
Il voto in condotta, con la nuova riforma, è tornato a essere fondamentale per la promozione di molti studenti. Ad ambire al 9 o 10 sono in tanti, soprattutto una coppia di genitori di uno studente di un liceo di Gallarate, in Lombardia, che hanno deciso di presentare un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) contro il verbale di scrutinio finale .
Il motivo sarebbe l’8 in condotta assegnato dal consiglio di classe al figlio, alunno di seconda superiore, che a detta della madre e del padre lo avrebbe ingiustamente penalizzato.
Il Tar ha però deciso - con la sentenza n. 00030/2025 - di respingere la richiesta, definendo legittima la valutazione fatta dalla scuola. Inoltre, la coppia di genitori è stata condannata a pagare mille euro di spese legali.Indice
8 è comunque un voto positivo
Il TAR, nelle motivazioni della sentenza, ha spiegato perché la richiesta dei genitori sia stata respinta: l’8 in condotta non è una penalizzazione. Anzi, secondo quanto stabilito dall’articolo 9 del Regolamento per la valutazione del comportamento, questo voto riflette una condotta generalmente corretta, pur non corrispondendo ai criteri di eccellenza richiesti per ottenere un 9 o un 10.
I genitori però non sono affatto convinti, perché il figlio nel primo quadrimestre aveva 9 in condotta, poi sceso a 8 alla fine dell’anno. Il calo del voto per la famiglia dello studente sarebbe stato determinato da un solo episodio scorretto, ovvero aver copiato un compito di italiano, segnalato dalla docente, ma non verbalizzato.
Anche qui, però, il Tar ha ricordato che il voto in condotta del primo quadrimestre non influisce sul voto finale, in più lo studente nella seconda parte dell’anno aveva ricevuto una nota disciplinare che ha inciso sul giudizio.
Inoltre, i giudici amministrativi hanno anche fatto notare che quel voto non era affatto penalizzante, anzi ha alzato la media finale dello studente, che era ferma a 7,5. Questo a dimostrazione che il consiglio di classe non voleva punire, ma semplicemente valutare l’alunno in modo equilibrato.
No, i docenti non devono verbalizzare tutto
Un altro punto contestato dai genitori era la mancanza di una registrazione ufficiale degli episodi disciplinari. Ma anche su questo il Tar è intervenuto per chiarire che gli insegnanti non sono obbligati a verbalizzare ogni singolo episodio, specificando che il consiglio di classe può considerare anche episodi non verbalizzati, se ritenuti rilevanti nel contesto educativo. Di conseguenza i docenti possono tenerne conto per una valutazione completa del comportamento degli studenti.
Il Tar ha, infine, osservato che la valutazione del voto in condotta non riguarda solo singoli episodi, ma un insieme di questi, che seppur isolati, forniscono un giudizio unico sul comportamento dell’alunno.
L’8 in condotta: quando e cosa si rischia
Ricordiamo che, con la recente riforma del voto in condotta, avere l’8 in condotta diventa penalizzante per gli studenti delle scuole superiori, soprattutto in vista dell'esame della Maturità. La valutazione sotto al 9, infatti, può comportare una riduzione fino a tre punti del credito scolastico, uno per ognuno degli ultimi tre anni.
Come specifica l’Ordinanza che disciplina l'esame di Stato 2025, infatti, il 9 in condotta è indispensabile per ottenere il punteggio di credito scolastico fondamentale per aspirare al voto massimo all'esame finale.
Lo chiarisce il comma 2-bis dell'articolo 15 della legge n°62 del 2017, introdotto con il disegno di legge n°1830: "Il punteggio massimo all'interno della fascia di credito scolastico corrispondente alla media dei voti ottenuta nello scrutinio finale può essere assegnato solo se il voto di comportamento è uguale o superiore a nove".
Ma, trattandosi in questo caso di uno studente di secondo superiore, il problema non si pone. E la reazione dei genitori è probabilmente solo stata dettata dal non voler accettare il giudizio dei professori. Una questione di orgoglio personale.