Italia fascista
1. Il totalitarismo imperfetto.
Nel fascismo erano sovrapposte due strutture e gerarchie parallele:
- Quella statale che aveva conservato le vecchie strutture
- Quella del partito
Esse erano unificate dal Gran consiglio del fascismo e al di sopra di tutti c’era Mussolini che si serviva dei prefetti per diffondere le idee e della polizia di Stato per la sicurezza (la milizia aveva valenza decorativa). Alla fine degli anni ’20 l’iscrizione al partito divenne un fenomeno di massa e necessaria per ottenere un posto nell’amministrazione statale. Il progetto totalitario del fascismo mirava ad occuparsi anche della vita privata dei cittadini istituendo nuove organizzazioni per adulti e bambini:
- l’Opera nazionale dopolavoro si occupava del tempo libero e organizzava gare sportive (fino ad allora affidate a privati) e gite domenicali
- i Fasci giovanili, i Gruppi universitari fascisti e l’Opera nazionale Balilla (12-18) che davano ai ragazzi un insegnamento ideologico, fisico e premilitare
- i Figli della lupa (sotto i 12)
ma a Mussolini si opponevano due importanti istituzioni
- la Chiesa. Essendo la maggior parte delle persone cattoliche era impossibile per Mussolini opporsi ad essa senza perdere consensi, così decise di intraprendere delle trattative e nel ’29 firmò con Gasparri (segretario) i patti lateranensi (dal luogo) che di articolavano in 3 parti:
1. trattato internazionale in cui la Chiesa riconosceva il regno d’Italia e Roma come sua capitale e otteneva lo Stato simbolico del Vaticano
2. convenzione finanziaria che obbligava lo stato a pagare una forte indennità per averlo privato del suo Stato
3. concordato che regolava i rapporti tra stato e Chiesa
inoltre stabiliva che:
• i sacerdoti non avessero l’obbligo militare
• i preti spretati fossero esclusi dagli uffici pubblici
• il matrimonio religioso avesse la stessa valenza di quello civile
• l’insegnamento cattolico nell’istruzione pubblica
• l’Azione cattolica potesse svolgere le sue attività
ciò giovò a Mussolini che riuscì dove altri erano falliti ottenendo maggiori consensi, e alla Chiesa che rafforzò il suo ruolo nello stato rinunciando a cose che aveva già perso e si assicurava molta autonomia con l’Azione cattolica. Inoltre cominciò a formare organizzazioni giovanili per educare i giovani ai suoi valori, mai per opporsi al regime.
- la monarchia. Il re si trovava al di sopra di Mussolini anche se ne era molto sottomesso ma poteva sollevarlo dall’incarico di capo del governo in ogni momento, quindi Mussolini doveva sempre rifarsi a lui.
2. Il regime e il paese.
L’Italia era un paese fascistizzato, ovunque c’erano ritratti di Mussolini o il simbolo del fascio littorio e la gente affluiva in massa ai comizi del duce. Gli scolari sfilavano come militari con le divise e i fucili di legno e gli adulti si riunivano per celebrare i riti del regime. Ma continuò a svilupparsi come tutti i paesi Europei: aumentarono i lavoratori industriali e gli occupati nel commercio, nei servizi e nell’amministrazione. L’Italia era ancora molto arretrata e le persone si nutrivano di farinacei, poco latte e carne e consideravano il tè, il caffè e lo zucchero generi di lusso. L’arretratezza economica e civile della società favorì l’ascesa del regime che aveva tendenze conservatrici. Il fascismo, come il nazismo, predicava il ritorno alla campagna e la ruralizzazione e cercava di diminuire, senza riuscirci, l’afflusso dei lavoratori nelle città. In accordo con la Chiesa, esaltò la funzione del matrimonio e cercò di promuovere le nascite con vari provvedimenti come:
- l’aumento degli assegni familiari
- l’assunzione dei padri di famiglia
- premi per le famiglie più numerose
- tassa sui celibi
in questo modo ostacolò il lavoro delle donne e si oppose all’emancipazione femminile. Furono istituite organizzazioni anche per le donne (Fasci femminili, piccole italiane e massaie rurali) che promuovevano la figura della donna casalinga e madre. Ma oltre a ciò, il fascismo, cercò di formare una popolazione inquadrata nel regime e pronta a combatter. La Carta del lavoro non riusciva a ripagare i lavoratori della perdita dell’autonomia organizzativa e l’organizzazione dopolavoristica non bastava a compensare il calo dei salari reali. I maggiori successi derivarono dalla piccola e media borghesia che furono favoriti poiché trovarono nuove strade per l’ascesa sociale e si sentivano più sensibili ai valori esaltati dal fascismo.
