Fabrizio Del Dongo
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Concetti Chiave

  • La decolonizzazione viene studiata secondo tre visioni: conservatrice, neocoloniale e nazionalista del Terzo Mondo.
  • Gli storici conservatori vedono la decolonizzazione come misure riformistiche preparate con fatica, influenzate dall'apertura liberale dell'ex potenza coloniale.
  • La teoria neocoloniale descrive la decolonizzazione come la creazione di classi "compradoras" che mantengono legami economici con le ex metropoli.
  • La visione nazionalista evidenzia la decolonizzazione come il risultato della lotta dei nazionalisti del Terzo Mondo contro le potenze coloniali indebolite.
  • La decolonizzazione post-seconda guerra mondiale fu incoerente, influenzata da nuove congiunture e dai movimenti politici di massa.

Indice

  1. La complessità della decolonizzazione
  2. Visioni conservatrici e il Congo Belga
  3. Teoria del sottosviluppo e neocolonialismo
  4. Lotta nazionalista e cronologia
  5. Carattere pilotato e movimenti di massa

La complessità della decolonizzazione

La storia della decolonizzazione è piuttosto complessa e in genere viene studiata secondo tre parametri diversi che corrispondono a visioni e ideologie di altrettanti gruppi di studiosi.

Visioni conservatrici e il Congo Belga

Gli storici conservatori, di solito assai legati alle amministrazioni coloniali, presentano la decolonizzazione come una serie di misure riformistiche preparate a lungo e perseguite con molta fatica.

Su questa linea di analisi, si colloca il caso del Congo Belga, divenuto poi Zaire, le cui vicende drammatiche dopo l’indipendenza sono da attribuire alla scarsa preparazione all’indipendenza della popolazione. All’avanguardia della decolonizzazione si colloca soprattutto l’Inghilterra a causa della sua lunga tradizione liberale. L’arretratezza del Portogallo costituisce la causa della resistenza del Governo portoghese a decolonizzare. In altre parole, in base a questa visione eurocentrica del problema, il buon esito della decolonizzazione sarebbe dipeso dall’apertura più o meno liberale del Paese ex colonialista.

Teoria del sottosviluppo e neocolonialismo

Una seconda scuola di pensiero spiega la decolonizzazione secondo la teoria del sottosviluppo e secondo il concetto di neocolonialismo. Nell’insieme, si tratta di una visione neocoloniale del problema. La decolonizzazione consisterebbe nella creazione o nel consolidamento di classi sociali “compradoras” (= borghesia imperialista) che verrebbero favorite, fino a renderle sufficientemente forti, a tal punto da facilitare la sostituzione dell’amministrazione diretta con governi formalmente indipendenti, retti da classi dirigenti legate ancora con la metropoli, per mezzo di rapporti economici, sociali e politici preferenziali. Questa sorta di cooptazione è considerata come l’elemento essenziale del processo di decolonizzazione e si tratterebbe, alla fine di una nuova spartizione del mondo. Questa teoria ha un punto debole: la borghesia “compradora” non poteva diventare una borghesia nazionale capace di accumulare ricchezze e di potersi destreggiare in operazioni di scelta autonome.

Lotta nazionalista e cronologia

Infine, la terza corrente di pensiero vede la decolonizzazione come il risultato della lotta vittoriosa dei nazionalisti del Terzo Mondo contro le potenze coloniali, ormai indebolite. La cronologia della decolonizzazione mette in evidenza anche che, fino alla metà degli anni Cinquanta, le potenze europee non avevano alcuna intenzione di trasferire il potere politico, anche se in alcuni, casi esse vi sono state costrette.

Carattere pilotato e movimenti di massa

Un altro aspetto importante della decolonizzazione è di avere avuto un carattere pilotato, soprattutto nel dopoguerra, come quella che aveva caratterizzato l’India e gli altri territori asiatici dell’Inghilterra fra le due guerre. Si tratta di una caratteristica comune a molte potenze coloniali, fatta eccezione delle lotte per la liberazione nazionale nel Vietnam, in Algeria prima e in Angola, Mozambico, Guinea Bissau e Zimbabwe più tardi. Il punto di rottura fu determinato dall’emergere di movimenti politici di massa di varo tipo che, a causa dell’indugio volontario del riformismo coloniale, si trasformarono, ben presto, in forme organizzate di rivendicazioni sempre più avanzate e diffuse. Occorre a questo punto, sottolineare che nel secondo dopoguerra i processi di decolonizzazione non furono coerenti perché cambiarono in continuazione a seconda della nuova congiuntura. In pratica, sia la Francia che l’Inghilterra, negli anni Cinquanta, soprattutto in Africa, vollero applicare alle colonie che restavano loro, le stesse politiche che aveva elaborato prima, ma i tempi erano cambiati e il soffio di libertà portato dalla Seconda Guerra mondiale non era passato invano.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono le tre principali visioni della decolonizzazione secondo gli studiosi?
  2. Gli storici conservatori vedono la decolonizzazione come un processo riformistico, la seconda scuola di pensiero la interpreta attraverso la teoria del sottosviluppo e del neocolonialismo, mentre la terza corrente la considera il risultato della lotta dei nazionalisti del Terzo Mondo.

  3. Come viene spiegata la decolonizzazione secondo la teoria del sottosviluppo?
  4. La decolonizzazione è vista come la creazione di classi sociali "compradoras" che facilitano la sostituzione dell'amministrazione diretta con governi formalmente indipendenti, ma ancora legati alla metropoli.

  5. Qual è il ruolo dell'Inghilterra nel processo di decolonizzazione?
  6. L'Inghilterra è considerata all'avanguardia della decolonizzazione grazie alla sua lunga tradizione liberale, sebbene abbia applicato politiche coloniali anche nel dopoguerra.

  7. Quali sono le eccezioni al carattere pilotato della decolonizzazione?
  8. Le lotte per la liberazione nazionale in Vietnam, Algeria, Angola, Mozambico, Guinea Bissau e Zimbabwe sono considerate eccezioni al carattere pilotato della decolonizzazione.

  9. Come hanno influenzato i movimenti politici di massa il processo di decolonizzazione?
  10. I movimenti politici di massa, a causa dell'indugio del riformismo coloniale, si sono trasformati in forme organizzate di rivendicazioni avanzate, influenzando il processo di decolonizzazione.

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