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Ambra Romio
III C, Liceo Classico P. Verri
A.S. 2007/2008
2
STORIA
I RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
II RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
TAYLORISMO E FORDISMO
III RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
IL LAVORO
GUSTAVE COUBERT
LETTERATURA STORIA
(Gli spaccapietre)
ITALIANA DELL’ARTE
JEAN- FRANCOIS MILLET
(Lo spulatore; Il seminatore;
GIOVANNI VERGA Le spigolatrici)
(Nedda; Rosso Malpelo) ADOLPH VON MENZEL
EMILE ZOLA (Il Laminatoio)
LUIGI PIRANDELLO WILLIAM SCOTT
(Il treno ha fischiato; (Ferro e carbone)
Quaderni di Serafino
Gubbio operatore) PETER BEHRENS
(Turbinenfabrik AEG)
PAOLO VOLPONI
(Memoriale) WALTER GROPIOUS
(Officine Fagus)
VITTORIO SERENI
(Una visita in fabbrica) 3
Indice
Storia
Analisi dei processi storici responsabili delle principali modifiche nel mondo del lavoro:
I Rivoluzione Industriale
pag. 4
II Rivoluzione Industriale
pag. 7
Taylorismo e Fordismo
pag. 8
III Rivoluzione Industriale
pag. 10
Letteratura Italiana
Il mondo del lavoro nel Verismo di Verga e nel Naturalismo di Zola
pag. 13
- La cruda realtà del lavoro contadino in Nedda
- Lo sfruttamento minorile e gli incidenti sul lavoro: Rosso Malpelo
- Confronto tra Verga e Zola
Il mondo del lavoro e gli effetti della modernità in Pirandello
pag. 20
- L’alienazione del lavoro: I quaderni di Serafino Gubbio operatore
Memoriale di Paolo Volponi
pag. 22
- L’universo della fabbrica attraverso una prospettiva “deformata”
Una visita in fabbrica di Vittorio Sereni
pag. 24
- L’inferno della fabbrica e il lavoro come prigione
- I limiti della letteratura nella società e nel mondo del lavoro
- “E di me si spendea la miglior parte”
Storia dell’Arte
Il Realismo e la realtà contadina pag. 27
- Gustave Coubert (Gli spaccapietre)
- Jean- Francois Millet, (Lo spulatore; Il seminatore; Le spigolatrici)
Il “Realismo sociale” e la “pittura delle industrie” pag. 31
- Adolf von Menzel (Il Laminatoio))
- William Scott (Ferro e carbone
L’architettura industriale pag. 33
- Peter Behrens e Deutsch Werkbund: Turbinenfabrik AEG
- Walter Gropious e il Bahaus: Officine Fagus
4
IL LAVORO NELLA STORIA
Nel corso dei secoli l' organizzazione del lavoro ha subito importanti cambiamenti dovuti a
trasformazioni politiche, sociali, scientifiche, tecnologiche e culturali. A partire dall' invenzione e
dall' utilizzo della macchina a vapore nella prima rivoluzione industriale, seguita dalla nascita delle
fabbriche e delle città industriali e da una sostanziale modifica della società, attraverso le
innovazioni e le conseguenze della seconda e della terza rivoluzione industriale e
dell’organizzazione scientifica del lavoro introdotta dal Taylorismo, fino ai tempi odierni,
caratterizzati dal sempre più diffuso fenomeno della precarietà , il lavoro ha cambiato volto diverse
volte, con importanti conseguenze sull’intera società.
I rivoluzione industriale Con la denominazione di “prima
rivoluzione industriale”si intende il
processo di industrializzazione di cui fu
protagonista l’Inghilterra indicativamente
fra il 1770 e il 1850 e gradualmente
diffusosi ad altri stati occidentali fino a
coinvolgere ampie parti del mondo.
Questa prima Rivoluzione Industriale può
essere considerata come l’unica degna
dell’accezione che il termine
“rivoluzione” comporta in quanto fu
l’unica in cui si verificò un cambiamento
radicale del sistema produttivo e dunque
lavorativo, mentre la seconda e la terza
rivoluzione consisterono sostanzialmente
in modifiche e migliorie di questo primo
cambiamento epocale che coinvolse la società in tutti i suoi aspetti.
