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Concetti Chiave

  • L'età Giolittiana segna un periodo di forte industrializzazione in Italia, con il nord che guida il cambiamento, specialmente il triangolo ligure-lombardo-piemontese, e l'introduzione di centrali idroelettriche che riducono i costi energetici.
  • Giovanni Giolitti, presidente del consiglio dal 1903 al 1914, promuove una politica di riforme sociali e industriali, cercando di mantenere ordine senza l'uso della forza e integrando diverse classi sociali nel processo decisionale.
  • Le riforme di Giolitti includono la tutela del lavoro femminile e infantile, la nazionalizzazione delle ferrovie e il suffragio universale, ma sono interrotte da crisi e tensioni politiche interne, come la guerra in Libia del 1911.
  • Il periodo è caratterizzato da tensioni politiche con i socialisti e i cattolici, mentre il nazionalismo italiano cresce con l'ANI, che adotta posizioni imperialistiche e reazionarie.
  • Nonostante il progresso industriale, il sud Italia rimane economicamente arretrato, aggravato da politiche fiscali che favoriscono il nord, portando a critiche sul governo di Giolitti da parte di storici e politici contemporanei.

Indice

  1. L'industrializzazione in Italia
  2. Giovanni Giolitti e la politica italiana
  3. Le riforme sociali di Giolitti
  4. La crisi del 1907 e le riforme
  5. La politica estera di Giolitti
  6. Il socialismo e i cattolici in Italia
  7. Il nazionalismo e la politica di Giolitti
  8. Le elezioni del 1913 e la settimana rossa
  9. Il manifesto del Futurismo
  10. Il manifesto della gioventù socialista

L'industrializzazione in Italia

Abbiamo parlato del processo industriale in Europa e come ha investito in tutti i campi e cambiato la vita delle persone.

Negli anni a cavallo tra il 1800 e il 1900 abbiamo che questo processo industriale si spinse anche nel nostro paese tanto che subito nei 2 decenni che vanno a cavallo tra i due secoli riscontriamo l’aumentare della popolazione da 32 milioni di abitanti a 38. Nonostante l’importazione italiana fosse rimasta prevalentemente agricola all’inizio del 20esimo secolo il fatturato industriale ricopriva all’incirca il 25% del PIL italiano!. Il settentrione fu la zona che più si industrializzò soprattutto nella zona del triangolo ligure-lombardo-piemontese in cui sorgono le prime e vere fabbriche italiane tra le quali ricorderemo sicuramente la FIAT o l’ALFA ROMEO, l’OLIVETTI ma anche nel sud l’italia vantava di alcuni centri importanti come l’ IVA di Bagnoli a Napoli. Inoltre ciò che favorì l’economia italiana e giovò molto fu l’utilizzo e la nascita delle prime centrali idroelettriche che permisero alle casse dello stato di risparmiare milioni e milioni di lire spesi per l’acquisto di materie prime come carbone e petrolio usati come carburante per la produzione.

Giovanni Giolitti e la politica italiana

Giovanni Giolitti nacque da una famiglia di contadini piemontese. E’ ricordato come il deputato di Dromero( paese vicino cuneo). Egli studiò legge e si impiegò nell’aministrazione statale giungendo nel tempo ai massimi livelli. Apparteneva alla sinistra costituzionale e nel 1903 divenne presidente del consiglio, carica che ricoprì, tranne per una breve parentesi, fino al 1914.

Le sue linee politiche furono subito riformatrice e cercò di allontanarsi dalla linea politica repressiva di Crispi garantendo allo stato un periodo di Pace, rianimò gli impegni con la triplice alleanza e si riavvicino alla Francia e all’Inghilterra.

In italia come nel resto d’europa a inizio secolo si viveva un periodo di continue lotte tra classi, in particolare lotta tra il ceto borghese industriale e il proletariato urbano. I proletari si attrezzarono ben presto e si calcola che solo nel 1901 in si contarono all’incirca 1400 scioperi. La calsse imprenditoriale chiedeva allo stato maggiore tutela ma Giolitti espose loro la sua politica “non armata” , ossia egli avrebbe mantenuto l’ordine rispettando le leggi dello stato senza intercorrere alla violenza e per fare ciò bisognava che tutte le classi sociali soprattutto le più numerose fossero a loro agio.

