Concetti Chiave
- Nel 1914, l'Italia dichiarò inizialmente la neutralità nella guerra, con il dibattito tra neutralisti e interventisti che divise il paese.
- L'Italia firmò il Patto di Londra nel 1915, impegnandosi a sostenere l'Intesa in cambio di concessioni territoriali dall'Austria.
- La guerra di movimento si trasformò presto in una guerra di posizione, con trincee e combattimenti logoranti su vari fronti europei.
- La Russia subì gravi perdite e, dopo la rivoluzione del 1917, firmò l'armistizio di Brest-Litovsk, uscendo dal conflitto.
- L'ingresso degli Stati Uniti nel 1917 rafforzò l'Intesa, portando alla resa della Germania e alla fine della guerra nel novembre 1918.
Indice
- La neutralità italiana e il dibattito
- Il patto di Londra e la crisi
- Il piano Schlieffen e la guerra lampo
- La guerra di trincea e le battaglie
- La guerra navale e sottomarina
- Il fronte orientale e la rivoluzione russa
- Il fronte balcanico e l'impero ottomano
- Il fronte italiano e la disfatta di Caporetto
- L'intervento degli Stati Uniti e la fine della guerra
- La resa tedesca e la rivoluzione
La neutralità italiana e il dibattito
Il 2 agosto 1914 Salandra dichiarò la neutralità dell'Italia; il pretesto per non scendere in campo fu quello che l'Austria fu la prima a dichiarare guerra alla Serbia, e l'Alleanza era un patto difensivo.
La maggioranza della popolazione non voleva comunque partecipare al conflitto, ma tra il 14 e il 15 si accese un grande dibattito. I neutralisti erano: i cattolici, che non volevano combattere contro l'impero austro-ungarico, anch'esso cattolico, insieme ai socialisti riformisti, gli unici in Europa a sostenere che i lavoratori non dovessero partecipare a una guerra voluta dai governi, e perciò seguivano la politica del “né aderire né sabotare” come stabilito dalla Seconda Internazionale. Anche Giolitti e i liberali giolittiani erano neutralisti. Giolitti era convinto che si potessero ottenere molto anche senza combattere: infatti egli propose di negoziare con l'impero austroungarico per ottenere le terre irredente in cambio della neutralità, dato che, in caso l'Italia fosse entrata in guerra, lo avrebbe fatto a fianco dell'Intesa. Gli interventisti erano invece i liberali conservatori con il re Vittorio Emanuele III, Salandra e Sonnino, i quali volevano che l'Italia fosse una potenza di egual prestigio alle altre. Altri interventisti furono i nazionalisti, i futuristi e gli irredentisti, in nome del compimento dell'unità territoriale italiana, posizione condivisa dai repubblicani e radicali e dai socialisti rivoluzionari convinti che la guerra avrebbe permesso alle masse lavoratrici di scardinare il capitalismo. Questi ultimi erano guidati da Mussolini, che dirigeva il giornale “Avanti!”, ma fu espulso dal partito socialista per le sue posizioni e fondò il giornale “Il Popolo d'Italia”.Il patto di Londra e la crisi
Sin dall'autunno 1914 Sonnino e Salandra avevano avviato dei contatti segreti con l'Intesa, e dopo le trattative infruttuose con l'impero austro-ungarico, che si rifiutava di accogliere le richieste territoriali italiane, l'Italia firmò il 26 aprile 1915 il Patto di Londra, con il quale si impegnava a sostenere l'Intesa nella guerra contro l'Alleanza, in cambio di Trentino, Alto Adige, Trieste, l'Istria, la Dalmazia esclusa Fiume e Valona in Albania. E mentre in piazza trovavano luogo le manifestazioni a favore della guerra, dette “radiose giornate di maggio”, il parlamento affrontava una crisi istituzionale: la maggioranza della Camera dei deputati era neutralista, ma opponendosi sarebbe entrata in conflitto con il presidente del Consiglio e il re stesso. La Camera votò quindi, rinunciando allo scontro, pieni poteri a Salandra, e il 24 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra a fianco dell'Intesa, ma il Patto di Londra rimase segreto per ancora molto.
