Concetti Chiave
- Giovanni Giolitti fu una figura politica predominante tra il 1901 e il 1914, introducendo riforme significative come il suffragio universale maschile e promuovendo lo sviluppo industriale.
- Il periodo giolittiano vide la nazionalizzazione della rete ferroviaria italiana, un provvedimento che, sebbene contrario al liberismo, fu accolto positivamente per la modernizzazione del paese.
- Giolitti cercò di integrare i socialisti nel governo, ma il rifiuto di Filippo Turati portò a riforme che comunque favorirono i partiti di massa, come il suffragio universale maschile.
- Il Patto Gentiloni del 1912 segnò un'alleanza tra liberali e cattolici per contrastare l’avanzata socialista, portando alla cancellazione del divieto cattolico non expedit e al successo elettorale dei liberali.
- Le tensioni sociali culminarono nella "settimana rossa" del 1914, evidenziando la crescente paura del socialismo e preparando il terreno per l'ascesa del Fascismo.
Indice
L'ascesa di Giovanni Giolitti
Il periodo compreso tra il 1901 e il 1914 fu caratterizzato dalla presenza politica predominante di Giovanni Giolitti, che formò il suo primo governo nel 1903.
Dal punto di vista culturale-lettarario, il poeta-vate (portavoce culturale dell’epoca) è identificato in Giovanni Pascoli.La politica italiana pre-Giolitti
1892: si afferma il Partito Socialista, primo partito di massa, sul Partito Liberale, che aveva governato in precedenza.
1896: prima di Giolitti, la politica italiana è connotata da Francesco Crispi. La battaglia di Adua (umiliante sconfitta degli italiani da parte dell’Impero Etiope) segna la fine della carriera di Crispi.
1898: a Milano scoppiano dei tumulti per il prezzo del pane; il generale Bava Beccaris spara sulla folla, provocando 80 vittime, venendo premiato con una medaglia dal re piuttosto che punito.
1900: assassinio di Umberto I da parte dell’anarchico Gaetano Bresci.
I governi (Pellù, Rudinì, etc..) sono impreparati ai cambiamenti della società.
1903: il capo del governo Zanardelli, malato, viene sostituito da Giovanni Giolitti, che avvedendosi dei cambiamenti sociali in corso invita i socialisti a far parte del governo.
Il Partito Socialista è diviso in due correnti: riformisti e massimalisti. Entrambe le correnti puntano alla rivoluzione socialista come intesa da Karl Marx, ma i riformisti vorrebbero raggiungere l’obbiettivo dopo graduali riforme parlamentari, mentre i massimalisti tramite la rivoluzione armata.
Filippo Turati, riformista, declina l’invito di Giolitti per non frammentare il partito.
Le riforme di Giolitti
Giolitti, incassato il rifiuto dei socialisti, apre ad un programma di governo caratterizzato da riforme (voto, sud Italia, lavoro): viene introdotto, ad esempio, il suffragio universale maschile (che favorisce i partiti di massa). Riguardo al problema meridionale, Giolitti crede erroneamente che il ricco nord possa trainare l’economia del sud (dove candiderà, alle elezioni, personaggi locali discutibili => ministro della malavita (Salvemini))
Trasformismo: da prassi parlamentare ritenuta negativa gli storici hanno letto anche un tratto tipico della politica italiana fino ai giorni nostri; cioè, la nascita di quel centro politico moderato che sarà decisivo per l’italia sopratutto nel secondo dopoguerra.
L'età giolittiana e l'industria
L’età giolittiana coincide con un grande sviluppo industriale. Giolitti, liberale, intendeva favorire il mercato e la libera concorrenza, ma uno dei provvedimenti economici che prese fu la nazionalizzazione della rete ferroviaria italiana; tale provvedimento va contro i dettami economici dell’economia liberista ma, in questo caso, il provvedimento della nazionalizzazione della ferrovia fu ritenuto positivo anche dai liberisti, poiché solo lo stato sarebbe stato in grado di sostenere la modernizzazione della rete ferroviaria ==>> Nazionalizzazione delle ferrovie
Giolitti finanzia le nuove zone industriali al sud; del mancato sfruttamento di queste risorse, unito alla nascente corruzione dovuta alle nazionalizzazioni, vengono incolpati i politici e gli abitanti del sud. Si sviluppa il fenomeno dell’emigrazione, con 14 milioni di italiani che si spostano in Nord-Europa o nelle Americhe. Gli emigrati, inviando soldi alle famiglie d’origine, convengono allo stato e migliorano il bilancio commerciale italiano.
La politica coloniale italiana
In questo contesto, per aprire un nuovo sfogo all’immigrazione, i movimenti nazionalisti impongono una ripresa della politica coloniale italiana, bloccata dopo la battaglia di Adua (1896). Per conquistare la Libia, possedimentoturco, (detta lo scatolone di sabbia) fu necessario dichiarare guerra alla Turchia, portando alla guerra Italo-Turca e alla conquista delle isole del Dodecaneso. La pace di Losanna (1912) pone fine al conflitto, con la conquista italiana delle rive libiche, mentre le parti interne rimangono in mano alle bande locali.