La prima rivoluzione industriale si caratterizza per la nascita dell’industria, permessa
dall’introduzione di una serie di innovazioni di fondamentale importanze, in primo luogo della
macchina a vapore, indubbiamente la protagonista in ambito tecnico di questo processo, che venne
impiegata a partire dal 1783 nell’industria siderurgica e dal 1790 nell’industria tessile, e più in
generale grazie all’invenzione e all’utilizzo delle macchine che, essendo rapide e precise e dunque
estremamente produttive andarono gradualmente a sostituire l’abilità umana in diverse operazioni.
Se dunque prima della rivoluzione un singolo artigiano esperto e qualificato seguiva personalmente
l’intero processo che portava dalla materia prima al prodotto finito, ora è una sola macchina che
aziona contemporaneamente diversi strumenti di lavoro controllati da un esercito di operai
scarsamente qualificati a cui viene richiesto di compiere azioni molto semplici e ripetitive.
L’utilizzo delle macchine e la necessità di trovare sempre nuove fonti di energia (ora inanimate e che
andarono a sostituire le fonti di energia animale) per azionarle provocò un concentramento delle
nuove strutture industriali, inizialmente soprattutto per quanto riguarda gli opifici, nelle città, che si
svilupparono in modo estremamente rapido (basti pensare che nel 1833 in Inghilterra più di un
milione di inglesi erano impiegati direttamente o indirettamente nelle produzione del cotone nelle
città).
Se dunque prima il lavoro era generalmente svolto nelle case private e nelle botteghe, ora vede come
luogo principale le fabbriche, moderni edifici piegati alla nuova produzione che sorsero in tutte le
maggiori città industriali. 5
All’interno delle fabbriche la neonata classe operaia (fra le modifiche sociali conseguenti alla prima
rivoluzione industriale va infatti senz’altro sottolineata la nascita della classe del proletariato) si
trova ad operare in condizioni di lavoro terribili in ambienti rumorosi e malsani, con turni giornalieri
fra le 13 e le 14 ore e con salari da fame.
Spesso, non essendo necessario possedere particolari abilità per compiere il lavoro prefissato
all’interno della fabbrica, i proprietari delle industrie predilessero l'uso di donne e bambini, i quali
potevano essere pagati di meno e risultavano più facilmente sfruttabili. Gli industriali ricorsero
dunque a un massiccio sfruttamento del lavoro minorile (soprattutto nelle fabbriche cotoniere del
Lancashire, nel nord-ovest dell’Inghilterra). I bambini, che in alcuni casi non avevano più di cinque
o sei anni, arrivavano a lavorare fino a 16 ore al giorno e in condizioni spesso pericolose, soprattutto
se impiegati nelle miniere.
Le prime leggi in tutela di queste due categorie e, più in generale, dei lavoratori furono emanate solo
verso la seconda metà del XIX secolo, a partire dal Factory Act promulgato nel 1833 dal governo
inglese e che costituisce la prima forma di tutela per gli operai sul luogo di lavoro, con limitazioni
diverse in base alle industrie (per quanto riguarda ad esempio l’industria tessile, fu bandito il lavoro
notturno e limitato l’orario lavorativo in base all’età imponendo la limitazione della giornata
lavorativa a otto ore per i ragazzi sotto i tredici anni).
Anche al di fuori del luogo di lavoro, le condizioni di vita della classe operaia erano al limite della
dignità umana. Le appena nate città industriali, sviluppatesi molto in fretta, erano completamente
prive dei servizi più elementari (come ad esempio il sistema fognario) e i lavoratori si trovavano a
vivere nei quartieri operai in abitazioni affollatissime e assolutamente malsane. In questo contesto la
miseria e la sporcizia furono le principali cause della diffusione di frequenti epidemie, specialmente
di tifo e di colera, mentre l’alcoolismo diventò una piaga sociale sempre più diffusa.
6
A riguardo, Friederich Engels, fortemente colpito dal degrado dei centri urbani inglesi, sentì la
necessità morale di denunciare le terribili condizioni in cui vivevano gli operai impiegati nelle
fabbriche più produttive del mondo e dunque nel 1846 pubblicò La condizione della classe operaia
in Inghilterra in base a osservazioni dirette e fonti autentiche che documenta appunto le condizioni
della classe operaia inglese fuori e dentro la fabbrica, all’indomani della rivoluzione industriale.