Il piano Schlieffen e la guerra lampo
Il Kaiser Guglielmo II e i suoi generali avevano da anni preparato un piano, che nel caso di una guerra europea, evitasse alla Germania di combattere su due fronti, ovvero il Piano Schlieffen, che prevedeva un attacco rapidissimo e di sorpresa alla Francia, attraverso il Belgio neutrale, e la caduta di Parigi in sole otto settimane. Questa è definita guerra lampo, o Blitzkrieg. Si contava sul fatto che i russi ad est avrebbero impiegato molto tempo a mobilitare il loro immenso esercito e muoverlo verso le linee del fronte, e una volta sconfitto il nemico ad occidente, sarebbe stato facile sconfiggere il nemico ad oriente. Però i belgi opposero maggiore resistenza del previsto e tra il 5 e il 9 settembre 1914, i francesi fermarono l'avanzata sul fiume Marna. Contemporaneamente i russi attaccarono in Prussia e Galizia molto prima di quanto i tedeschi si aspettassero, e strapparono la Galizia all'Austria, ma furono fermati dai tedeschi a Tannenberg il 30 agosto e poi furono sconfitti ai Laghi Masuri tra il 7 e il 13 settembre. Nell'autunno del 1914 la guerra di movimento era già finita: la guerra diventò di posizione in trincea per la prima volta.
La guerra di trincea e le battaglie
Si crearono quattro fronti, il primo era una linea che dalla costa delle Fiandre correva verso sud est fino alla frontiera della Svizzera (fronte occidentale), il secondo è un fronte mobile che va dal mar Baltico alla Romania (fronte orientale), il terzo è il fronte balcanico e il quarto il fronte meridionale, italo austriaco. Su queste linee gli eserciti scavarono le trincee, preparandosi a una guerra di logoramento, in cui nel solo primo mese e mezzo morirono mezzo milione di uomini. Gli uomini vivevano rintanati nei propri rifugi, in lotta con il freddo, il fango, i topi e pidocchi, ed erano esposti al tiro dei cecchini e ai cannoneggiamenti continui. Si attendeva il segnale d'attacco e ci si lanciava contro la trincea nemica, protetta da filo spinato. La maggior parte dei soldati cadeva sotto il fuoco delle mitragliatrici e i pochi che giungevano all'altra linea venivano respinti a colpi di baionetta. I superstiti tornavano indietro ad aspettare nuovo ordine o l'attacco nemico, e i feriti venivano lasciati morire soli nella terra di nessuno tra le trincee. Nell'aprile 1915 presso Ypres, nelle Fiandre, si usò per la prima volta il gas tossico, sperimentato dagli italiani nella guerra in Libia, che fu lanciato dagli aerei tedeschi che cercavano di far crollare le trincee francesi, e perciò quest'arma fu chiamata iprite. Presto l'iniziale entusiasmo si trasformò in rassegnazione, e comparvero forme di rifiuto della guerra come la renitenza, la diserzione e l'autolesionismo dei soldati. Si capì che avrebbe vinto la guerra chi avrebbe resistito di più: chi avrebbe avuto più risorse per l'industria bellica e più uomini da mandare a morire al fronte. Le battaglie fondamentali sul fronte occidentale sono la battaglia di Verdun, tra febbraio e aprile 1916, in cui i tedeschi furono sconfitti e vennero conquistati alcuni territori irrisori; la battaglia della Somme, iniziata il 1 luglio 1916 dai francesi e inglesi per respingere i tedeschi, morirono un milione di uomini senza alcun guadagno da parte di entrambe le parti; e la battaglia di Paschendaele, tra luglio e novembre 1917.
La guerra navale e sottomarina
Visti gli scarsi risultati, Inghilterra e Germania cercarono successo sul mare. La battaglia più importante fu quella dello Jütland, nel Mare del Nord, nel maggio 1916, ma nessuna delle due prevalse. Gli inglesi così istituirono un blocco navale, che impedì agli imperi centrali di ricevere le materie prime e le derrate. Siccome la trincea non portava a nulla, si cerca di far affondare l'economia delle altre potenze. La Prussia rispose con una guerra sottomarina, che causò gravi perdite alla flotta mercantile britannica ma non mise in difficoltà le industrie del Regno Unito, anzi ciò si rivelò controproducente, perché furono affondati anche bastimenti dei Paesi neutrali: si ricorda l'affondamento nel maggio 1915 della Lusitania, transatlantico statunitense in cui morirono 1200 persone, sollevando le proteste di Washington. Ciò fece ridurre la guerra sottomarina, ripresa nel 1917. In questa seconda fase l'attacco degli U-Boot affondò quasi 400mila tonnellate di naviglio mercantile.
