Il diritto d’uso rappresenta la facoltà effettiva di gestire e utilizzare il bene,
ottenendo tutti i benefici economici derivanti dal suo impiego.
Il suo valore è determinato come il valore attuale dei pagamenti contrattuali
previsti lungo la durata del contratto, inclusi eventuali canoni iniziali, canoni
periodici, prezzo di riscatto e costi diretti imputabili al locatario.
Per il calcolo del valore attuale si utilizza il tasso di interesse implicito nel
contratto; se questo non è determinabile, si ricorre al tasso di finanziamento
marginale del locatario, cioè il tasso che il locatario dovrebbe sostenere per
ottenere un finanziamento alle stesse condizioni di acquisto del bene.
I pagamenti dei canoni vengono suddivisi in una quota capitale, che riduce
progressivamente la passività verso il locatore, e una quota interessi, rilevata a
Conto Economico come componente finanziaria.
L’ammortamento del diritto d’uso segue il modello del costo (cost model),
ripartendo il valore dell’attività lungo la durata del contratto o, se previsto, sulla
base della vita utile del bene.
Per specifiche categorie di beni, come gli investimenti immobiliari, è possibile
adottare il fair value secondo lo IAS 40; per immobili, impianti e macchinari si può
applicare il modello di rideterminazione del valore previsto dallo IAS 16.
L’IFRS 16 prevede anche un metodo semplificato per i contratti di leasing a breve
termine (inferiori a 12 mesi) o per i beni di modesto valore, che permette al
locatario di imputare i canoni direttamente a Conto Economico, secondo un
criterio a quote costanti o con altre modalità sistematiche che riflettano il pattern
di utilizzo dei benefici derivanti dal contratto.
Non è fissata una soglia quantitativa per i beni di modesto valore, ma si
considerano fattori qualitativi, come l’autonomia funzionale del bene e la sua
indipendenza da altri beni, con esempi tipici quali tablet, PC, telefoni e piccoli
arredi d’ufficio.
L’esistenza di un’opzione di acquisto esclude automaticamente l’applicazione del
metodo semplificato.
La rilevazione del locatore
La rilevazione contabile per il locatore, secondo l’IFRS 16, conserva una distinzione
fondamentale tra leasing finanziario e leasing operativo, diversamente da quanto
avviene per il locatario.
Questa differenziazione è cruciale perché determina la modalità di
contabilizzazione dei contratti di locazione.
Un contratto di leasing finanziario è tale quando trasferisce sostanzialmente al
locatario tutti i rischi e i benefici connessi all’utilizzo del bene oggetto del
contratto, prevalendo dunque la sostanza sulla forma.
In tale contesto, il locatore rileva inizialmente un credito verso il locatario,
corrispondente all’investimento netto effettuato per l’acquisizione del bene.
La logica economica sottostante è assimilabile a un finanziamento concesso al
locatario: la società di leasing acquista il bene, che viene poi messo a
disposizione del locatario, e contabilizza l’uscita economica sostituendola con un
credito verso quest’ultimo.
I canoni percepiti dal locatore vengono suddivisi in due componenti:
Quota capitale, che riduce progressivamente il credito verso il locatario;
• Quota interessi, che rappresenta un provento finanziario e confluisce a
• Conto Economico.
Questo approccio consente di riflettere in bilancio sia il rimborso del credito che la
remunerazione finanziaria dell’investimento effettuato.
Al contrario, un contratto di leasing operativo si configura quando non si verifica
il trasferimento sostanziale di rischi e benefici.
In questo caso, il locatore continua a mantenere il bene tra le proprie attività, che
viene ammortizzato secondo le politiche contabili vigenti per la categoria di
appartenenza (ad esempio, impianti, macchinari o immobili).
I canoni percepiti vengono rilevati come proventi da locazione e imputati a Conto
Economico secondo un criterio a quote costanti o mediante un metodo
sistematico alternativo, qualora questo risulti più rappresentativo del pattern di
riduzione dei benefici economici derivanti dall’utilizzo del bene da parte del
locatario.