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Inglese: Charles Dickens (Oliver Twist)
Latino: Virgilio (le georgiche); Seneca (De otio)
Storia: i sindacati; la condizione dei lavoratori dopo l'URSS di Stalin
Pedagogia: Karl Marx; John Dewey; Georg Kerschensteiner
Filosofia: destra e sinistra hegelliana; Karl Marx
Metodologia: la motivazione al lavoro; la povertà
Biologia: l'apparato scheletrico e muscolare; i disturbi dell'apparato locomotore
Arte: il realismo; Jean-François Millet (Le spigolatrici)
Matematica: le funzioni
Diritto: il lavoro e i sindacati
LUIGI PIRANDELLO
- Biografia
« Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra
campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti
di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos". »
Luigi Pirandello nasce il 28 giugno 1867 nella villa detta Caos nei pressi di
Girgenti (oggi Agrigento). Dopo gli studi liceali compiuti a Palermo, rientra
nel 1886 a Girgenti, dove affianca per breve tempo il padre nella
conduzione di una miniera di zolfo e si fidanza con una cugina (rompendo
in seguito il fidanzamento). Si iscrive prima all'università di Palermo, poi
passa alla Facoltà di Lettere dell'università di Roma, ma a causa di un
contrasto con il preside, si trasferisce all'università di Bonn, dove nel
1891 si laurea in Filologia. Intanto ha già esordito come poeta con Mal
giocondo (1889) e con Pasqua di Gea (1891), raccolta che dedica a Jenny
Schulz-Lander, di cui a Bonn si è innamorato.
Nel '92, fermamente deciso a dedicarsi alla sua vocazione letteraria, si
stabilisce a Roma, dove vive con un assegno mensile del padre. Compone
così le prime novelle e il suo primo romanzo, uscito nel 1901 con il titolo
L'esclusa. Non abbandona tuttavia la poesia: escono nel '95 le Elegie
renane, nel 1901 Zampogna, e nel 1912 Fuori di chiave, la sua ultima raccolta poetica. Nel 1894 sposa a
Girgenti, con matrimonio combinato tra le famiglie, Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio del
padre. Si stabilisce definitivamente a Roma, dove nascono i tre figli Stefano (1895), Rosalia (1897) e Fausto
(1899). Pirandello vive sempre con disagio il rapporto con la fragile e inquieta moglie, avvertendo il forte
peso delle norme comportamentali risalenti alle radici siciliane. Inizia una fitta collaborazione con diversi
giornali e riviste letterarie, sulle quali pubblica una ricca e vasta produzione narrativa che trova consensi
presso il pubblico, ma indifferenza da parte della critica. Scrive il romanzo Il turno (edito nel 1902) e lavora
ai suoi primi testi teatrali che per allora non riescono a raggiungere le scene. Nel 1903 l'allargamento di una
miniera di zolfo causa alla famiglia Pirandello un grave dissesto economico: il padre Stefano perde insieme
al proprio capitale anche la dote della nuora. In seguito alla notizia dell'improvviso disastro finanziario,
Antonietta, già sofferente di nervi, cade in una gravissima crisi che durerà per tutta la vita sotto forma di
grave paranoia. Abbandonata la tentazione del suicidio, Pirandello cerca di fronteggiare la disperata
situazione, assistendo Antonietta (che verrà internata in una casa di cura solo nel 1919); e per arrotondare
il magro stipendio universitario, impartisce lezioni private e intensifica la sua collaborazione a riviste e a
giornali.
Nel 1904 Il fu Mattia Pascal , pubblicato a puntate sulla «Nuova Antologia», riscuote un successo tale che
uno dei più importanti editori del tempo decide di occuparsi della pubblicazione delle sue opere. Nel 1908
pubblica due volumi saggistici Arte e scienza e L'Umorismo, grazie ai quali ottiene la nomina a professore
universitario di ruolo. Nel 1909 inizia la sua collaborazione, che durerà fino alla morte, al «Corriere della
Sera», su cui appaiono via via le sue novelle; e pubblica la prima parte del romanzo I vecchi e i giovani (la
seconda esce in volume nel 1913). Nel 1911 esce il romanzo Suo marito. Scrive anche alcuni soggetti
cinematografici, mai realizzati; mentre nel 1915 pubblicherà il romanzo Si gira... Nel 1915-'16 inizia la sua
prodigiosa e intensa attività teatrale, che darà vita a dibattiti e discussioni in Italia e all'estero.
