Concetti Chiave
- La poetica di Verga si focalizza sulla rappresentazione di una società di vinti, umili e miseri, senza un oppressore definito, evidenziando la ciclicità della miseria e della condizione umana.
- Verga si propone come osservatore imparziale, interessato ai vinti e ai deboli, dipingendo la realtà italiana dell'epoca con un realismo crudo e senza giudizi.
- Il pessimismo verghiano non è fine a se stesso ma nasce dalla rappresentazione di un'Italia in crisi, dove la società è intrappolata in un "lavorìo universale" privo di vera progressione umana.
- Verga non cerca di offrire soluzioni o rivoluzioni, ma vuole suscitare nel lettore una sensazione di melanconia e tristezza, distaccandosi dall'idea di narrativa con scopo educativo.
- Le opere di Verga, come "Rosso Malpelo" e "I Malavoglia", sono istantanee della società italiana post-unitaria, rappresentando la miseria e il fatalismo dell'epoca senza alterare la realtà osservata.
In questo saggio breve presentato sotto forma di tema viene riportata la descrizione della poetica del grande intellettuale italiano dell'Ottocento Giovanni Verga. Sono riportate tutta una serie di fonti bibliografiche che servono per spiegare al meglio la poetica letteraria di Verga. Ci sono dei riferimenti bibliografici alla sua celebre novella nota con il titolo Rosso Malpelo, riferimenti bibliografici ad uno dei suoi romanzi più celebri, ovvero i Malavoglia.
Altri riferimenti bibliografici riguardano anche Niccolò Machiavelli.

Operare una scelta non è essere pessimisti
“Vedi quella cagna nera, che non ha paura delle tue sassate; non ha paura perché ha più fame degli altri”
- da Rosso Malpelo - G.Verga -
E’ una società di vinti, di gente umile e misera quella presentata dal Verga. Una società basata sulla legge del più forte dove ogni essere vivente - dall’asino soprannominato “il grigio” al “Malpelo” al Mazzarò invasato dal male silenzioso, l’avidità - deve “avvezzarsi a vedere in faccia ogni cosa bella o brutta”. Tuttavia se da una parte la letteratura verista ci indica un esercito infinito di oppressi è arduo riconoscere nel “lavorìo universale” un oppressore, un tiranno che soggioga la vita e rivendica un controllo medievalesco. Lo stesso autore affermerà nella Prefazione dei Malavoglia la ciclicità della miseria, del soffocamento, della condizione di vinto.
“solo l’osservatore, guardandosi attorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvegnenti, i vincitori d’oggi, affrettati anch’essi, avidi anch’essi d’arrivare, e che saranno sorpassati domani”
E’ molto interessante analizzare l’onere che si auto pone Verga in qualità di osservatore/autore: interessarsi dei vinti e dei deboli che vengono sopraffatti dalla massa, che rimangono indietro, che vengono schiacciati dal piede del progresso. Perché tanto interesse per i vinti. Per quale motivo il siculo Verga decide di narrare con questa chiave di lettura la sua madre patria. La realtà dei vinti è figlia voluta di un pessimismo cosciente o indesiderata di un’Italia in crisi?
L’atmosfera che permea le novelle e i romanzi più maturi è costruita su un substrato culturale fatto di superstizioni e credenze: “Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo” (da Rosso Malpelo - G.Verga). I personaggi sono immersi in un’Italia difficile, meschina, non creata dall’autore. Verga si è limitato a rendere affabile, attraverso la letteratura, l’ineffabile realtà presentandola al pubblico italiano così come si mostra.
“Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà com’è stata, o come avrebbe dovuto essere”
(Prefazione Malavoglia - G.Verga)
per ulteriori approfondimenti sugli umili e i vinti vedi anche qua
Altri aspetti importanti
Tuttavia emerge dalle narrazioni un profondo senso pessimistico.