Pascoli e la questione coloniale
Pascoli, pur essendo un socialista (per ideologia contrari alla guerra) appoggia l’impresa coloniale libica nel suo scritto “la grande proletaria si è mossa”, presupponendo una distinzione tra nazioni proletaria (che si affacciano sul mondo come le classi sociali pronte al riscatto) e nazioni plutocratiche (le ricche Francia e Inghilterra); uno dei temi letterari centrali della poetica di Pascoli è il tema del “nido”, forma rassicurante di protezione e famiglia. Pascoli vive, dopo la morte del padre, un “nido disfatto”, poi nel rapporto morboso con le sorelle il “quasi nido” e, in ultimo, il “grande nido”, l’Italia ==> da qui la svolta nazionalistica. Inoltre, Pascoli sostiene che la conquista delle colonie possa costituire uno sfogo per l’emigrazione, aspettativa poi disattesa.
La riforma elettorale del 1912
Nel 1912 viene promulgata una nuova legge elettorale: questa riforma elettorale porta da tre a nove milioni gli elettori. Tale allargamento della base elettorale provoca la paura di un’affermazione del Partito Socialista, che porta ad un accordo tra liberali e cattolici, il cosidetto Patto Gentiloni: fino a quel momento, la Chiesa aveva obbligato i cattolici a non partecipare alla vita politica (il divieto non expedit => non è opportuno) ma, con il temuto avanzare delle forze socialiste, il conte Gentiloni, politico cattolico, propone l’appoggio dei cattolici ai candidati liberali per contrastare i socialisti, portando il Papa ad annullare il non expedit. I cattolici pongono alcune condizioni, che includono il rispetto delle scuole cattoliche, il rifiuto di una legge sul divorzio, la garanzia dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche. Il patto ha successo: i socialisti non ottengono il successo sperato e i liberali di Giolitti raggiungono la maggioranza in Parlamento. I liberali radicali, che si oppongono alle concessioni fatte ai cattolici, non partecipano al nuovo governo, portando dinque Giolitti alle dimissioni e alla nascita del governo di Antonio Salandra. Siamo alle soglie di una nuova stagione storico-politica: la Prima Guerra Mondiale.
La settimana rossa e le tensioni sociali
I giorni di disordini e proteste tra l’8 e il 14 Giugno 1914, passati alla storia come settimana rossa, creeranno, nell’opinione pubblica italiana, la cosidetta paura dei rossi, legata al timore che le forze socialiste portino al turbamento dell’ordine pubblico (timore poi cavalcato, cinque anni dopo, dalla nascita del Partito Fascista). Il governo Salandra, di stampo liberal-conservatore, risponde alle contestazioni di piazza per le condizioni salariali e lavorative sparando sulla folla. Le dimostrazioni si diffusero, soprattutto nel centro-nord (Emilia Romagna, Marche), portando, in alcuni casi, all’occupazione dei municipi con le cosidette Repubbliche rosse.
Davanti alle dimostrazioni, nascono delle contro-manifestazioni opposte alle rivolte sociali: gli scontri durante la settimana rossa anticipano le successive lotte di piazza tra interventisti (favorevoli all’entrata in guerra) e neutralisti.
Il contesto autoritario italiano
Nel ventennio a cavallo tra la fine del ‘800 e l’inizio del ‘900 l’Italia, pur godendo di istituzioni liberali, vive sotto un regime autoritario (vedi cannoneggiamento della folla di Bava Beccaris)
=> gli italiani, sotto il Fascismo, nemmeno si accorgono del cambio di regime
Domande da interrogazione
- Quali furono le principali caratteristiche dell'età giolittiana?
- Come si sviluppò il Partito Socialista durante l'età giolittiana?
- Quali furono le conseguenze della politica coloniale italiana sotto Giolitti?
- Cos'è il Patto Gentiloni e quali furono i suoi effetti?
- Quali eventi portarono alla nascita del Fascismo in Italia?
L'età giolittiana, tra il 1901 e il 1914, fu caratterizzata dalla leadership di Giovanni Giolitti, che promosse riforme sociali e industriali, come il suffragio universale maschile e la nazionalizzazione delle ferrovie, cercando di integrare i socialisti nel governo.
Il Partito Socialista si divise in riformisti e massimalisti, con i primi favorevoli a riforme graduali e i secondi a una rivoluzione armata. Filippo Turati, leader riformista, rifiutò l'invito di Giolitti a partecipare al governo per mantenere l'unità del partito.
La politica coloniale portò alla guerra Italo-Turca e alla conquista della Libia, ma non riuscì a risolvere il problema dell'emigrazione. Pascoli, pur socialista, sostenne l'impresa coloniale, vedendola come un'opportunità per l'emigrazione.
Il Patto Gentiloni fu un accordo tra liberali e cattolici per contrastare l'avanzata socialista, portando i cattolici a sostenere i candidati liberali in cambio di concessioni su temi religiosi. Questo patto permise ai liberali di mantenere la maggioranza in Parlamento.
La settimana rossa del 1914, con disordini e proteste socialiste, creò una paura dei rossi che fu sfruttata dal nascente Partito Fascista. L'Italia, pur con istituzioni liberali, viveva sotto un regime autoritario, facilitando l'ascesa del Fascismo senza che molti italiani percepissero un cambiamento di regime.