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- S, M, L, XL

Rielabora anche i 5 punti di Le Corbusier.

I suoi progetti rimandano anche agli Archigram e Superstudio, reinterpretando quelle che erano le chiavi del Movimento

Moderno.

La Maison a Bordeaux è stata commissionata da una coppia francese benestante che un giorno decide di cambiare la

propria casa, ormai vecchia, per costruirne una nuova, ma un incidente del marito, finito in sedia a rotelle, sembrerebbe

bloccare le operazioni, ma non fu così, egli non si arrese: questa casa doveva quindi rispettare le nuove condizioni del

proprietario. Il progetto viene così commissionato a Koolhaas, chiedendogli di realizzare una casa su misura del

proprietario in sedia a rotelle, liberandolo dalla propria condizione (eliminando quindi le barriere).

Invece di realizzare, come si potrebbe pensare, una casa su un piano, realizza una casa su tre piani. Riesce comunque a

permettere al proprietario di raggiungere tutti e tre i livelli senza il supporto della moglie o dei figli.

Koolhaas, più che lavorare per piante, lavora sempre per sezioni: si rifà infatti al mondo della scenografia e della

concatenazione degli spazi. Lavora anche per frammenti/fotogrammi.

piano è costituito dalla zona di servizio, e sembra essere scavato all’interno della roccia (richiamo alle Greotte

Il primo

di Lascaux, ma anche al modus operandi di Michelangelo, lavorando per sottrazione cercando di asportare il materiale

in eccesso), poi si nota il recinto (pone l’architettura in mezzo tra il sacro e il profano). Il secondo piano (zona giorno),

trasparente in vetro, il quale permette di avere una visione sulle colline circostanti: è la parte più intima della casa.

Koolhaas lavora qui soprattutto per contrapposizioni, es. tra la staticità di alcuni elementi e il movimento dinamico della

pedana, ma anche tra il movimento della tenda e la rigidità strutturale. Il terzo piano…

È una “casa-teatro”, che svela man mano delle situazioni diverse (anche molto tecnologica).

Perth Festival –– Koolhaas houselife

Casa su misura per il proprietario (domestica: Guadalupe Acedo -> dice che lei non vivrebbe mai in una casa così).

03. Decomposizione

Peter Eisenmann

Eisenmann considera l’architettura come un modo per ragionare sulle cose del mondo. È il più grande decostruttivista,

nasce nel 1932 quindi fa parte di un’altra generazione rispetto a Zara Hadid e Koohlaas, molto più vicino a Gehry. È

un attivatore culturale, nel ‘67 fonda l’Institute for Architecture and urban studies, nel ’70 fonda una rivista e nel ‘69

viene invitato ad una mostra di Frempton. Nei primi anni ’60 viene in Europa ma si forma in America. La sua tesi di

dottorato si intitola… e il relatore è Colin Rowe, autore de “la matematica della villa ideale”. Esamina la rotonda di

Palladio e la mette a confronto con la Villa Savoye, fa di esse un’analisi grafica delle piante e le confronta perché estrapola

una griglia ortogonale che organizza entrambe le piante, con interasse diverso. Quando E. viene in Europa per scrivere

la tesi di dottorato si interessa di aspetti logico-formali dell’architettura, e sviluppa un interesse per il linguaggio

nell’architettura. Il suo interesse per la linguistica nasce da Chomsky che parlava di una grammatica generativa che

portano a costruire le proporzioni della parte con il tutto e delle dimensioni. L’importanza di generare nuovi significati.

I fonemi sono quelli con cui la lingua si esprime, ma c’è una struttura profonda ovvero l’idea che c’è al di sotto della

struttura superficiale di un architetto. La forma, i materiali ecc. Eisenman è interessato alla struttura profonda. Quando

studia Terragni scrive tantissimo e vede in alcune sue architetture dei punti di riferimento per la tesi dottorale nel ’63.

Nella mostra di Frampton nasce il termine “5 Architects”, chiamati ad esporre dei progetti di casa non sempre realizzati.

Vengono chiamati perché in quel momento si pongono in contrasto con i neo-storicisti. In seguito, prenderanno tutti

strade diverse, di lì a poco.

- Casa II -> espone le case con dei modelli di carta e le numera. Le rappresenta con assonometrie, mai prospettive, e

a volte anche con i diagrammi. Questo perché è interessato all’analisi delle relazioni sintattiche delle parti, e le

assonometrie restituiscono le misure e le proporzioni come esse sono, in modo più oggettivo possibile. I modelli di

cartone sono bianchi perché gli interessa il processo e non la realizzazione. Non è interessato ai canoni vitruviani

perché è interessato a come si arriva, quindi l’organizzazione concettuale. Ossessione di Eisenman per i 9 quadrati

aperti di una griglia.

Progetta 11 case numerate + 2 ma ne costruisce solo 4.

- House VI a Cornwall -> molto poco vivibile perché attraversata da setti che partono sempre da una griglia. Le

strutture che sembrano portanti non arrivano a terra. C’è un disturbo continuo praticato per eliminare l’aspetto

funzionale dell’architettura e che quindi la forma segua la funzione. Scrive anche un testo che si chiama “Post-

funzionalism”. La forma non deve funzionare ma deve essere supportata da un’idea compositiva. Lui dice che la casa

era costruita su un’asse diagonale.