Proprio negli anni della grande guerra, (vissuti drammaticamente anche per la perdita della madre e per la
partenza dei figli per il fronte), scrive alcune celebri opere: Pensaci Giacomino!, Liolà (1916), Così è (se vi
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pare), Il berretto a sonagli, Il piacere dell'onestà (1917), Ma non è una cosa seria e Il gioco delle parti (1918).
Nel 1918 esce il primo volume delle Maschere nude, titolo sotto cui raccoglie i suoi molteplici testi teatrali.
Nel 1920 il teatro pirandelliano con Tutto per bene e Come prima, meglio di prima, si afferma pienamente,
e a partire dall'anno successivo raggiunge il grande successo internazionale con il capolavoro Sei personaggi
in cerca d'autore. Abbandonata la vita sedentaria degli anni precedenti, Pirandello vive e scrive negli
alberghi dei più importanti centri teatrali sia europei che americani, curando personalmente l'allestimento
e la regia delle sue opere. In questi stessi anni il cinema trae diversi film dai suoi testi teatrali e narrativi, di
cui continuano a uscire ristampe e nuove edizioni.
Nel 1922 esce il primo volume della raccolta Novelle per un anno; la sua produzione teatrale prosegue con
Enrico IV e Vestire gli ignudi (1922), L'uomo dal fiore in bocca (1923), Ciascuno a suo modo (1924), Questa
sera si recita a soggetto (1930). Nel 1924 si iscrive formalmente al partito fascista, da cui ottiene appoggi e
finanziamenti per la compagnia del Teatro d'Arte di Roma che, sotto la direzione dello stesso Pirandello,
porta per tre anni (fino al 1928) il teatro pirandelliano in giro per il mondo. L'interprete per eccellenza delle
sue scene è la "prima attrice" Marta Abba, a cui Pirandello si lega anche sentimentalmente. Nel 1926 esce
in volume il romanzo Uno, nessuno e centomila, ultimo romanzo, frutto di una lunga gestazione, intessuto
di interrogativi che il protagonista rivolge direttamente al lettore, per coinvolgerlo in una vicenda
"universale", un riepilogo di tutta l’attività, narrativa e teatrale dell'autore. Il dramma La nuova colonia
(1928) inaugura l'ultima stagione pirandelliana, quella fondata sui «miti» moderni, che culmina nell'opera
incompiuta I giganti della montagna. Nel 1929 è nominato membro dell'Accademia d'Italia.
Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura. Si ammala di polmonite e muore nella sua casa romana il
10 dicembre 1936.
- Poetica
Fin dal primo momento l'oggetto privilegiato, o pressoché esclusivo, delle rappresentazioni pirandelliane
non furono le classi popolari bensì la condizione della piccola borghesia. Da questa prospettiva lo scrittore
seppe sviluppare una corrosiva critica di costume, cogliendo in profondità la crisi delle strutture tradizionali
della famiglia patriarcale. Poiché però anch'egli apparteneva alla piccola borghesia, finì per assolutizzarne i
dubbi e le sofferenze, che rappresentò come il segno di una condizione eterna di tutti gli esseri umani. Al
centro della concezione pirandelliana sta il contrasto tra ciò che gli uomini credono di vedere, anche in
buona fede, e la sostanza delle cose. La critica delle illusioni va di pari passo con una drastica sfiducia nella
possibilità di conoscere la realtà. Per poter vivere, dice il Pirandello, tutti dobbiamo formarci delle
rappresentazioni compiute del mondo e degli altri; queste rappresentazioni, tuttavia, saranno sempre del
tutto inadeguate alla verità della vita, un flusso continuo e inarrestabile. Il Pirandello spiega la propria
poetica in maniera organica nel saggio “L’umorismo”, in cui teorizza una forma d’arte, da lui definita
“umorismo”, fondata sul “sentimento del contrario”. L’umorismo del Pirandello si basa tutto su codesto
“sentimento del contrario” che consiste in una “contemporanea presenza di rappresentazione e di
riflessione, su una disposizione dell’artista a scomporre i vari momenti della nostra personalità e coglierne
le contraddizioni”. Per Pirandello, inoltre, il mondo stesso è dominato dal caso e privo di senso. Se le parole
non possono mai stare alla pari con la complessità del reale, sarà compito della letteratura mostrare