Giolitti infatti decise di reagire contro gli scioperi non utilizzando le forze dell’ordine, anzi esse dovevano solo tutelare l’ordine pubblico durante le manifestazioni le quali dovevano esaurirsi sfogando. I provvedimenti agli scioperanti poi sarebbero stati presi dallo stato successivamente attraverso le votazioni facendo decidere al popolo cosa fosse giusto e cosa no. Furono in questi anni che si instaurò un nuovo rapporto tra popolo e stato. La riforma portata avanti da Giolitti tendeva a neutralizzare la millenaria chiusura di classi.

Il programma di giolitti era semplicemente di rinnovare dal basso la società italiana(compito arduo dato il cambiamento della società, i movimenti socialisti e le nuovi classi sociali). Egli cercò un intesa tra partito liberale e quello socialità che avrebbe dovuto raccogliere attorno a un progetto di riforme tutte le forze interessate al progresso.

Le riforme sociali di Giolitti

Giolitti durante il suo governo,dato il cambiamento che l’industrializzazione portò nella società e nell’economia del paese, si occupò della legislazione sociale proponendosi di creare delle strutture più adeguate alle nuove esigenze che si avvertivano nello stato. Fu per questo motivo che furono instaurate nuove leggi sociali come la tutela sul lavoro, la tutela del lavoro femminile e infantile, venne instaurato un commissario per l’emigrazione, il consiglio superiore del lavoro. Anche la sanità pubblica fu colpita da una serie di riforme, furono municipalizzati i servizi pubblici e ai comuni furono affidate la gestione di acqua,luce e gas.

Nel 1905 si ebbe la nazionalizzazione delle ferrovie che vennero strappate alla gestione privata. Addirittura durante questi anni la lira venne quotata sul mercato internazionale e venne preferita alla sterlina portando numerosi vantaggi per le classi lavoratrici nn rendendo effimeri gli aumenti salariali.

La crisi del 1907 e le riforme

Il decennio “felice” di Giolitti fu interrotto nel 1907 quando un periodo di tremenda crisi si diffuse in italia. Il paese fu scosso dal terremoto che distrusse Messina e Reggio, e ad infierire la situazione si misero dei possenti scioperi agrari che scoppiarono nel Parmense che costrinsero il governo alla repressione. Queste piccole crisi animarono gli animi del Partito Socialista, che era diviso tra Rivoluzionari, antigiolittiani, e una minoranza riformista. Gli antigiolittiani fondarono l’associazione nazionalista italiana (ANI). Giolitti intanto nel 1911 tornò al potere dopo la sua ultima pausa e iniziò un lungo periodo di riforme. Inizia la seconda fase Giolittiana nella quale in pochi mesi egli aumentò ifondi pubblici dell’istruzione rafforzando le scuole e ponendo le basi all’istruzione popolare libera e laica. Egli ottenne il monopolio sulle assicurazioni evitando le speculazioni e inoltre nel giugno del 1912 approvò la legge elettorale che imponeva il suffragio universale. Purtroppo la sterzata a sinistra dovette trovare il suo contrappeso a destra che si rivelò un grave errore! Egli infatti fece partire nel settembre 1911 dai porti italiani alcune spedizioni destinate ad andare in Libia.

Per attuare il suo piano riformatore Giolitti ovviamente doveva avere una maggioranza parlamentare notevole. E’ stato studiato nel corso degli anni che questa maggioranza parlamentare Giolitti è riuscita a crearsela mediante un gioco di pesi e contrappesi. Si è notato come sia stato abile il politico di Dronero a trasformare i principali avversari dello stato liberale in fidati collaboratori di un programma di ordinato rinnovamento. (Segno di questa sua strategia fu quando nel 1903 offrì a Filippo Turati, socialista riformatore, la possibilità di entrare nella compagine governativa. Il rifiuto di Turati portò Giolitti a cambiare fronte e nel 1904 spedì messaggi rassicuranti alle più influenti autorità ecclesiastiche del tempo e fu proprio il loro appoggio che permise Giolitti di vincere le elezioni politiche di quell’anno e di dare una battuta d’arresto ai movimenti della sinistra.)