Il fronte orientale e la rivoluzione russa
A differenza dagli altri fronti, ad est la guerra era soprattutto di movimento. Nel 1915 la Russia mostrò di essere profondamente inadeguata alla guerra contemporanea. Gli Alleati penetrarono profondamente nel territorio russo e dall'ottobre 1915, ebbero come alleata anche la Bulgaria. Nel 1917 la Russia fu scossa dalla rivoluzione, cadde la dinastia Romanov insieme allo zar Nicola II. I russi firmarono quindi l'armistizio il 25 dicembre 1917 e la Pace di Brest-Litovsk il 3 marzo 1918: prevedeva perdite gravissime per la Russia, che rinunciò alla Finlandia, Paesi Baltici, Polonia, Bielorussia e Ucraina.
Il fronte balcanico e l'impero ottomano
Più a sud, nei Balcani, nel 1914 l'impero ottomano era entrato in guerra a fianco dell'Alleanza, decisione presa dai “giovani turchi”, nazionalisti che pensavano che la Germania fosse l'unica potenza a non avere mire espansionistiche sul medio oriente, mentre sia inglesi che russi avevano mire sull'Afghanistan, Siria e Iran.
Su questo fronte (balcanico) la battaglia più importante fu quella di Gallipoli, tra aprile e novembre 1915, che terminò con la ritirata degli Alleati. L'arretramento dei russi a est lasciò isolata la sua alleata Serbia, che fu invasa e sconfitta dagli Alleati. Così all'Intesa rimaneva la sola base a Salonicco in Grecia.
Gli ottomani, dopo la battaglia di Gallipoli, dovettero anche neutralizzare la rivolta delle popolazioni arabe, che sostennero l'avanzata dell'Intesa con l'obiettivo di raggiungere l'indipendenza nel 1917 e arrivarono a conquistare Baghdad in Iraq. Tuttavia l'Intesa non intendeva rispettare le aspirazioni indipendentiste degli arabi e stipularono un accordo segreto già tra 1916 e il 1917 per spartirsi i territori in caso di successo sull'impero.
In Turchia inoltre si aggiunse la persecuzione degli oppressi, ovvero gli armeni, di fede cristiana e concentrati nella zona nord orientale della Turchia, erano accusati di essere il nemico interno: di tramare contro l'impero, di essere alleati della Russia e di volere l'indipendenza e perciò furono perseguiti, spinti nel deserto a morire di fame e sete.
Il fronte italiano e la disfatta di Caporetto
Intanto sul fronte italiano nel 1916, gli austriaci tentarono di cogliere di sorpresa gli italiani attaccando in Trentino, la cosiddetta Strafexpedition, la spedizione punitiva in cui Vienna voleva colpire Roma per il tradimento, ma fu fermata sull'Altopiano di Asiago in Veneto da Cadorna, prototipo dell'alto ufficiale, esercitava un comando autoritario e imponeva disciplina inflessibile. Dal 1915 al 1916 l'Italia avanzò sempre di più e l'Austria dovette chiedere aiuto alla Germania, che però aveva intenzione di conquistare tutta l'Italia. Degli informatori austriaci diffondono la notizia di un prossimo attacco austriaco a Caporetto, notizia a cui Cadorna decise di non credere, e il 24 ottobre 1917 l'offensiva ebbe inizio, e gli austriaci con l'appoggio di sette divisioni tedesche alle spalle delle truppe italiane, li spinsero da Caporetto alla linea del Piave. In questo episodio Cadorna fu inscusabile, gli ordini impartiti furono contraddittori e confusi, ma la colpa fu data da Cadorna alle truppe, accusate di disfattismo, ovvero di uno sciopero militare. Egli rifiutò agli italiani prigionieri dell'Austria qualunque forma di assistenza, per dare esempio delle conseguenze in caso di cedimenti e disertismo. Ciò causò una reazione istituzionale, per cui il governo fu affidato a Vittorio Emanuele Orlando e Cadorna fu sostituito da Armando Diaz, il quale si mostrò più sensibile alle esigenze delle truppe, che mostrarono il loro valore resistendo sul Piave e sul Monte Grappa, dove stabilirono una nuova linea difensiva. L'esercito italiano raccolse le sue forze e lanciò una grande offensiva il 24 ottobre 1918 e sconfissero gli austriaci a Vittorio Veneto: l'armistizio fu firmato a Villa Giusti vicino Padova il 3 novembre ed entrò in vigore il giorno successivo, mentre gli italiani occupavano Trento e Trieste con la marina.
