CRITERI DI VALUTAZIONE
Un ulteriore progresso riguardò i criteri di valutazione, se nel 1882 essi erano del
tutto liberi (purché dichiarati nell’atto costitutivo), il Codice civile del 1942
introdusse alcune regole generali comuni, pur in forma sintetica e lacunosa.
Ad esempio, venne stabilito che le rimanenze di magazzino dovessero essere
valutate al minore tra costo e valore di mercato.
Queste disposizioni, sebbene poco dettagliate, rappresentarono un primo
tentativo di uniformare le pratiche contabili e stimolarono ampi dibattiti dottrinali,
soprattutto riguardo a:
Il metodo da utilizzare per la valutazione delle rimanenze;
• La valutazione delle partecipazioni.
•
Miniriforma SPA (1974)
La disciplina del bilancio subì una tappa fondamentale con la cosiddetta
miniriforma delle società per azioni, introdotta dalla legge n. 216 del 1974.
Questa normativa, oltre a modificare alcune disposizioni del Codice civile, istituì la
CONSOB, l’autorità di vigilanza sulle società quotate e sulla Borsa.
Uno degli aspetti più rilevanti della riforma riguardò il conto profitti e perdite.
Fino ad allora, infatti, la prassi aveva tollerato la presentazione di conti economici
estremamente sintetici, spesso limitati a due o tre voci, con un contenuto
informativo molto scarso.
Con la riforma venne introdotto un contenuto minimo obbligatorio, che impedì la
diffusione di bilanci privi di reale utilità informativa.
Da quel momento, il Conto Economico cominciò ad assumere un ruolo centrale,
accanto allo Stato Patrimoniale, nel fornire dati significativi sulla performance
aziendale.
Il mutamento trovava giustificazione anche nell’evoluzione del sistema economico
italiano.
Se il Codice di Commercio del 1882 rifletteva una realtà dominata dal
commerciante e dal traffico mercantile, negli anni Settanta l’Italia era ormai
un’economia industriale complessa, che richiedeva strumenti contabili più
articolati.
Parallelamente, la dottrina si era evoluta: accanto al sistema patrimoniale di Fabio
Besta, si era affermato il pensiero di Gino Zappa, che elaborò il cosiddetto sistema
del reddito.
In questo modello, il fulcro dell’analisi non era più soltanto il patrimonio, bensì il
reddito, inteso come risultato della gestione.
Se il reddito diventa il centro dell’indagine contabile, il Conto Economico deve
fornire informazioni sufficientemente dettagliate per spiegare come si sia giunti al
risultato finale.
Non era più accettabile un prospetto con poche voci aggregate: occorreva un
documento capace di mostrare in modo trasparente la formazione dell’utile o
della perdita.
Recepimento IV Direttiva CEE (1991)
Nei primi anni Novanta, e in particolare con il 1991, la disciplina del bilancio
d’esercizio conobbe una trasformazione di portata storica.
Questo cambiamento fu il risultato di processi avviati da tempo, legati sia
all’evoluzione del sistema economico italiano — ormai sempre più industriale e
meno agricolo-mercantile — sia al contesto europeo.
Già dagli anni Cinquanta era nata la Comunità Economica Europea con l’obiettivo
di favorire l’integrazione economica tra i paesi fondatori, tra cui Italia, Francia e
Germania.
Tuttavia, ciascuno di questi Stati conservava tradizioni contabili proprie e
profondamente diverse: la Francia, ad esempio, disponeva di un Piano di
contabilità generale obbligatorio, mentre Germania e Italia adottavano modelli
differenti.
Questa eterogeneità creava problemi di comparabilità tra i bilanci delle imprese
europee.
Per superare tali difficoltà, a livello comunitario si avviò un processo di
armonizzazione contabile, volto a ridurre le differenze tra ordinamenti, pur senza
imporre regole identiche.
In seguito, si iniziò a discutere anche di standardizzazione, un percorso più
ambizioso mirato a rendere uniformi le norme in tutti i paesi.
Il primo passo concreto fu rappresentato dalla IV Direttiva CEE, emanata alla fine
degli anni Settanta, che gli Stati membri erano tenuti a recepire.
L’Italia, tuttavia, fu l’ultimo paese ad adeguarsi, subendo anche sanzioni per il
ritardo.
Solo con il D.lgs. 127/1991 la direttiva venne recepita, determinando una vera e
propria rivoluzione nella disciplina del bilancio.
Le principali novità furono:
Nuova definizione di bilancio: non più documento singolo (lo Stato
• Patrimoniale), ma insieme organico composto da tre prospetti: Stato
Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa;
Clausola generale: viene introdotto l’obiettivo esplicito del bilancio, ovvero
• fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione
patrimoniale, finanziaria ed economica.
Spariscono così i termini “precisione” e “verità assoluta”, sostituiti da
concetto più realistico come la “chiarezza”;
Principi di redazione: vengono inseriti nel Codice civile principi generali
• come prudenza, competenza economica, continuità e prevalenza della
sostanza sulla forma, che guidano la valutazione e la presentazione delle
poste di bilancio;
Schemi obbligatori e vincolanti: per lo Stato Patrimoniale e il Conto
• Economico vengono stabiliti schemi rigidi, con voci e ordine prestabiliti, al
fine di garantire uniformità e comparabilità;
Nota Integrativa: introdotta come documento integrante il bilancio, con
• funzione tecnica di spiegare e dettagliare le poste contabili;
Relazione sulla Gestione: distinta dalla Nota Integrativa, mantiene un
• contenuto più descrittivo e “politico”, illustrando andamento della gestione,
prospettive future, attività di ricerca e sviluppo.