Quindi Giolitti più che leader della maggioranza era solo il punto di raccordo di spinte e interessi diversi: egli ebbe l’abilità di attrarre a se sempre le forze più dinamiche del paese non tralasciando però le esigenze dell’opposizione. Da ciò scaturisce il paragone che alcuni storici hanno instaurato tra la politica riformatrice di Giolitti e il cosiddetto “trasformismo” che ha caratterizzato l’epoca di Depretis.

Inoltre è stato riscontrato che il suo “gioco” oltre ad essere pericoloso non riuscì. Infatti abbiamo prima accennato che la sterzata a sinistra provocò un contrappeso a destra che portò nel 1911alla spedizione militare in Libia la quale pose i socialisti riformatori immediatamente contro Giolitti e i nazionalisti posero fine tra il 1914 e 1915 all’età e agli ideali dello stato liberale. Infatti dopo l’elezione dei cattolici nel 1913 si finì con disarcionare la politica del politico di Dronero.

La politica estera di Giolitti

La sconfitta di Adua, battaglia che ricorderemo venne combattuta dall’esercito italiano nel 1896 nella guerra di Abissinia per assicurarsi il corno d’africa, fu la prima sconfitta militare e diplomatica italiana in quanto la nostra politica imperialistica non aveva tenuto in considerazione il mancato accordo con Francia e Inghilterra.

La politica estera di Giolitti fu rispettivamente molto più difensiva di quella di Crispi. Ciò nonostante ricorderemo che nel settembre 1911 salparono una flotta italiana per la Libia. Prima di fare ciò xo Giolitti strinse forti accordi di intesa con le grandi potenze europee tra le quali anche la Russia. Grazie a tali accordi venne riconosciuta all’italia la libertà d’azione in Tripolitania e in Cirenaica. Ciò provocò un allontanamento dell’italia dalla Triplice e un avvicinamento all’Intesa franco-inglese. Cosicchè quando Giolitti si sentì pronto e assicurandosi le spalle coperte, decise di mandare un Ultimatum al sovrano turco ordinando ai suoi uomini di sbarcare in Cirenaica e in Tripolitania. Questa mossa venne spiegata alla folla come un metodo per evitare che la Libia venisse occupata da altre potenze e quindi evitare che si rompessero gli equilibri italiani.

La guerra suscitò una ventata di entusiasmi nazionalistici e dai cattolici essa venne vista un po come il ritorno alle crociate contro l’islam. La spedizione in Libia trovò sostenitori anche nel partito socialista italiano tra i quali ritroviamo i sindacalisti rivoluzionari di Arturo Labriola e i moderati di Bissolati e Bonomi i quali credevano che la Libia sarebbe stata la terra promessa del lavoro italiano.

Purtroppo gli animi focosi degli italiani vennero ben presto raffreddati dall’inaspettata avversione del popolo libico e dall’elevato costo dell’operazione di guerra x lo stato. Fu così che si decise di dare una svolta alla guerra: nel 1912 fu attaccata Rodi e venne forzato lo stretto del Dardanelli. La Turchia fu costretta ad accettare la pace di Losanna (18 ottobre 1912) dalla quale l’italia ottenne la sovranità su rodi,sulla libia e sulle isole del Dodecaneso.

