vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi

Nella seguente tesina viene sottolineato come il termine alienazione deriva dal termine "alienus", ovvero colui che non appartiene a una determinata comunità, per cui è considerato come un estraneo. Molto spesso si utilizza questo termine per descrivere le persone che si trovano ai margini della società o per indicare talvolta il disagio dell'uomo nella moderna civiltà industriale. Nell'ambito di questa tesina multidisciplinare il tema dell'alienazione viene ripreso da autori come Karl Marx, Rousseau, Hegel, Engels; il filosofo che però studia più a fondo il tema dell'alienazione è però Marx, che lo descrive in quattro punti: l'alienazione da parte dell'operaio e il prodotto del suo lavoro;l'attività produttiva non è considerata come il soddisfacimento di un bisogno, ma come uno strumento che serve al fine della soddisfazione dei bisogni estranei al lavoro stesso; l'operaio perde la sua essenza vera, ovvero il lavoro; l'alienazione del lavoratore rispetto al prossimo.
Spesso il lavoro può causare situazioni di stress, per cui problemi che mettono a dura prova la salute fisica dell'uomo. Hans Selye elaborò la prima definizione di stress per indicare la "sindrome prodotta da vari agenti nocivi”; questa definizione è presente in “Nature” in un lavoro del 1936. Oggi le persone affette da stress sono tante e sono molte le persone che ne soffrono nella società odierna, per esempio negli Stati Uniti e in Italia.
La tesina sul lavoro vuole quindi dimostrare come la società odierna sia colpita dal problema dell'alienazione specialmente tra i giovani che vivono per di più una situazione di grande precariato. Spesso però si verifica che nell'ambito lavorativo l'individuo trovi un grande appagamento personale che, con l'ottenimento di importanti risultati, lo spinge a dare il meglio di sé.
Filosofia: Karl Marx e il concetto di alienazione.
Biologia: Il sistema nervoso.
Sociologia: I giovani e il precariato.
Diritto del lavoro - Tesina per ITI che analizza il tema del lavoro considerato come un diritto.
Lavoro minorile - Tesina che affronta il tema del lavoro minorile nel mondo.
Lavoro e risorse umane - Tesina che analizza le nuove tecnologie.
Lavoro e lavoratori - Tesina per istituto tecnico commerciale che descrive il mondo del lavoro e la mancanza di lavoro.
Lavoro e società - Tesina per istituto tecnico commerciale che descrive il tema del lavoro.
Diritto al lavoro - Tesina che affronta il tema relativo alle condizioni dei lavoratori nel mondo del lavoro.
Lavoro: le rivoluzioni industriali e le loro conseguenze - Tesina multidisciplinare che affronta il tema del lavoro.
Costituzione e lavoro - Tesina per liceo classico che descrive il lavoro attraverso la Costituzione italiana.
Lavoro e Tutela del Lavoratore - Tesina di maturità che affronta il tema del lavoro, il ruolo dei sindacati e il diritto allo sciopero.
Lavoro, fondamento della società - Tesina per liceo classico sul tema del lavoro.
Lavoro, una partita importante - Tesina che descrive il basket come un lavoro attraverso un percorso multidisciplinare.
Mondo dei lavoratori - Tesina che analizza il mondo del lavoro e i lavoratori.
Job shop: organizzazione del lavoro dal taylorismo ad oggi. - Tesina che analizza la strutturazzazione del lavoro dal taylorismo ad oggi.
Labor Vicit Omnia - Tesina che analizza la tematica del lavoro attraverso il taylorismo e il fordismo.
Alienazione.