3. Cultura, scuola, comunicazioni di massa.
Il fascismo si preoccupò anche della cultura e, nelle scuole, venne introdotta la riforma Gentile che si ispirava ai principi della pedagogia moderna e stabiliva il primato delle discipline umanistiche su quelle tecniche. Mussolini si preoccupò di fascistizzare la scuola sorvegliando gli insegnanti e i libri e introducendo i testi unici per le elementari. Gli insegnanti si piegarono al suo volere ma molti continuarono a insegnare come avevano sempre fatto. L’università era più autonoma e nel ’31 gli insegnanti furono costretti a fare il giuramento di fedeltà al regime e molti lo fecero per non perdere il lavoro mentre pochi rifiutarono e persero il lavoro. Molti intellettuali (Pirandello, Marconi, Piacentini …) aderirono al regime per usufruire di vantaggi che dava. Importante fu anche il controllo sulla stampa che venne affidato al Minculpop ma che era gestito personalmente da Mussolini. Le trasmissioni radiofoniche, affidate all’Eiar vennero seguite meno che in altri paesi e si svilupparono dopo il ’35 quando vennero introdotte nelle scuole e negli uffici. Nel cinema si cercò di favorire i film italiani a scapito di quelli stranieri eliminando argomenti politici. La propaganda venne fatta nei cinegiornali che furono fondamentali in quanto riuscivano a raggiungere gran parte della popolazione e potevano attirare maggiormente l’attenzione, infatti, Mussolini sfruttava molto il linguaggio del corpo perché sapeva quanto potesse influenzare le persone.
4. Il fascismo e l’economia. La “battaglia del grano” e “quota novanta”.
Il fascismo si pose come terza via tra il capitalismo e il socialismo. Riprese l’idea delle corporazioni dal Medioevo per far gestire l’economia direttamente dalle categorie divise per mestieri. Grazie ad esse, il fascismo, riuscì a creare una nuova burocrazia e a fare importanti interventi nell’economia. All’inizio il fascismo adottò una linea liberista che incoraggiava l’iniziativa privata ma ciò fece aumentare il deficit e fece diminuire il valore della lira. La svolta economica avvenne quando Volpi divenne ministro delle Finanze e inaugurò una politica fondata sul protezionismo, sulla deflazione e sulla stabilizzazione monetaria. Esso intraprese 2 importanti “battaglie”:
1. la battaglia del grano in cui venne inasprito il dazio sul grano per poter raggiungere l’autosufficienza nel settore dei cereali grazie all’aumento della superficie coltivata a grano e l’impiego di tecniche più avanzate. L’obiettivo venne raggiunto in poco tempo ma a svantaggio dell’allevamento e delle colture specializzate.
2. per la rivalutazione della lira. Mussolini voleva portare la lira a quota novanta (90 lire per 1 sterlina) per mostrare al mondo la stabilità politica ed economica dell’Italia. L’obiettivo venne raggiunto in poco più di un anno grazie alla limitazione del credito e all’aiuto delle banche statunitensi. Ciò fece abbassare i prezzi interni, vennero diminuiti i salari ai lavoratori statali, vennero svantaggiate le industrie per l’esportazione e favorite quelle interne. Vennero avvantaggiate le grandi imprese e svantaggiate le piccole.
