Concetti Chiave
- La situazione economica dell'Italia post-bellica era critica, con un debito pubblico elevato e una forte inflazione che colpiva i ceti medi mentre gli operai ottenevano aumenti salariali.
- Nel 1919, il Partito Popolare Italiano fu fondato dai cattolici guidati da don Luigi Sturzo, con l'obiettivo di promuovere il bene comune senza legarsi a ideologie radicali.
- Le tensioni sociali culminarono nel 1920 con l'occupazione delle fabbriche da parte degli operai, ispirati dalla rivoluzione russa, ma la protesta si concluse con risultati limitati.
- Giolitti, tornato al governo, cercò di gestire le tensioni interne con un approccio non interventista ma fu criticato per la sua passività da diverse classi sociali.
- Nel campo della politica estera, Giolitti negoziò con la Jugoslavia l'annessione dell'Istria e dichiarò Fiume città libera, ma dovette usare l'esercito per risolvere la questione con D'Annunzio.
Indice
Tensioni economiche e sociali
Contemporaneamente alle tensioni all’estero a causa della campagna dannunziana nella città di Fiume, all’interno del Regno d’Italia la situazione economica iniziava a farsi più problematica. Il debito pubblico era salito alle stelle e ciò causò una pesante svalutazione della lira e, di conseguenza, un rincaro di tutti i prodotti che l’Italia importava dall’estero.
Il paese era dunque in preda all’inflazione, che danneggiava soprattutto i ceti medi della popolazione.
Gli unici a trarre profitto da questa situazione furono proprio gli operai, che riuscirono ad ottenere un aumento del proprio salario; in un primo momento questo aumento sembrò bastare, ma con il tempo iniziò a serpeggiare la voglia di imitare la Russia e modificare la struttura interna attraverso una versa e propria rivoluzione socialista. Parallelamente a questa volontà che serpeggiava nelle fabbriche, anche nelle campagne regnava il malcontento: dopo la disfatta di Caporetto, era, infatti, stato promesso ai contadini che sarebbero stati distribuite delle terre per persuaderli a non ritirarsi dalla guerra. I contadini occuparono dunque delle terre, ma tutta la situazione venne comunque riportata all’ordine.Nascita del Partito Popolare Italiano
Nel gennaio 1919 i cattolici annunciarono ufficialmente il loro rientro nella vita politica del paese con la nascita del Partito Popolare Italiano (PPI); il leader di questo nuovo partito fu don Luigi Sturzo che precisò subito di non volersi rivolgere solo ai cattolici, ma a tutti gli italiani che si riconoscessero negli ideali e negli obiettivi del partito. Il partito non si legò né al liberalismo né tantomeno al socialismo, anche se comunque si prodigò sin da subito negli interessi dei ceti deboli. Non si puntava dunque ad una rivolta o all’abolizione della proprietà privata, bensì al bene comune, cioè allo sviluppo della società in tutte le sue componenti.
Crisi nel partito socialista
All’interno del partito socialista stava nascendo una grave crisi, poiché gli operai profondamente affascinati dalla rivoluzione russa, volevano attuarne una simile in Italia e se in un primo momento la dirigenza alimentava questo fermento, subito dopo si prodigava ed esortava la calma. Queste tensioni raggiunsero l’apice nel settembre del 1920, quando gli operai di alcune industrie metalmeccaniche, nel bel mezzo di roventi vertenze contrattuali, decisero di occupare le fabbriche. L’occupazione comunque si rivelò un fallimento poiché gli operai ottennero qualche piccola conquista sul piano salariale.
Giolitti e le occupazioni industriali
Era da poco ritornato al governo Giovanni Giolitti quando il nord Italia si ribellò occupando diverse industrie. Come al solito Giolitti decise di non intervenire e se a posteriori possiamo affermare che fece la scelta giusta, in quel momento il proletariato ma anche la borghesia lo accusarono di passività.
Politica estera e dimissioni di Giolitti
Per ciò che concerne la politica estera, Giolitti stipulò un accordo con la Jugoslavia, secondo il quale l’Italia poteva annettere l’Istria, mentre Fiume fu dichiarata città libera, ma dal momento che D’Annunzio non voleva abbandonare la città, Giolitti fu costretto a far intervenire l’esercito.
Infine, nel 1921, Giolitti abolì il prezzo politico del pane, stabilì la nominatività dei titoli azionari e aumentò la tassa di successione, guadagnando tutto l’astio della popolazione. Nel maggio 1921 alle elezioni anticipate, Giolitti formò il cosiddetto “Blocco nazionale” con i nazionalisti, i liberali e alcuni esponenti fascisti, anche se questa alleanza si rivelò un fallimento e così Giolitti fu costretto a rassegnare le proprie dimissioni.
Domande da interrogazione
- Quali furono le conseguenze economiche della svalutazione della lira in Italia?
- Qual era l'obiettivo principale del Partito Popolare Italiano (PPI) fondato nel 1919?
- Cosa accadde durante l'occupazione delle fabbriche nel 1920?
- Come reagì Giovanni Giolitti alle tensioni sociali e politiche durante il suo ultimo governo?
- Quali misure prese Giolitti nel 1921 che suscitarono l'astio della popolazione?
La svalutazione della lira causò un rincaro dei prodotti importati, portando a un'inflazione che colpì soprattutto i ceti medi, mentre gli operai riuscirono a ottenere un aumento salariale.
Il PPI, guidato da don Luigi Sturzo, mirava al bene comune e allo sviluppo della società, senza legarsi né al liberalismo né al socialismo, ma sostenendo gli interessi dei ceti deboli.
Gli operai, ispirati dalla rivoluzione russa, occuparono le fabbriche nel settembre 1920, ma l'occupazione si rivelò un fallimento, portando solo a piccole conquiste salariali.
Giolitti scelse di non intervenire direttamente nelle occupazioni industriali, venendo criticato per passività, e stipulò un accordo con la Jugoslavia per risolvere la questione di Fiume.
Giolitti abolì il prezzo politico del pane, stabilì la nominatività dei titoli azionari e aumentò la tassa di successione, decisioni che lo resero impopolare e portarono alle sue dimissioni.