Il socialismo e i cattolici in Italia

Socialisti e cattolici nell’età giolittiana:

Abbiamo studiato la questione politica e in particolare il diffondersi del socialismo in Europa. In Italia abbiamo prima parlato che il socialismo arriva dopo che si sia affermato negli altri paesi d’europa (inizialmente in italia trovò fervore l’anarchismo di Bakunin successivamente abbattuto e a cui seguirono i primi partiti socialisti italiani). Bene all’inizio del 20esimo secolo il socialismo, ormai affermatosi anche in italia, ha visto prevalere la corrente riformista turatiana che si colloca al centro di 2 gruppi: il primo, quello di destra che fa capo a Bissolati e Bonomi, ispirato alle istanze riformiste di Bernstein, e il secondo quello di sinistra guidato da Arturo Labriola con una formazione più rivoluzionaria e ostile a tutti i governi borghesi. La storia del socialismo italiano è un alternarsi di questi due schieramenti al potere. Nel 1904 la sinistra di Labriola è al potere e ciò provocò lo sciopero generale dello stesso anno. Successivamente 4 anni dopo nel congresso di Firenze del 1908 ebbero la meglio la destra revisionista la quale fece espellere il partito dei sindacalisti rivoluzionari accusato di aver sostenuto lo sciopero nel Parmense. Ciò fu anche facilitato dall’appoggio della CGL (Confederazione Generale del Lavoro) nata del 1906 con forte caratterizzazione riformista. Tuttavia 4 anni dopo nel congresso di Reggio Emilia del 1912 la sinistra prevalse nuovamente e questa volta capeggiata dal giovane tribuno Benito Mussolini ottenne l’espulsione del gruppo di riformisti con a capo Bisolati e Bonomi accusati di aver appoggiato la campagna in Libia. Con Mussolini il partito socialista di sinistra anche grazie al controllo del giornale “AVANTI” assunse sempre più posizioni intransigenti , rivoluzionarie e antiparlamentari.

Per quanto riguarda i cattolici: ricordiamo che con Pio X si ebbe un periodo di intransigenza dottrinale e di rifiuto le nuove tendenze che lievitano nella società cattolica. Nel 1907 fu condannato con l’enciclica Pascendi il movimento modernista ( movimento che cercava una mediazione tra la filosofia moderna e la teologia cristiana). Trovarono invece appoggio le esigenze dei cattolici conservatori che cercarono una collaborazione con la classe dirigente contro l’avanzata radicale e socialista. Questo orientamento fu detto clerico-moderato e partecipò indirettamente alle elezioni del 1904. Col patto gentiloni inoltre i cattolici deputati ottennero un rilevante successo elettorale tanto che la loro presenza in Parlamento trasformò nettamente la maggioranza e mise in crisi il governo giolittiano.

Il nazionalismo e la politica di Giolitti

In italia i primi cenni di un programma nazionalistico si ebbero nelle riviste di avanguardia le quali mescolavano temi decadenti,messaggi futuristici, entusiasmi guerrieri e rancori antipopolari. Nel periodo di Crispi gli intellettuali cercarono di trasferire questi loro programma dalla letteratura alla politica. L’annesione all’austria della Bosnia e dell’Ezergovina portò in italia un forte sentimento nazionalistico e nel 19010 venne riconosciuta alla guerra il ruolo di “sola igiene del mondo” condannando i pacifisti. A conclusione del congresso di Firenze venne fu fondato l’ANI (associazione nazionalista italiana). Questo movimento politico si pose all’estrema destra e manifesto fin da sempre la sua politica reazionaria formulando progetti antiliberali e antisocialisti e avanzando le prime tesi imperialistiche. I reazionari quindi facevano dell’impresa oltre mare la loro guerra per l’espansione italiana. Ciò nonostante gli storici hanno notato che a spingere l’italia in questo imperialismo non furono solo gli animi nazionalisti ma soprattutto forti interessi economici che aveva l’alta finanza e la classe industriale.

La politica di Giolitti non fu del tutto rosa e fiori(infatti terminò in malo modo). Bisogna costatare che egli venne accusato da grandi storici 900eschi e contemporanei in quanto la sua politica aveva si favorito un forte sviluppo delle aree industriali del nord italia ma tutto ciò era riscontrato esclusivamente al nord mentre il sud era rimasto nella sua arretratezza e sull’agricoltura per giunta sacrificata per le esportazioni di agrumi olio e vini a favore delle province del nord. L’economista Saverio Nitti dimostrò che il prelievo fiscale portò ad un trasferimento di capitale dal sud al nord.