Questa architettura autoreferenziale si accorge che sta arrivando ad una elaborazione troppo intricata e inizia a cambiare:

- House X -> Eisenmann scrive “appare un vacillamento di certezze, …”. Percepisce il cambiamento che deve far per

restituire la modernità. Da questo momento dice che inizia il periodo della decomposizione (1976). Inizia un periodo

di analisi in cui l’autoreferenzialità si inizia a contaminare: il modello non è più solo bianco ma soprattutto c’è un

attacco al suolo. Questa casa si trova su un pendio l’architetto inizia a riflettere sulla relazione e connessione con il

contesto.

- House XI a Palo Alto -> questo vacillamento diventa ancora più evidente perché dal cubo toglie degli elementi e

crea instabilità. La L è un elemento instabile perché ci rendiamo conto della preesistenza del cubo ma la

sovrapposizione ruotata delle L, appesantita nella parte superiore, dà l’idea già del movimento. Qui per la prima

volta vediamo la voglia di radicare la casa a terra.

- El Even House -> questo lavoro di vacillamento diventa ancora più evidente: partendo sempre dal solito cubo,

Eisenmann toglie delle parti. L’instabilità della struttura è data dalla forma ad L di uno dei corpi: sembra che le due

L si tenga e ruotino attorno ad un perno centrale. L’idea è quindi quella dell’instabilità, e la volontà di radicare

l’architettura a terra.

Quello che viene studiato da Eisenmann è il fatto di studiare l’architettura nel terreno.

Iniziano poi ad emergere quelle che lui chiamerà case di scavo artificiale, un esempio è:

- Progetto per Cannareggio (Venezia, 1979) -> qui egli non solo scava, ma inventa anche il passato. Inserisce in questo

progetto dei modelli della sua El Even House, riproponendola in alcuni punti di questo scavo artificiale, e opera

quello che si chiama scaling (variazione della dimensione dell’architettura in funzione di sé stessa). Egli opera in

questo modo in quanto non si interessa del contesto fisico, al massimo tiene delle tracce del contesto fisico, ma poi

sovrappone le sue modifiche. Inventa il cosiddetto palinsesto (era il modo in cui gli antichi raschiavano le pergamene

per poterle riutilizzare, ma restavano delle tracce delle scritture precedenti): egli si riferisce alla sovrapposizione di

elementi uno sull’altro mantenendo queste tracce, ossia mantenendo anche una certa processualità.

IV La città degli scavi artificiali (1983), Peter Eisenmann

Egli vince un concorso per il Charlie Checkpoint di Berlino (1981-1985), ossia il punto di passaggio tra Berlino ovest e

Berlino est. Qui ritira fuori una serie di strati, e utilizza una griglia, come quelle che vengono utilizzate negli scavi

archeologici.

Il metodo da lui utilizzato è quello di prendere elementi che esistono, aggiungere una griglia e utilizzare degli slittamenti,

riproposti nell’edificio finale, e la griglia viene poi proiettata sul fronte dell’edificio: è uno scavo mentale e artificiale.

tutti

Eisenmann:

- è interessato al come e non al cosa

- vuole eliminare la funzione, e si inventa così lo scaling

- per spostare l’asse di interesse dell’architettura il metodo che egli utilizza è quello dell’in-between: deve qui creare

una parte nuova, un percorso, quindi prende le griglie del campus e del contesto urbano.

The end of the classical (1984), Peter Eisenmann

Egli dice qui che l’architettura non è più un’opera: essa comunica dei valori attraverso dei segni. L’architettura diventa

un testo: ossia non ha un inizio, non ha una fine, è leggibile come un testo (in quanto esso dissemina i sensi). L’innesto,

spiega, è simile all’uso che ne fa Derridà nella decostruzione dell’architettura: ciò che interessa ad Eisenmann è quindi,

esclusivamente, il processo.

Se Venturi cercava l’immagine, e attraverso di essa veicolava i suoi progetti, Eisenmann invece parla di indice: in questo

senso, in realtà, l’indice è segno, esiste una correlazione tra indice e oggetto (qualcosa di carattere esigenziale, che lega il

segno all’oggetto stesso), ma ci può essere anche una continuità spaziale-temporale tra i due.

L’icona è il messaggio passato dall’immagine: parla quindi di segno denotato da qualcosa che o ne è la causa o che ne è

contiguo (es: la nuvola nera preannuncia un temporale).

La tecnica dello scaling (spostamento di scala) destabilizza definitivamente tre aspetti fondamentali della tradizione

architettonica: il valore attribuito all’origine; il valore dell’antropocentrismo, come conseguente idea dello scopo

dell’architettura come “rifugio dell’uomo”.

- Chora L Work, Parc de La Villette (1986-1987) -> progetto in cui Eisenmann lavora con Derrida. È di nuovo una

città di scavo archeologico che mette insieme passato, presente e futuro: le precedenti mura della città di Parigi si

ritrovano, così come gli elementi del progetto di Tschumi, nel progetto di Eisenmann (tracce). Gli elementi i vanno

a sovrapporre determinando una presenza di tempo. Vi è una sovrapposizione del tempo: passato e presente, presente

e futuro, ecc.

Chora L Works (1984), Peter Eisenmann

Chora si riferisce ad un antico testo di Platone, il Timeo, in cui Platone parla del Chora come uno strato instabile,

modellabile, che il demiurgo può modellare per

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A.A. 2024-2025
42 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/17 Disegno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MaddyOLIVA03 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Laboratorio di teoria del progetto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Torino o del prof Gregory Paola.