Sotto la voce alienus
Alienazione deriva dall'aggettivo latino e questo, a sua volta, dal pronome
allos):
indefinito "alius" (in greco altro. Il termine fa riferimento a colui che non appartiene
alla nostra comunità e che, quindi, ci è estraneo. L'alienazione, nel suo verbo "alienare", fa
parimenti riferimento all'atto dell'allontanare o dell'estraniare da sé e, quindi, all'atto di
prendere distanza da qualcuno o da qualcosa. La terminologia legata a questa parola viene
spesso usata anche per indicare i folli, gli alienati mentali per l'appunto, o chi vive ai
della e della umana. Altre volte il termine viene utilizzato per
margini società comunità
indicare genericamente il dell'uomo nella moderna civiltà industriale, in cui
disagio
l'artificio, che gli è proprio, lo fa sentire lontano dalle proprie radici naturali. Può ancora
essere inteso come quel processo mediante il quale l’individuo o una collettività
trasformano la propria coscienza fino a renderla contraddittoria con ciò che si doveva
aspettare dalla sua condizione. E' anche lo stato mentale caratterizzato da una perdita del
senso della propria identità.
Come si può notare, questo termine nasconde molteplici interpretazioni che furono usati
da noti filosofi come Rousseau, ed
Hegel, Marx Engels. Ritroviamo ancora questo tema in autori
inglesi, emblematico fu il romanzo 1984 di George Orwell. Anche tra quelli italiani che, a mio
giudizio, risalta mirabilmente nella figura di Luigi Pirandello. Con l'avvento della cinematografia,
furono girati film sul tema dell'alienazione, e un esempio significativo è “Tempi moderni”
interpretato da Charlie Chaplin. KARL MARX
Filosofia Marxista: brevi cenni.
Per poter parlare di alienazione in modo fluido
e pratico è utile approfondire gli studi di colui,
che meglio di ogni altro filosofo, ha saputo
coniugare la teoria con la prassi. Con il suo
pensiero si apre una nuova visione sugli aspetti
dell'alienazione: dalle sue cause storiche agli
effetti ripercossi sulla società.
Il marxismo rappresenta una delle componenti
intellettuali e politiche più importanti dell'età
moderna. E Marx, oltre che essere stato il
“filosofo del comunismo”, è anche un
“classico” della cultura, il cui pensiero riveste
quindi una portata universale.
Infatti “il marxismo non si lascia collocare in
nessuno dei comparti tradizionali del sistema delle scienze borghesi, e anche se si intendesse
approntare appositamente per esso... un nuovo comparto chiamato sociologia, esso non vi
rimarrebbe tranquillamente, ma continuerebbe a uscirne per infilarsi in tutti gli altri.”
Il secondo tratto caratterizzante del marxismo è quello di una filosofia non a se stante, ma che vuole
coniugare la teoria con la prassi, ideale che Marx ha perseguito tutta la vita.
Determinante fu il contrasto con la filosofia di Hegel, con la quale venne a contatto già negli anni
giovanili-universitari. La figura di questo suo collega farà da maestro in tutta la sua vita, sebbene
Marx critichi e vada oltre alle teorie hegeliane.
Il primo testo in cui Marx si misura con il maestro è la “Critica della filosofia hegeliana del diritto
pubblico” (1843), nella quale confuta l'idealismo di Hegel che consiste nel fare delle realtà
empiriche delle manifestazioni necessarie dello Spirito e quindi che lo Stato presuppone per forza
una sovranità, che si incarna necessariamente nel monarca, che è la sovranità statale personificata.
Inoltre, poiché ciò che è necessario, per Hegel, è anche razionale, egli deduce la piena logicità della
monarchia, identificandola con la razionalità politica in atto.
Marx definisce questo procedimento “misticismo logico”, poiché in virtù di esso le istituzioni,
anziché comparire per ciò che di fatto sono, finiscono per essere allegorie di una realtà spirituale
che se ne sta occultamente dietro di essi. L'idealismo fa dunque del concreto la manifestazione
dell'astratto, e di ciò che vien prima la manifestazione di ciò che viene dopo.