Lo storico Salvemini invece parla di Giolitti come responsabile di un opera sistematica di corruzione elettorale: egli quindi non era eletto per volere del popolo ma bensì a causa della sua pressione che incuteva sui prefetti e ai favori elargiti alle clientele. Di queste accuse Giolitti era consapevole in quanto un durante un accusa egli si paragonò ad un sarto che per cucire un vestito ad un gobbo deve tener conto anche della gobba.  Notò uno storico contemporaneo che per mutare la situazione del sud bisognava invertire la politica economica del paese, incentivare il credito agrario, aprire il paese al mercato mediterraneo: dato che tutto ciò non era possibile non restò altre che emigrare per la gente del sud.

Le elezioni del 1913 e la settimana rossa

Le elezioni del ottobre 1913: settimana rossa del giugno 1914 e fine età giolittiana:

Le nuove elezioni si ottennero per suffragio universale nell’ottobre del 1913 nelle quali la lista governativa ottenne una maggioranza più apparente che reale. Dei suoi 300 deputati ,220 erano stati eletti in seguito agli accordi con la sacrestia. Ciò provocò l’ira della sinistra e i radicali, capeggiati da giolitti sino ad allora, non vollero accettare l’appoggio delle forze cattoliche che ovviamente erano conservatrici. Così Giolitti come di sua abitudine passò il testimone ossia lasciò il potere ad una persona non di primo piano della quale si potesse facilmente sbarazzare e riprendersi nuovamente il controllo della situazione.

Così nel marzo 1914 il Ministero fu assunto da Antonio Salandra, liberale conservatore.

La nomina di Salandra fu interpretata dal paese come una soluzione della destra dopo la crisi del giolittismo: si inasprì la protesta e si accesero di nuovo le lotte sociali guidate dai socialisti rivoluzionari. Nel marzo 1914 Esplosero scioperi nelle marche e in romagna che estesero disordini in tutta la penisola fino a prendere l’aspetto di un insurrezione generalizzata(la sommossa venne chiamata settimana rossa). SAlandra si movimentò facendo reprimere la rivolta dall’esercito. Purtroppo questo fu solo uno dei problemi italiani di quell’anno perché poco dopo nell’estate del 1914 un attentato a Sarajevo al principe ereditario del trono d’austria portò l’austria a mandare un ultimatum alla serbia e il 3 agosto iniziò la I guerra MONDIALE.

LETTURE:2…camere del lavoro sono rappresentanti di interessi legittimi.

Il brano non è altro che il manifesto dell’azione politica di Giolitti la quale venne manifestata in un discorso che lo stesso fece nel 1900 a proposito delle dimissioni di Saracco dal Governo- Queste dimissioni avvennero in quanto il governo di Genova avendo decretato lo scioglimento della camera del lavoro il popolo genovese insorse a ciò con 20mila portuali che anziché scendere in piazza incrociarono le mani. Saracco oppose agli scioperanti la solita azione sovversiva, tornando così ai metodi repressivi degli anni1894-99. Quest’azione non piacque a nessuno tanto che Saracco fu costretto alle dimissioni. Determinante fu questo discorso di Giolitti che come ho prima accennato è lo specchio della sua azione politica: Egli si rilevò difensore della libertà del movimento operaio sostenendo le tesi che la camera del lavoro, finché non violasse le leggi, rappresentavano interessi legittimi e per cui l’intervento dello stato non era giustificabile. Quindi negli scontro tra lavoratori e imprenditori lo stato doveva restare neutrale e intervenire soltanto quando la legge fosse stata violata. Inoltre egli distingueva sciopero economico da quello politico asserendo che solo il primo fosse legittimo. Infine egli sottolinea che da sempre esiste un nesso tra economia e politica e quindi gli operai da un governo reazionario non possono non aspettarsi persecuzioni per quanto riguarda il proprio interesse di fronte al capitale.

