
Nel nostro Paese le scuole sono rimaste chiuse molto a lungo, confinando moltissimi studenti in Dad da mesi, quasi senza interruzioni, il tutto per cercare di ridurre il numero di contagi, che nelle ultime settimane ha avuto una notevole accelerata.
Ma uno studio smentirebbe il ruolo della scuola nella diffusione del virus: scopriamone di più!
Leggi anche:
- Erasmus obbligatorio alle superiori, la proposta: come potrebbe funzionare?
- Si può bocciare in questo anno scolastico?
- Scuola in estate, come potrebbe funzionare
- Scuola a giugno: per Bianchi non basta per recuperare
Lo studio che discolpa la scuola per la diffusione dei contagi
Non c’è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza: questa è la conclusione cui arriva una mastodontica ricerca, la prima di questo tipo in Italia, condotta da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici tra cui Sara Gandini dello Ieo di Milano e riportata dal Corriere. “Il rischio zero non esiste ma sulla base dei dati raccolti possiamo affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio”, questa la sintesi descritta dall’epidemiologa e biostatistica. Gli studi analizzano i dati del Miur e li incrocia con quelli delle Ats e della Protezione civile fino a coprire un campione iniziale pari al 97% delle scuole italiane: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti, dunque un campione abbastanza ampio. L’epidemiologa continua e descrive come: “I numeri dicono che l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole”, infatti il tasso di positività dei ragazzi rispetto al numero di tamponi eseguito è inferiore all’1%. “Di più: la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt . Ad esempio a Roma le scuole aprono 10 giorni prima di Napoli ma la curva si innalza 12 giorni dopo Napoli, e così per moltissime altre città”, spiega inoltre l’esperta. Ma qualcosa è cambiato con l’arrivo della variante inglese?
La variante inglese e i contagi a scuola
“I giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica. E questo si conferma anche con la variante inglese”. Dunque, come riportano gli stessi dati, si può affermare come i focolai da Sars-Cov 2 che accadono in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante. Quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro, magari in sala professori, “ma questo è lo stesso rischio che si assume, ad esempio, in qualunque ufficio”, conclude l’esperta.
Scuole aperte subito: l’appello dei medici
“In mancanza di evidenze scientifiche dei vantaggi della chiusura delle scuole, il principio di precauzione dovrebbe essere quello di mantenere le scuole aperte per contenere i danni gravi, ancora non misurabili scientificamente in tutta la loro portata e senz’altro irreversibili sulla salute psicofisica dei ragazzi e delle loro famiglie. La scuola dovrebbe essere l’ultima a chiudere e la prima a riaprire”. Queste le parole con le quali si sbilancia l’epidemiologa Gandini, e continua: “Ci sono rischi anche nel tenere così a lungo chiuse le scuole. In Italia gli adolescenti delle superiori sono andati a scuola mediamente, quest’anno, solo 30 giorni in tutto”. Inoltre, grazie allo studio è stata anche osservato che l’incidenza di positivi tra gli studenti è inferiore di circa il 40% per le elementari e medie e del 9% per le superiori rispetto a quella della popolazione generale. E dunque, a fronte di un elevato numero di test effettuati ogni settimana negli istituti, meno dell’1% dei tamponi eseguiti sono risultati positivi. Quindi, infine si può affermare che alla riapertura delle scuole non è corrisposta una crescita della curva pandemica: infatti i contagi salgono prima di tutto per le classi di età 20-59 anni, come si vede ad esempio chiaramente in Veneto, e solo dopo due o tre settimane tra gli adolescenti. “I ragazzi non possono quindi in nessun modo essere definiti responsabili o motore della curva” conclude l’epidemiologa Gandini.
E parlando ancora di scuola, ecco cosa fai sempre invece di studiare!