“Ecco come vanno le cose! Anche il grigio ha avuto dei colpi di zappa e delle guidalesche e anch’esso quando piegava sotto il peso e gli mancava il fiato per andare innanzi, aveva di quelle occhiate, mentre lo battevano, che sembrava dicesse: Non più! non più! Ma ora gli occhi se li mangiano i cani, ed esso se ne ride dei colpi e delle guidalesche con quella bocca spolpata e
tutta denti. E se non fosse mai nato sarebbe stato meglio.” (da Rosso Malpelo - G.Verga)
La condizione umana è tanto misera che se non si nascesse sarebbe ancor meglio. Perché alla fin fine ci si adopera tanto in un “lavorìo universale” cercando di raggiungere un progresso senza badare ai mezzi con i quali lo si raggiunge; sembra risuonar a gran voce il “De Principatibus” di Machiavelli.
“Il cammino fatale […] che segue l’umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato […]. Il risultato umanitario copre quanto c’è di meschino negli interessi particolari che lo producono; li giustifica quasi come mezzi necessari a stimolare l’attività dell’individuo cooperante inconscio a beneficio di tutti.” (Prefazione Malavoglia - G.Verga)
Lo scopo di Verga non è quello di “districare la verità” o di dare una spiegazione, ma di presentare un qualcosa “che suscita nel lettore non la rivolta, ma una impressione di melanconia soffocante, una gran tristezza” come afferma Luperini in Verga e le strutture narrative del realismo. Il lettore si sente soffocato, sconfitto, dal panorama che si trova difronte. Non ci si trova assolutamente nell’idea manzoniana “dell’utile per iscopo”. Lo scopo non c’è o meglio non coincide con una ipotetica rivoluzione stimolata e finalizzata a cambiare una realtà macera e malata.
Dunque la realtà dei vinti è figlia voluta di un pessimismo cosciente o indesiderata di un’Italia in crisi?
La risposta è palese. Non si può parlare di un vero e proprio pessimismo verghiano perché egli non si pone come autore di una o più storie. La narrazione, a noi moderni, pare una raccolta di “interviste” e constatazione della popolazione e degli italiani del tempo, i quali forniscono nella loro eterogeneità una visione omogenea. L’Italia post unitaria è in crisi: sono in crisi i valori, i Governi, e gli individui. G. Baldi, autore dell’epoca moderna, in L’artificio della regressione affermerà che la crisi generale del periodo post unitario è degenerata in un cupo fatalismo e in un pessimismo desolato. Qui si colloca Verga che non può far altro che “ avere un atteggiamento puramente contemplativo di fronte alla realtà di fatto” continua il Baldi. Il ruolo dell’autore, in senso metaforico, può essere abbassato a semplice osservatore. Verga nella sua biblioteca di capolavori ha realizzato un’istantanea in bianco e nero; l’ha colorata con l’abilità di eccelso letterato ma l’ha lasciata invariata. Se il soggetto più allettante all’epoca fu la Sicilia, i Vinti e la miseria - economica e non - esso fu rappresentato; operare una scelta non è assolutamente essere pessimisti.
Destinazione
Fascicolo Scolastico.
Fonti:
- Prefazione Malavoglia (G.Verga)
- Rosso Malpelo (G.Verga)
- Verga e le strutture narrative del Realismo. Saggio su Rosso Malpelo (R.Luperini)
- L’artificio della regressione. Tecnica narrativa e ideologia di Verga verista (G. Baldi)
Domande da interrogazione
- Qual è la visione della società presentata da Giovanni Verga nelle sue opere?
- Perché Verga si interessa ai vinti e ai deboli nella sua narrativa?
- Qual è l'atmosfera predominante nelle opere di Verga?
- Qual è lo scopo della narrativa di Verga secondo il saggio?
- Come viene interpretato il ruolo di Verga come autore?
Verga presenta una società di vinti, umile e misera, basata sulla legge del più forte, dove ogni individuo deve affrontare la realtà, bella o brutta, senza un oppressore definito.
Verga si interessa ai vinti e ai deboli per rappresentare la realtà dell'Italia in crisi, non per pessimismo, ma per offrire una visione autentica della società del suo tempo.
L'atmosfera è permeata da un profondo pessimismo, dove la condizione umana è vista come misera e il progresso è raggiunto a scapito degli individui.
Lo scopo non è di districare la verità o stimolare una rivoluzione, ma di suscitare nel lettore una melanconia soffocante e una tristezza, rappresentando la realtà com'è.
Verga è visto come un osservatore che documenta la realtà senza giudicarla, offrendo una visione omogenea della crisi post-unitaria italiana attraverso una narrativa contemplativa.