Il metodo “mistico” di Hegel è di tipo conservatore sul piano politico, poiché porta a canonizzare la
realtà esistente, trasformando i dati di fatto in manifestazioni razionali e necessarie dello Spirito. A
questo punto Marx muove ad Hegel l'appunto di aver giocato troppo sulle opposizioni concettuali,
anziché su quelle reali, dimenticando che nella realtà gli opposti stanno come due “armate nemiche”
fra cui non c'è sintesi, ma solo lotta o esclusione.
Tutta la filosofia marxista, da qui in avanti, verte il suo fulcro nella critica alla società moderna che
prende forma nel capitalismo, società in cui domina la frattura fra società civile e Stato.
Per rendere più semplice questo concetto egli paragona la società contemporanea alla società
esistente al tempo delle polis greca: mentre nella polis l'individuo non conosceva differenza fra
sfera individuale e sfera sociale, nella società moderna l'uomo è costretto a vivere due vite, cioè, in
chiave allegorica, una in cielo e una in terra. Tuttavia il “cielo” dello Stato è puramente illusorio in
quanto dovrebbe essere finalizzato ad “imbrigliare” la società per il bene comune; contrariamente è
la società che lo imbriglia per il bene individuale.
Con questo Marx riscopre i tratti della società moderna nell'individualismo e nell'atomismo, tratti
che effettivamente vengono legalizzati con la libertà individuale e con la proprietà privata. Con ciò
lo stato non diviene altro che la proiezione politica di una società a-sociale.
Come è possibile smantellare questa società malata la quale volontariamente si scontra con il
concetto di società stessa? Ricordiamo che la prima intenzione di Marx era unire la teoria alla prassi
e per questo critica le soluzioni teoriche di Hegel. La società capitalista portò con se lo sviluppo di
una nuova classe dominante, ma allo stesso tempo creò l'arma che la porterà alla distruzione,
sempre secondo Marx, che viene a personificarsi con il proletariato, che condurrà la rivoluzione con
cui si porrà fine allo sfruttamento di un uomo su un altro uomo. Con questa rivoluzione si potrà
abolire la proprietà privata, primo simbolo delle diseguaglianze fra gli uomini. In fin dei conti il
proletariato è la classe meno abbiente, più oppressa e che nulla ha da perdere.
Alla società capitalistica si accosta inevitabilmente l'economia borghese che viene, da un lato,
apprezzata da Marx in quanto espressione teorica della società stessa, ma, dall'altro lato, duramente
accusata di fornire una realtà falsa del mondo borghese in quanto essa si pone, come il metodo
naturale, di produrre e distribuire la ricchezza e non come uno dei tanti che si susseguirono nella
storia. Inoltre l'economia politica non scorge la propria struttura contraddittoria, cioè l'opposizione
che c'è tra capitale e lavoro salariato, opposizione che viene espressa mediante il concetto di
alienazione.
A differenza dei suoi predecessori, Marx intende il concetto di alienazione come una condizione
patologica di scissione, di dipendenza e di autoestraniazione, ma che, a differenza di Feuerbach,
diviene un fatto reale, di natura socio-economica, in quanto si identifica con la condizione del
salariato. A questo punto Marx descrive questo fenomeno sotto quattro aspetti fondamentali:
L'alienazione riguarda l'operaio e il prodotto del suo lavoro. Il prodotto del suo lavoro non
gli appartiene, ma appartiene al capitalista, che gli è estraneo.
L'attività produttiva non è il soddisfacimento di un bisogno, ma un mezzo per
soddisfare dei bisogni estranei al lavoro stesso; il lavoro non appartiene al
lavoratore ma appartiene a un altro e dunque egli, lavorando, non appartiene a sé
ma a un altro. L'operaio così si estrania da sé e non considera il lavoro come parte
della sua vita reale (che si svolge fuori dalla fabbrica), con la grave conseguenza che
egli si sente bestia quando dovrebbe sentirsi veramente uomo, cioè nel lavoro
sociale, e si sente uomo quando fa la bestia, cioè si “stordisce” nel mangiare, bere e
procreare.