“(…) E’ veramente rivoltante il modo in cui la grande massa dei poveri viene trattata nella società
odierna. Li si attira nelle grandi città, dove respirano un’atmosfera peggiore che nelle loro terre di
campagna. Li si relega in quei quartieri che per la struttura della loro edilizia sono meno ventilati di
tutti gli altri. Vengono privati dei mezzi atti ad assicurare pulizia, vengono privati dell’acqua,
poiché le condutture vengono collocate solo dietro pagamento, ed i fiumi sono così sporchi che non
possono essere più utilizzati a scopi di pulizia; li si costringe a gettare sulla strada tutti i rifiuti e le
immondizie, tutta l’acqua sporca, anzi, spesso tutto il sudiciume più ripugnante e lo sterco, poiché si
tolgono ad essi tutti i mezzi per sbarazzarsene, costringendoli in tal modo ad appestare i propri
quartieri. (…) Tutti i mali possibili vengono accumulati sul capo dei poveri. (…). Essi vengono
ammucchiati in uno spazio particolarmente ristretto. (…) Li si rinserra a dozzine in un’unica stanza,
nella quale l’aria che respirano di notte è ancora più soffocante. (…) Si tolgono loro tutti i piaceri,
tranne quelli del sesso e dell’alcool, mentre ogni giorno li si fa lavorare fino all’estremo limite di
tutte le forze fisiche e morali.” F. Engels) La condizione della classe operaia in Inghilterra
( in base a osservazioni dirette e fonti autentiche, 1846
G. Doré, London: a pilgrimage (1872)
A lato: Quartiere operaio nel centro di
Londra
Sopra: Houndsditch
II rivoluzione
industriale:
COME CAMBIA IL LAVORO
7
Più operai scarsamente qualificati
Singolo artigiano qualificato (anche donne e bambini)
Segue l’intero processo produttivo controllano solo una fase della produzione
Nella fabbrica
In casa o in bottega La seconda rivoluzione industriale incominciò a
manifestarsi, nei Paesi più avanzati, a partire dal
1870 e si verificò con una maggiore simultaneità
Concentramento della classe operaia nelle
rispetto alla precedente rivoluzione. La
città industriali
caratteristica principale di questa seconda fase fu
la sostituzione del carbone, come fonte
Peggioramento delle condizioni
energetica, con l'elettricità e il petrolio e un uso
di vita e di lavoro
sempre più ampio dell’acciaio.
I diversi settori lavorativi vennero influenzati
notevolmente dalle nuove tecnologie introdotte
dalle scoperte scientifiche. Sempre più necessario
si rese la creazioni di imprese di grandi
dimensioni e la concentrazione della popolazione
in vasti agglomerati urbani (Berlino, Vienna,
Mosca, San Pietroburgo all’inizio del secolo
passarono il milione di abitanti, raggiungendo
Londra e Parigi), con il conseguente aggravarsi
del problema del sovraffollamento dei quartieri
operai.
La fusione di più imprese in trust e kartel, indispensabile per la creazione del capitalismo moderno,
caratterizzò la nuova tendenza delle industrie ad assumere dimensioni ciclopiche e a controllare
interi settori dell’industria. Questi nuovi colossi industriali costituirono una concorrenza terribile per
i piccoli commercianti e gli artigiani (i cosiddetti “ceti medi”), sempre più schiacciati da grandi
industrie capaci di produrre beni in serie e a basso costo.
Taylorismo e fordismo A partire dai primi anni del XX
secolo, la produzione di beni di
consumo in quantità sempre più
ampie rese necessaria
un’impostazione del lavoro sempre
più rigida e organizzata ai fini di una
sempre più imponente produzione in
cui la creatività personale cessò di
avere ogni significato e rilevante
divenne solo la meccanica
esecuzione delle istruzioni ricevute.
L’innovazione più importante in
questo senso fu la catena di
montaggio, il simbolo della
spersonalizzazione del lavoro e la
protagonista della nuova organizzazione all’interno delle industrie, che portò a termine il processo di
divisione del lavoro che l’applicazione della macchina al processo produttivo aveva introdotto nella
prima rivoluzione industriale. Nella catena di montaggio il processo produttivo venne scomposto in
un numero elevatissimo di operazioni elementari per cui il lavoratore era chiamato a compiere