Pur non facendo parte formalmente del bilancio, lo accompagna come
documento accessorio;
Bilancio in forma abbreviata: introdotto per le imprese di minori
• dimensioni, consentendo un livello informativo semplificato, coerente con
la loro struttura amministrativa. 01/10/2025
IL SIGNIFICATO DELLA RIFORMA
Il recepimento della IV Direttiva CEE ha rappresentato un passaggio decisivo nella
storia della disciplina contabile europea e italiana, segnando il definitivo
superamento della tradizionale concezione patrimoniale del bilancio.
Con essa, il bilancio d’esercizio cessa di essere un mero strumento di
rappresentazione del patrimonio aziendale, per assumere la natura di un vero e
proprio sistema informativo a valenza esterna, destinato non soltanto agli
amministratori, ma a un insieme più ampio di destinatari: azionisti, creditori,
autorità di controllo e, più in generale, il mercato.
La direttiva si fonda su un principio che nel tempo ha acquisito sempre maggiore
rilievo: il bilanciamento tra i costi e i benefici dell’informazione.
La produzione e la diffusione delle informazioni contabili, infatti, generano costi
non solo per le imprese che le redigono, ma anche per coloro che le utilizzano e le
interpretano.
È pertanto necessario individuare un equilibrio tra tali costi e i benefici derivanti
dalla disponibilità di informazioni economico-finanziarie attendibili e comparabili.
Da questa impostazione discende la scelta di differenziare gli obblighi informativi
in funzione delle dimensioni dell’impresa.
Le società di minori dimensioni, infatti, possono beneficiare di un regime contabile
semplificato, che consente loro una struttura amministrativa più agile rispetto a
quella richiesta alle grandi imprese.
Tale impostazione riflette il principio di proporzionalità: gli interessi economici e
informativi in gioco sono infatti molto diversi tra una grande società quotata, il cui
bilancio ha un impatto rilevante sui mercati, e una piccola impresa a carattere
familiare, per la quale tali effetti risultano marginali.
In questa prospettiva si colloca l’introduzione del bilancio in forma abbreviata,
strumento che prevede schemi contabili semplificati e una minore quantità di
informazioni obbligatorie.
Nel corso del tempo, le semplificazioni previste per le imprese di dimensioni
ridotte sono state progressivamente ampliate, fino a delineare l’attuale assetto
normativo, contraddistinto da una marcata riduzione degli obblighi informativi e
da una conseguente razionalizzazione degli adempimenti amministrativi.
Parallelamente, un principio cardine che si è affermato nel medesimo contesto
evolutivo è quello dell’armonizzazione contabile, volto a ridurre le profonde
disomogeneità che, prima dell’intervento comunitario, distinguevano i diversi
ordinamenti nazionali.
In particolare, la IV Direttiva mirava a colmare le divergenze esistenti tra i sistemi
contabili di paesi come Francia, Germania e Italia, promuovendo l’adozione di
criteri condivisi e favorendo una maggiore comparabilità dei bilanci a livello
europeo.
La IV Direttiva del 1991, recepita dall’Italia, mirava dunque a stabilire principi
contabili comuni, promuovendo una maggiore coerenza e comparabilità tra i
bilanci redatti nei diversi Stati membri.
Tuttavia, il risultato di questo processo si è rivelato solo parzialmente efficace.
Le direttive europee, infatti, lasciano ampi margini di discrezionalità ai singoli Stati,
che possono scegliere tra diverse opzioni normative.
Un esempio emblematico è rappresentato dal Regno Unito, dove le imprese
potevano adottare uno dei quattro schemi di Conto Economico previsti dalla
direttiva, determinando così differenze anche all’interno dello stesso
ordinamento.
L’Italia, invece, optò per un unico schema di Conto Economico, tuttora in vigore,
seppure con alcune modifiche marginali intervenute nel corso degli anni.
Parallelamente all’armonizzazione, ha preso avvio un processo più ambizioso di
standardizzazione contabile, volto a introdurre regole uniformi per tutte le
imprese, in particolare per quelle di grandi dimensioni operanti nei mercati
regolamentati.
La standardizzazione consente infatti agli investitori di confrontare più
agevolmente le informazioni finanziarie delle diverse imprese, migliorando la
trasparenza e la comparabilità dei dati di bilancio a livello internazionale.
Nel corso degli anni, anche la Nota Integrativa ha conosciuto un progressivo
arricchimento informativo.
A partire dal recepimento della direttiva, l’articolo 2427 del Codice civile è stato
più volte modificato, con l’introduzione di nuovi punti numerati che hanno
ampliato in maniera significativa il contenuto informativo richiesto.
Parallelamente, la Relazione sulla Gestione, originariamente concepita come un
documento di commento descrittivo sull’andamento dell’attività aziendale, ha
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