5. Il fascismo e la grande crisi: lo “Stato-imprenditore”.
La crisi mondiale attraversò anche l’Italia in cui il commercio con l’estero venne ridotto, l’agricoltura subì un colpo a causa del calo delle esportazioni e del crollo dei prezzi, l’industria entrò in difficoltà e dovette tagliare i salari e la disoccupazione aumentò. Per far fronte alla crisi il regime si mosse su due fronti:
- promosse lavori pubblici per dare slancio alla produzione come la costruzione di edifici monumentali o le opere di bonifica che permisero di recuperare terre incolte come la Bonifica dell’Agro Pontino che ebbe anche un grande successo propagandistico.
- Intervenne direttamente o indirettamente per aiutare i settori in crisi.
Molte banche entrarono e, per evitarne il fallimento, venne creato un istituto di credito pubblico (Imi) per controllare le maggiori imprese italiane. Esso, una volta superata la crisi, doveva permettere alle imprese la riprivatizzazione ma ciò non avvenne così lo Stato divenne uno stato-imprenditore poiché si trovò a controllare una quota dell’apparato industriale e bancario superiore a chiunque altro. Mussolini adoperò anche un personale tecnico e formò una burocrazia parallela che svolgesse un ruolo di primo piano.
6. L’imperialismo fascista e l’impresa etiopica.
Il fascismo si pose come il paladino della riscossa nazionale e cercò di restaurare le vittorie dell’antica Roma. Ma al contrario della Germania, l’Italia non potè rivendicare una riscossa nazionale in quanto era stata una potenza vincitrice, così, si oppose all’assetto uscito da Versailles. Ciò peggiorò i rapporti con la Francia ma continuò a mantenerli con la Germania con la quale firmò il Patto di Stresa. La guerra in Etiopia era poco sentita e avrebbe impegnato alti costi umani ed economici ma Mussolini la presentò come la vendetta della sconfitta di Adua. I governi Società delle nazioni venisse cancellata dalla cartina geografica. Quando l’Italia, nel 1935, invase l’Etiopia senza una dichiarazione di guerra, condannarono ufficialmente l’azione e adottarono delle sanzioni che bloccavano l’esportazione di merci belliche in Italia ma ciò non bastò in quanto, in questo patto, erano coinvolti solo i membri della Società delle nazioni (no USA e Germania). In Italia si sviluppò un forte patriottismo e l’afflusso nelle piazze a favore della guerra fu altissimo, molte coppie donarono le loro fedi per finanziarla e alcuni antifascisti come Croce ne furono favorevoli. Si svilupparono anche sentimenti razzisti e fu vista come una crociata per liberare il popolo da un regime schiavista. Gli etiopici si batterono strenuamente guidati da Selassiè ma il loro esercito era poco organizzato e mal equipaggiato così il 5 maggio 1936 le truppe guidate da Badoglio entrarono ad Addis Abeba e Mussolini offrì al sovrano la corona di imperatore d’Etiopia. Ciò ebbe gravi costi economici ma in politica fu un’ottima propaganda che fece assumere all’Italia il ruolo di grande potenza. Ma in realtà non fu così in quanto non era in grado di affrontare le altre potenze e lo sapeva lo stesso Mussolini che, inebriato dal successo, credette il contrario. L’Italia era riuscita a vincere perché gli inglesi decisero di non intervenire. Nel 1936 Mussolini firmò un patto di amicizia con Hitler Asse Roma-Berlino e la Germania e il Giappone firmarono il Patto anticomintern in cui si impegnavano a combattere il comunismo internazionale. L’Italia sperò di sfruttare l’amicizia con Hitler a proprio vantaggio, per espandersi, ma il dinamismo della Germania non diede a Mussolini il tempo necessario per attuare il proprio piano. Così Mussolini si trovò ad essere condizionato da Hitler e a firmare il Patto d’acciaio che legava i destini dei due paesi.
