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A 17 anni è entrato in classe ma non per sedersi dietro un banco, bensì per mettersi in cattedra e non certo per gioco. A soli 29 anni ha un’esperienza che davvero pochissimi ragazzi della sua età, anzi forse nessuno, possono vantare, non a caso può insegnare ben 6 discipline diverse. Lui è il professor, l’appellativo è d’obbligo soprattutto in questo caso, Andrea Zilli. La sua storia, assieme a quella della Preside più giovane d’Italia che vi abbiamo raccontato nelle scorse settimane, dimostra che se si crede nei proprio sogni tutto è possibile!

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Quando ha deciso di fare l’insegnante e perché?

“Sono entrato in classe per la prima volta a 17 anni per svolgere un tirocinio come maestro di Lingua Friulana, affiancando il titolare della cattedra. Ho deciso di fare l’insegnante perché, oltre all’amore per lo studio e la conoscenza, volevo seguire le orme del mio amico don Adriano Menazzi a cui devo veramente molto sul piano umano e professionale”.

Quanti anni aveva, invece, quando è entrato in ruolo?

27 anni, dopo aver vinto il concorso nazionale ordinario per la scuola secondaria di secondo grado”.

Che percorso ha fatto per diventare un insegnante di ruolo?

“Sono entrato di ruolo sulla classe di concorso B-20 e ho potuto effettuare delle supplenze fin da ragazzo perché questa disciplina è tecnico-pratica e quindi l’accesso alla docenza è possibile con il diploma di Tecnico dei servizi della ristorazione, congiunto al diploma di qualifica di Operatore dei servizi della ristorazione, settore cucina. Anche la laurea in Scienze Religiose ed il punteggio maturato come maestro di Religione Cattolica mi ha permesso di raggiungere il mio obbiettivo così giovane”.

La prima volta che è entrato in classe in veste da docente che reazione hanno avuto i suoli allievi? E i suoi colleghi?

“A 20 anni ho iniziato a fare il professore nelle scuole secondarie di secondo grado e a soli 24 anni mi sono ritrovato docente nello stesso istituto in cui mi ero formato cinque anni prima. Gli studenti hanno riconosciuto il ruolo che ricoprivo e mi hanno rispettato nonostante la mia giovane età. I miei colleghi sono rimasti sorpresi”.

In questi anni, qual è la cosa che le ripetono più spesso i ragazzi quando la conoscono?

“Pensano che, essendo quasi loro coetaneo, possa far loro degli ‘sconti’ nelle valutazioni, ma non è così”.

Da allievo a professore nello stesso istituto: come ha vissuto questa esperienza?

“All’inizio ero un po’ disorientato: avere confidenza con quelle persone che mi avevano educato, sentirmi dare del lei anche da chi mi dava sempre amichevolmente del tu. Poi, sarà stata l’abitudine, ma non riuscivo a stare fermo dietro la cattedra: ero io per primo ad imparare qualcosa di nuovo ogni giorno”.

Dalla scuola dell’infanzia all’università, ha lavorato davvero in ogni dove. Quale preferisce e perché?

“Le maestre e i maestri della scuola dell’infanzia e primaria sono i migliori di tutti gli ordini d’insegnamento perché non si occupano soltanto dell’apprendimento, ma anche dell’educazione emotiva dei bambini”.

Lei è abilitato all’insegnamento di ben 6 discipline, molto diverse tra loro, quale di queste predilige?

"Lingua Friulana, Religione Cattolica perché la maggior parte delle persone ne sottovaluta l’importanza, essendo il loro insegnamento facoltativo”.

Dove sta insegnando quest’anno?

“Sono titolare di cattedra all’I.I.S. “Federico Flora” di Pordenone in Laboratorio di servizi enogastronomici, settore cucina inoltre sarò docente di sostegno al liceo I.I.S. “Jacopo Linussio” di Codroipo. Da dicembre 2019 sarò anche maestro di Lingua Friulana presso le scuole dell’infanzia e primarie degli Istituti Comprensivi IV e V di Udine”.

Vista la sua esperienza, pochi come lei conoscono la scuola italiana. Da quali interventi bisogna partire per migliorarla?

“Credo molto nella pedagogia del sorriso, per migliorare la scuola italiana proporrei di divertirsi e far divertire gli studenti, perché nella trasmissione del sapere è importante che ci sia il piacere. Sarebbe poi necessario limitare le lezioni frontali e le verifiche andrebbero fatte sul processo evolutivo individuale, non sul voto da zero a dieci senza tenere conto delle basi di partenza di ciascun alunno. Ritengo inoltre fondamentale ristabilire un’alleanza tra insegnanti e genitori”.

Tanti sono i ragazzi, giovani come lei, che desiderano insegnare. Che consiglio si sente di dare loro?

“Di non perdere mai di vista l’obiettivo da raggiungere: un sogno si realizza solo se ci credi fino in fondo”.

Pensa di continuare con l’insegnamento o in futuro si vede come Dirigente Scolastico?

“Attualmente mi voglio godere i miei studenti e penso di farlo ancora per qualche anno scolastico perché amo accettare le sfide che la professione docente mi offre quotidianamente”.

Cosa direbbe al Ministro dell’Istruzione se avesse la possibilità di Incontrarlo?

“Che è importante reclutare docenti giovani, preparati e motivati, ma che allo stesso tempo non tutti possono insegnare. Direi al Ministro che il ruolo va abolito. Se uno non funziona lo sanno tutti, ma non si può far nulla perché è di ruolo. Nessuno è di ruolo nella vita. Se un docente non è all’altezza va messo fuori gioco. Perché se si licenziano operai là dove si producono oggetti non lo si fa dove si formano le persone?”
Data pubblicazione 10 Ottobre 2019, Ore 15:30 Data aggiornamento 10 Ottobre 2019, Ore 15:31
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