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Se lo Stato non rispetta l’obbligo di attuare una direttiva, può essere
sanzionato dagli organi comunitari.
c) LE DECISIONI: (art. 288, comma 4, del Trattato FUE), disciplinano
normalmente situazioni ben definite, e sono vincolati soltanto per i
soggetti destinatari specificatamente individuati: persone fisiche o
giuridiche, oppure Stati membri. Con il trattato di Lisbona le decisioni
possono essere anche di portata generale.
La Corte di giustizia dell’Unione europea (alla quale è affiancato anche un
Tribunale) ha competenza, ai sensi dell’art. 262 TFUE, in tema di
interpretazione dei trattati e di validità e interpretazione degli atti compiuti
dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione. Le sentenze
interpretative sono vincolanti e prevalgono pure sulle norme di legge
incompatibili, determinandone la disapplicazione.
Per consentire una tempestiva attuazione delle direttive è stato elaborato lo
strumento della <<legge comunitaria>>, ossia una legge generale approvata
anno per anno con la quale il Parlamento delega al Governo l’emanazione dei
decreti legislativi di attuazione di un insieme di direttive, delle quali sia in
scadenza il termine di attuazione.
Il procedimento è stato più analiticamente regolato dalla L. 24 dicembre 2012,
<<Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla
n. 234, recante
formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione
europea>>, la quale prevede che entro il 28 febbraio di ogni anno il Governo
presenti una legge di delegazione europea, alla quale ne può seguire un’altra
entro il 31 luglio (relativa al secondo semestre dell’anno). È previsto anche lo
strumento della <<legge europea>>, per dare attuazione agli atti europei e ai
trattati internazionali stipulati nell’ambito delle relazioni esterne dell’Unione.
6. e) La consuetudine
Esistono due modi tipici di produzione del diritto: la consuetudine e la legge.
La consuetudine gode di un’importanza secondaria, nel codice civile si
definisce uso, la consuetudine sussiste quando ricorrono:
1. la ripetizione generale e costante in un certo ambiente, per un tempo
adeguatamente protratto di un tipo di comportamento osservabile
usus
(elemento oggettivo chiamato , come regola di condotta tra privati).
2. Un atteggiamento di osservanza di quel comportamento in quanto è
ritenuto doveroso e non solo conforme alla prassi. Esprime la concezione
di giuridicità, in quanto l’uso viene recepito all’interno di una collettività,
l’inosservanza di questo tipo di consuetudini comporta un
sanzionamento.
L’uso normativo è la norma giuridica che costituisce fonte di diritto tra privati, i
quali potranno rivolgersi al giudice per ottenerne gli opportuni provvedimenti di
tutela di quel diritto.
La consuetudine non è prevista e disciplinata dalla costituzione. Essa
costituisce fonte del diritto in virtù dell'art. 1 disp. prel. c.c.: quindi in virtù di
una disposizione di rango legislativo. È una fonte strutturalmente subordinata
alla legge e può operare nei limiti in cui la legge lo consente. L’art. 15 disp.
prel. c.c.. dice "le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori". L'art 8,
comma 1 disp. prel. c.c. stabilisce che "nelle materie regolate dalle leggi e dai
regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati".
Si distinguono 3 tipi di consuetudine:
a) consuetudini “secundum legem”, che operano in accordo con la legge
in quanto ad esse la legge fa rinvio;
Spesso gli usi sono richiamati quali fonti di norme derogatorie rispetto alla
salvo
disciplina codicistica: la legge reca una norma dispositiva, applicabile
uso contrario .
b) consuetudini “contra legem”, che si pongono contro la legge;
c) consuetudini “praeter legem”, che operano al di là della legge, ossia
relativamente a materie non disciplinate da fonti normative scritte.
Il diritto consuetudinario essendo non scritto solleva delicati problemi di
accertamento iura novit curia
e di prova. Vale il principio : pertanto il giudice
deve applicare la consuetudine di cui si ha conoscenza. L'uso che abbia gli
elementi indicati si chiama uso normativo e si distingue dagli altri usi
negoziali che valgono solo per l'integrazione degli effetti del contratto (artt.
interpretativi
1340 e 1374 cod.civ.), sia dagli usi che assolvono ad una
determinata funzione interpretativa del contratto (art. 1368 c.c.).
18. Il Codice civile.