7. L’Italia antifascista.
Quando nel ’25-’26 il dissenso politico fu proibito, molti italiani vennero esiliati, incarcerati o dovettero restare in silenzio. La Chiesa non interruppe i rapporti con il Ppi e i liberali avevano come leader Benedetto Croce che, grazie alla sua notorietà, il fascismo decise di lasciargli esercitare la sua attività e il suo giornale “La Critica” continuò ad essere stampato. Agli antifascisti si aprivano due strade:
- partire in esilio. Molti antifascisti svolsero la loro attività all’estero, soprattutto in Francia, diffondendo, nell’opinione pubblica, anche l’idea antifascista. I comunisti emigrati rimasero in isolamento e avevano una base a Parigi che era strettamente legata ai dirigenti a Mosca che appartenevano all’internazionale. Il loro leader fu Palmiro Togliatti che prese il posto di Gramsci.
- combattere in patria clandestinamente. Questa via fu intrapresa dai comunisti grazie alla loro struttura organizzativa e riuscirono a far infiltrare uomini nelle organizzazioni giovanili o nei sindacati. Il movimento Giustizia e Libertà fondato da Terragni e da Lussu di proponeva di unire la libertà politica alla giustizia sociale coniugando il liberalismo e il marxismo.
Gramsci e Terracini scrissero una critica alla linea ufficiale e fecero una riflessione sulla storia d’Italia e sul ruolo degli intellettuali. Nel ’35 i comunisti si allearono nel patto di unità d’azione con i socialisti che durò pochi anni (poi ci fu la guerra). Il movimento antifascista non ebbe molti risultati e riuscì a combattere il fascismo verso la fine della guerra quando ormai era sconfitto, ma dimostrò che in Italia era presente un forte dissenso politico che permetterà di formare una resistenza armata.
8. Apogeo e declino del regime fascista.
Con la guerra in Etiopia il regime fascista raggiunse il massimo del successo ma pian piano cominciò a perdere consensi poiché intraprese una politica economica dura condizionata dalle spese militari che servivano a sopprimere le rivolte in Etiopia e a sostenere la Spagna. Nel ’35, in seguito alle sanzioni, Mussolini introdusse la politica dell’autarchia che arrivasse all’autosufficienza economica introducendo riforme protezionistiche e sfruttando maggiormente il sottosuolo. Ciò avvantaggiò molte industrie ma non raggiunse mai l’autosufficienza. Ci fu un aumento dei prezzi e un peggioramento della vita del popolo. Inoltre Mussolini e il ministro degli Esteri Ciano intrapresero volevano intraprendere una politica guerriera e gli italiani erano preoccupati dall’amicizia con Hitler che si scontrava con le tradizioni del Risorgimento. Gli italiani avevano paura di un nuovo conflitto e volevano la pace (come si può vedere nel grande entusiasmo che mostrarono al ritorno di Mussolini dal congresso di Mosca). Ma Mussolini non voleva la pace e voleva che il popolo italiano si armasse e diventasse guerriero. Così assunse un atteggiamento duro e cercò di rendere il fascismo più totalitario creando un ministro per la Cultura popolare, accorpando le varie organizzazioni giovanili e cambiando la Camera in una Camera dei fasci e delle corporazioni. Intraprese anche una campagna contro l’uso del lei (troppo servile) e dei nomi stranieri, introdusse divise per i funzionari pubblici e adottò il passo romano. Nel 1938 introdusse le leggi razziali simili a quelle tedesche che allontanavano gli ebrei dagli uffici pubblici, ne limitavano il lavoro e vietavano i matrimoni misti. La teoria della razza venne preparata da scienziati che sostenevano la purezza della razza italiana. In questo modo Mussolini cercava di aumentare l’orgoglio nazionale e rendere gli italiani più aggressivi ma avvenne il contrario e si scontrò anche con la Chiesa che si opponeva alle motivazioni biologico-razziali. Solo i giovani continuarono ad esserne ancora fortemente influenzati poiché furono abituati da subito a questo regime, ma una volta scoppiato il conflitto e divenuti soldati si resero conto che l’Italia non era in grado di intraprendere una guerra.