Il manifesto del Futurismo

Manifesto del Futurismo: guerra sola igiene del mondo!

Al movimento nazionalista,colonialista e imperialista corrispose in campo letterario il movimento futurista, un movimento di avanguardia che non caratterizzò solo le lettere e le arti ma anche la politica. Esso esaltava soprattutto le innovazioni che caratterizzavano la nuova società industriale e capitalistica ( l’aggressività, il progresso, la velocità, la competizione). Un movimento simile si è stato riscontrato anche in francia e in russia ma in questi paesi questo movimento assunse caratteri liberali mentre in Italia esso si presentò con stati d’animo nettamente illiberali e reazionari. Il manifesto del Futurismo italiano fu scritto nel 1909 da FILIPPO TOMMASO MARINETTI che fu organizzatore del movimento. Qui tra i temi più rilevanti troviamo la guerra come sola igiene del mondo , il rifiuto del passato, l’esaltazione della virilità e un disprezzo per la donna.

Il manifesto della gioventù socialista

Guerra alla guerra:manifesto della gioventù socialista 1911

Nel 1911 quando avanzò l’idea della guerra in Libia un gruppo di giovani socialisti stilò un manifesto nel quale annunciò la propria avversità al governo che si stava preparando per una nuova campagna coloniale. Essi dichiararono che non si sarebbero fatti uccidere a causa degli interessi della borghesia in Libia e che l’unica guerra che loro avrebbero combattuto era quella contro la borghesia sfruttatrice:una lotta che potesse ricostruire la società secondo la giustizia. La guerra in Libia contraddiceva i principi stessi per i quali l’Italia si era fatta nazione. Questa mobilitazione di questo gruppo di socialisti contro la guerra portò all’espulsione dei riformisti di destra favorevoli alla guerra il 27settembre 1911, ma tuttavia ciò non impedì né la sua preparazione né la sua realizzazione.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono i principali cambiamenti economici e sociali durante l'età Giolittiana?
  2. Durante l'età Giolittiana, l'Italia vide un significativo processo di industrializzazione, con un aumento della popolazione e un incremento del fatturato industriale al 25% del PIL. Le prime fabbriche italiane sorsero nel triangolo ligure-lombardo-piemontese, e furono costruite centrali idroelettriche che ridussero la dipendenza da carbone e petrolio.

  3. Come Giovanni Giolitti gestì le tensioni sociali e le lotte di classe?
  4. Giolitti adottò una politica "non armata", evitando l'uso della forza contro gli scioperi e cercando di mantenere l'ordine rispettando le leggi. Promosse un nuovo rapporto tra popolo e stato, cercando di neutralizzare le divisioni di classe attraverso riforme sociali e legislative.

  5. Quali furono le principali riforme sociali introdotte da Giolitti?
  6. Giolitti introdusse leggi per la tutela del lavoro, incluse protezioni per il lavoro femminile e infantile, e creò strutture come il commissario per l'emigrazione e il consiglio superiore del lavoro. Nazionalizzò le ferrovie e migliorò i servizi pubblici, mentre la lira fu quotata sul mercato internazionale.

  7. Quali furono le difficoltà incontrate da Giolitti nella sua politica riformatrice?
  8. Giolitti dovette bilanciare diverse forze politiche per ottenere una maggioranza parlamentare, ma la sua politica di pesi e contrappesi non sempre ebbe successo. La spedizione in Libia del 1911 e le tensioni con i socialisti e i nazionalisti portarono alla fine della sua era politica.

  9. Come influenzò la politica estera di Giolitti la posizione dell'Italia in Europa?
  10. Giolitti mantenne una politica estera difensiva, ma nel 1911 lanciò una spedizione in Libia dopo aver stretto accordi con le potenze europee. Questo avvicinò l'Italia all'Intesa franco-inglese, ma la guerra in Libia si rivelò costosa e incontrò resistenza locale, portando a un allontanamento dalla Triplice Alleanza.

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