
Questo valore considera i ricavi attesi, i costi necessari per il funzionamento
dell’attività e la sua vita utile residua.
Il valore recuperabile corrisponde al maggiore tra questi due parametri.
Se questo valore è pari o superiore al valore contabile, l’attività non ha subito
perdite e l’impairment test si conclude senza ulteriori azioni.
Se invece il valore contabile supera il valore recuperabile, si rileva una perdita di
valore, che deve essere registrata come svalutazione dell’attività o della CGU.
Svalutazione dell’avviamento e allocazione ai corporate assets
L’avviamento rappresenta un’attività immateriale che non genera flussi di cassa in
modo autonomo e, per questo motivo, deve essere attribuito a una o più Cash
Generating Unit (CGU), ossia a quei gruppi di attività in grado di produrre flussi di
cassa autonomi.
Allo stesso modo, i cosiddetti corporate assets – ovvero beni che appartengono
all’impresa nel suo complesso, come la sede aziendale o un centro di ricerca –
devono essere allocati tra le CGU che ne beneficiano, seguendo criteri ragionevoli
e coerenti con l’uso effettivo delle risorse.
Quando l’impairment test evidenzia che una CGU ha subito una perdita di valore,
cioè quando il valore contabile complessivo della CGU supera il suo valore
recuperabile, la svalutazione deve essere distribuita tra i singoli elementi della
CGU secondo una logica stabilita dallo IAS 36:
1. Avviamento: la riduzione di valore viene imputata innanzitutto
all’avviamento allocato alla CGU, fino ad azzerarne completamente il valore,
se necessario;
2. Altri cespiti materiali e immateriali: eventuali eccedenze della svalutazione
vengono poi ripartite tra gli altri elementi della CGU – come impianti,
macchinari, attrezzature e brevetti – in proporzione al loro valore contabile.
Questo metodo garantisce che la perdita di valore sia riflessa in modo accurato nei
bilanci, rispettando il principio che la CGU è un concetto gestionale utile per la
valutazione, ma non costituisce un’entità contabile separata. 27/11/2025
Il ripristino di valore
Il ripristino di valore si verifica quando vengono meno le circostanze che avevano
originato una precedente svalutazione di un’attività.
In tali casi, la normativa richiede l’esecuzione di un nuovo impairment test,
necessario per verificare la recuperabilità del valore e accertare se le condizioni
che avevano giustificato la riduzione precedente siano effettivamente venute
meno.
Il confronto si basa, come previsto dallo IAS 36, tra il valore contabile dell’attività
o della CGU e il suo valore recuperabile, definito come il maggiore tra:
1. Fair value al netto dei costi di vendita, determinabile tramite metodologie
di valutazione appropriate;
2. Valore d’uso, calcolato attualizzando i flussi finanziari futuri derivanti
dall’utilizzo continuativo dell’attività o della CGU.
Nei flussi finanziari si considerano sia i ricavi attesi sia i costi operativi necessari
per generare tali ricavi, come acquisto di materiali, costi del personale, servizi,
manutenzioni e utenze. L’attualizzazione richiede la determinazione di un tasso
appropriato, che rifletta il rischio specifico dell’attività e il valore temporale del
denaro.
Se almeno uno dei due parametri (fair value netto dei costi di vendita o valore
d’uso) risulta superiore al valore contabile, l’attività si considera recuperabile e il
test si conclude. In caso contrario, occorre rilevare una perdita di valore.
La rilevazione della perdita è immediata se riguarda una singola attività. La
situazione diventa più complessa quando la perdita riguarda una CGU, composta
da più attività materiali e immateriali, incluso l’eventuale avviamento. In questi
casi, la perdita deve essere allocata seguendo un ordine preciso:
1. Avviamento attribuito alla CGU: viene ridotto fino a concorrenza della
perdita;
2. Altre attività della CGU: eventuale eccedenza della perdita viene distribuita
proporzionalmente in base ai valori contabili delle singole attività.
Negli esercizi successivi, se emergono indicatori di un possibile recupero del
valore, è necessario effettuare un nuovo impairment test.
Se il valore recuperabile risulta superiore al valore contabile, si procede al
ripristino del valore dell’attività precedentemente svalutata, entro i limiti della
svalutazione originaria.
Il ripristino non può mai portare il valore contabile dell’attività a superare quello
che avrebbe avuto in assenza di svalutazione, considerando anche gli
ammortamenti che sarebbero stati imputati se la svalutazione non fosse avvenuta.
Il ripristino può essere:
Totale, quando il nuovo impairment test evidenzia un recupero completo
• della perdita precedente;
Parziale, quando il valore recuperabile migliora ma non sufficiente a
• riassorbire integralmente la svalutazione.
Per le CGU, il ripristino segue un percorso inverso rispetto alla svalutazione: è
possibile ripristinare solo le altre attività della CGU, mai l’avviamento.
Lo IAS 36 vieta espressamente il ripristino dell’avviamento, poiché l’avviamento
generato internamente non può essere iscritto in bilancio e un eventuale recupero
renderebbe indistinguibile l’avviamento derivante da un’acquisizione da quello
generato internamente.
Una volta svalutato, quindi, il valore dell’avviamento è considerato
definitivamente ridotto.
Esempio di impairment test
Facciamo un esempio sulle fasi operative dell’impairment test applicato a un
impianto al 31 dicembre dell’anno n, successivamente alla rilevazione degli
ammortamenti.
L’attività presenta un costo storico pari a 1.000 euro e un fondo ammortamento
di 400 euro, comprensivo della quota dell’esercizio, per cui il valore contabile
netto ammonta a 600 euro.
La vita utile residua del bene è stimata in tre anni.
Per determinare il valore recuperabile, si procede innanzitutto alla valutazione del
fair value dell’impianto, che al 31/12/n risulta pari a 380 euro.
Detratti i costi di vendita stimati in 10 euro, si ottiene un fair value al netto dei
costi di dismissione pari a 370 euro.
Parallelamente, il management ha predisposto una stima dei flussi finanziari
futuri in entrata e in uscita generati dall’utilizzo dell’impianto nei successivi tre
esercizi.
Poiché tali flussi sono già stati attualizzati, il valore d’uso può essere calcolato
come differenza tra il totale dei flussi positivi e il totale dei flussi negativi.
I flussi in entrata, pari complessivamente a 2.400 euro, includono i ricavi attesi,
mentre i flussi in uscita, pari complessivamente a 2.010 euro, comprendono i
costi per materie prime, personale, servizi e altre componenti operative.
Il valore d’uso risultante è quindi pari a 390 euro.
Il valore recuperabile dell’impianto corrisponde al maggiore tra il valore d’uso e il
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