L'operaio perde la sua essenza generica, cioè ciò che contrassegna l'essenza
dell'uomo. Infatti la prerogativa dell'uomo nei confronti dell'animale è il lavoro
libero, creativo è universale, mentre nella società capitalistica è costretto ad un
lavoro forzato, ripetitivo e unilaterale.
Il lavoratore è alienato rispetto al prossimo, perché “l'altro”, per lui, è soprattutto il
capitalista, ossia un individuo che lo tratta come un mezzo e lo espropria del frutto della sua
fatica, facendo sì che il suo rapporto con lui, e con l'umanità in genere, sia per forza
conflittuale.
Ritorna quindi il concetto di proprietà privata come causa che muove quel meccanismo globale
dell'alienazione, che vede, da una parte, il capitalista, che accresce la propria ricchezza sfruttando,
dall'altra parte, il lavoro “alienato” degli individui attraverso lo “sfruttamento” e la “logica del
profitto”.
Sebbene sembri un discorso a sé, Marx riuscì a spiegare le cause reali della religione, considerata
come un fenomeno storico-sociale, a differenza di Feuerbach. Per poter spiegare tale teoria
dobbiamo ricordare che l'uomo è tale come prodotto della società storica in cui vive. Da qui si
sviluppa la ben nota teoria della religione come oppio dei popoli. Essa non è altro che il prodotto di
un'umanità alienata e sofferente per causa delle ingiustizie sociali, che cerca nell'aldilà ciò che le è
negato di fatto nell'aldiqua. Quindi l'unico modo per eliminare questo “sintomo” di una condizione
umana e sociale alienata è la trasformazione radicale della società, ricollegandosi all'abbattimento
della società di classe già teorizzata per il capitalismo.
Il lavoro più nel dettaglio.
Il lavoro nasce come attività umana mirata alla sopravvivenza dell'individuo. E'
quell'attività che differenzia l'uomo dall'animale. Marx a proposito ne da una definizione
scientifica: l'umanità è una specie evoluta, composta da individui associati, che lottano per
la propria sopravvivenza e di conseguenza la storia non è un evento spirituale, ma un
processo materiale fondato sulla dialettica bisogno-soddisfacimento:
“Il vivere implica prima di tutto il mangiare e bere, l'abitazione, il vestire e altro ancora. La prima
azione storica è dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni; la produzione della vita
materiale stessa... che ancora oggi, come millenni addietro, deve essere compiuta ogni giorno e ogni
ora semplicemente per mantenere in vita gli uomini”.
Ed è proprio quest'azione materiale che umanizza l'uomo. Infatti, commenta ironicamente
Marx, si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per
tutto ciò che si vuole, ma loro cominciarono di fatto a distinguersi dagli animali allorché,
in virtù della necessità, cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza. Alla base
della storia vi è dunque il lavoro, che Marx intende come creatore di civiltà e di cultura e
come ciò attraverso cui l'uomo si rende tale, emergendo dall'animalità primitiva e
distinguendosi dagli altri essere viventi.
E come afferma Marx, l'essere uomo ha le sue radici proprio da questo atto in seguito
denominato lavoro. Lavoro che costava sforzo e fatica, ma che era dovuto per la propria
sopravvivenza in quel primordiale mondo a lui avverso, dove, anche il più piccolo
animale, poteva essere nocivo all'uomo. Certo, stiamo parlando della preistoria, allora
come siamo arrivati, nel corso del tempo, a ritrovarci nella situazione odierna dove il
lavoro, più che un'attività di sopravvivenza, è divenuto un fenomeno così complesso da
condizionare, sovvertire e cambiare irreversibilmente quelle che erano le consuetudini di
vita dell'uomo, l'orologio interiore, la morale e il credo, le relazioni, la psiche, le funzioni
del nostro stesso organismo e quant'altro?
Se mi è concessa una riflessione personale credo che queste domande esistenziali sono
presenti nel mio io, come in quello di tutti. Ed è proprio per questo motivo che, sebbene