L'imperatore Carlo I abbandonò l'Austria, che il 12 novembre assunse la forma istituzionale di repubblica. L'impero ottomano si era arreso alla fine di ottobre e nell'arco di un mese e mezzo terminò lo scontro.
L'intervento degli Stati Uniti e la fine della guerra
Intanto però il 6 aprile 1917 anche gli Stati Uniti entrarono in guerra a fianco dell'Intesa. Il presidente Wilson riuscì a vincere le correnti isolazioniste grazie ai “quattordici punti”, che espose nel corso di un congresso, in cui esprime il suo rifiuto verso l'autoritarismo degli imperi centrali ma anche l'imperialismo dell'Intesa. Egli affermava piuttosto il principio di autodeterminazione dei popoli e chiedeva l'abolizione della diplomazia segreta. Sosteneva la piena libertà di navigazione sugli oceani, il disarmo e il libero scambio commerciale con conseguente abolizione del protezionismo. Inoltre proponeva una soluzione delle questioni coloniali che tenesse conto delle esigenze dei popoli asiatici e africani. Infine avanzava proposte rispetto al nuovo assetto europeo dopo la fine della guerra e auspicava alla creazione di un'assemblea generale degli stati (Società delle Nazioni). Wilson entra quindi in guerra per difendere la pace, abolire l'imperialismo e punire la Prussia che ha infranto legge tramite il navalismo, imponendo però il proprio modello economico e politico.
La resa tedesca e la rivoluzione
L'ultimo attacco tedesco sul fronte occidentale scattò nel marzo 1918, poco prima che i soldati americani fossero inviati in Europa. I tedeschi arrivarono alla Marna e si fermarono in giugno per mancanza di uomini e materiali, e a luglio iniziò la controffensiva alleata, rafforzata da un milione di soldati americani, che costrinse i tedeschi a retrocedere. Fu decisiva la battaglia di Amiens dall'8 all'11 agosto 1918 che sancì il crollo dell'esercito tedesco. Il 3 novembre 1918 la marina si ammutinò nella base di Kiel e la rivoluzione divampò nelle fabbriche e nelle città di tutta la Germania. Guglielmo II fuggì in Olanda e il 9 novembre a Berlino fu proclamata la repubblica, presieduta dal socialdemocratico Ebert (Repubblica di Weimar). L'11 novembre 1918 i tedeschi firmarono l'armistizio di Rethondes, arrendendosi senza condizioni. Nacque così il mito della pugnalata alle spalle: i generali sapevano che la Germania non avrebbe più potuto nulla ma il fatto di non essere stati sconfitti in battaglia alimentò la convinzione che la guerra fosse stata persa per colpa dei politici.
Domande da interrogazione
- Quali furono le ragioni della neutralità iniziale dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale?
- Chi erano i principali gruppi neutralisti e interventisti in Italia durante il dibattito sulla guerra?
- Quali furono le conseguenze della firma del Patto di Londra per l'Italia?
- Come si sviluppò la guerra di trincea sul fronte occidentale?
- Quali furono gli eventi chiave che portarono alla fine della guerra?
L'Italia dichiarò la neutralità il 2 agosto 1914, poiché l'Austria fu la prima a dichiarare guerra alla Serbia e l'Alleanza era un patto difensivo. Inoltre, la maggioranza della popolazione era contraria alla partecipazione al conflitto.
I neutralisti includevano cattolici, socialisti riformisti, Giolitti e i liberali giolittiani. Gli interventisti erano i liberali conservatori, il re Vittorio Emanuele III, Salandra, Sonnino, nazionalisti, futuristi, irredentisti, repubblicani, radicali e socialisti rivoluzionari.
Il Patto di Londra, firmato il 26 aprile 1915, impegnava l'Italia a sostenere l'Intesa in cambio di territori come Trentino, Alto Adige, Trieste, l'Istria e la Dalmazia. L'Italia entrò in guerra il 24 maggio 1915, ma il patto rimase segreto per molto tempo.
La guerra di movimento terminò nell'autunno del 1914, trasformandosi in una guerra di posizione in trincea. Gli eserciti scavarono trincee lungo quattro fronti, affrontando condizioni difficili e combattimenti logoranti, con l'uso di nuove armi come il gas tossico.
Gli Stati Uniti entrarono in guerra il 6 aprile 1917, rafforzando l'Intesa. La controffensiva alleata iniziò nel luglio 1918, culminando nella battaglia di Amiens. La Germania firmò l'armistizio l'11 novembre 1918, dopo la proclamazione della Repubblica di Weimar e la fuga di Guglielmo II.