quest'inadeguatezza, usando paradossalmente proprio quelle parole di cui essa denuncia la fragilità. Ma
l’arte maggiore del Pirandello va ricercata soprattutto nella sua opera di drammaturgo. Egli segna nel teatro
una svolta decisiva. Prima di lui il teatro s’era proposto di portare in scena uno spaccato della realtà
oggettivamente intesa e rappresentata con l’arte del verosimile. Ma per Pirandello, che esclude
l’oggettività della realtà, ciò è impossibile. Egli perciò, mentre da un lato ribadisce, nei suoi drammi, che la
realtà oggettiva non esiste in quanto ognuno la interpreta a suo modo, determinando così la propria
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incapacità di avere relazioni costruttive con gli altri [“Così è (se vi pare)”], dall’altro tende ad affermare «il
tragico conflitto immanente - sono parole sue - tra la vita che di continuo si muove e cambia e l'arte che la
fissa, immutabile». A quest’ultimo fine dedica le tre commedie del cosiddetto “teatro nel teatro” (“Sei
personaggi in cerca d’autore”, “Ciascuno a suo modo” e “Questa sera si recita a soggetto”), nelle quali
tratta il tema del contrasto tra personaggi e attori, tra registi e attori divenuti personaggi, tra autori, attori e
spettatori. Certamente i drammi del Pirandello appaiono a volte appesantiti da lunghi e sottili
ragionamenti, paradossali e apparentemente assurdi, ma nella rappresentazione “dell’incomunicabilità”
che affligge l’uomo ed è la sua tragica condizione esistenziale, appare evidente un profondo senso di
“pietà” verso l’uomo, una pietà che si fa poesia. Le opere teatrali del Pirandello contengono molte pagine
belle di sincero sentimento lirico, di profonda umanità, di accorata tristezza e pietà per il destino e la
fragilità dell’uomo; però presentano non pochi difetti, come l’umorismo spietato e distruttore, l’eccessiva
impostazione intellettualistica delle vicende, l’uniformità dei motivi e dei problemi trattati, lo squallore di
intrecci contorti e stentati, il cerebralismo di personaggi che non vivono le loro azioni, ma le analizzano con
dialettica sottile, quasi sofistica, e tono predicatorio.
- Ciaula scopre la Luna
Il protagonista è un ragazzo siciliano , il quale lavora come “caruso” (il termine siciliano letteralmente
significa ragazzi) nella miniera di zolfo di Zi’Scarda. Pirandello da subito presenta la storia come quella di un
“animale” che si esprime con versi animaleschi (come le cornacchie), incapace di vivere e sentirsi al sicuro
fuori dalle viscere della montagna; costretto a subire le intemperie di chi è più forte, senza però capire il
perché, fa del lavoro la sua unica ragione di vita. La novella è divisa in tre momenti. Il primo si svolge in
piena luce, all'esterno della cava e presenta la ribellione dei lavoratori, che non accettano di prestare lavoro
straordinario e abbandonano la cava. Quindi si trova ad effettuare il lavoro l'unico lavoratore rimasto, il
vecchio zi' Scarda, che a sua volta si impone a Ciaula. In questa prima fase domina il discorso diretto, che
sottolinea momenti di clamore e concitazione; la descrizione dell'ambiente è di tipo verista, sul modello
verghiano, con uso preciso di termini tecnici, gergali e dialettali ed espressioni popolari e sintatticamente
vicine al parlato. Il secondo momento si svolge all'interno della cava ed occupato dalla descrizione di zi'
Scarda, del suo rapporto con Ciaula, di cui vengono fornite le notizie essenziali. In questa fase viene meno il
discorso diretto e alla descrizione esterna dei personaggi si affiancano considerazioni di tipo psicologico,
con adozione del punto di vista del personaggio. Nel terzo momento, il più importante, il centro d'interesse
è unicamente Ciaula, con la sua paura prima e il suo stupore poi, quando scopre la luna. La descrizione è di
tipo interiore, psicologico, attraverso il punto di vista di Ciaula stesso; il movimento del protagonista
procede dall'interno della cava, dal buio alla luce, dal basso in alto, sia in senso spaziale sia morale e
l'interesse è tutto concentrato sullo stato d'animo del personaggio, solo con se stesso di fronte alla luna.