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zero netflix

Zero è la nuova serie originale Netflix che da mercoledì 21 aprile è disponibile in oltre 190 paesi nel mondo. Liberamente ispirata al romanzo Non ho mai avuto la mia età dell'autore Antonio Dikele Distefano, porta in scena un racconto quotidiano e reale delle periferie e, in particolare, quella milanese del Barrio.

Si appresta a diventare una delle serie più importanti dell'anno per il colosso dello streaming e ad appassionare gli utenti che seguiranno con attenzione le difficili storie di Zero e dei suoi amici, immigrati di seconda generazione. Un gruppo coeso, fuori dagli schemi, ma decisamente pronto a tutto per salvare il proprio quartiere. Otto puntate da venti minuti ciascuna: Zero si presta facilmente a una visione continua e leggera. Scopriamo insieme cosa ci ha colpito di più, se è una serie da vedere assolutamente e quali sono, invece, i punti deboli.

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Zero: la trama della nuova serie tv di Netflix

Zero racconta la storia di Omar, un timido ragazzo di colore, nato a Milano, con un superpotere spettacolare: riesce a diventare invisibile. Nella vita di tutti i giorni, però, coltiva il sogno di diventare un fumettista e di poter viaggiare all'estero per approfondire la sua passione. Vive insieme al padre e alla sorella minore e per guadagnarsi da vivere lavora come rider presso una pizzeria del suo quartiere, il Barrio.
Proprio la sua zona sarà messo in serio pericolo e, grazie all'aiuto del suo potere e della vicinanza di un nuovo gruppo di amici, cercherà in tutti i modi di salvarla dalle speculazioni di malavitosi e imprenditori. L'avventura porterà i protagonisti a consolidare un sentimento sincero di amicizia, che legherà ancora di più Omar a Sharif, Inno, Momo e Sara. Anche l'amore farà capolino all'interno degli episodi, crescendo man mano e diventando qualcosa in più di un semplice colpo di fulmine.

Zero: perché vedere la nuova serie Netflix

Zero è una teen serie facile da seguire e che mantiene alta l'attenzione dello spettatore che si potrà facilmente immedesimare nei pensieri e nelle emozioni di Omar e degli amici della crew del Barrio. La storia inizia a entrare nel vivo a partire dalla quarta puntata e ci catapulta in una realtà difficile, cruda a tratti, forse mai messa in scena così fedelmente in una serie televisiva per ragazzi. Zero racconta le situazioni molto complicate in cui sono costretti a vivere gli abitanti delle periferie più dimenticate della grandi città, ma porta sullo schermo anche l'importanza del gruppo, della famiglia, dei sentimenti.
Centrale il momento in cui Omar, orfano di madre, decide di voler scoprire cosa è realmente accaduto al genitore. La nascita dei conflitti con il padre, la sensazione di non poter decidere autonomamente della propria vita. Ma anche la scoperta dell'amore e la sensazione di impotenza di fronte a un'emozione così forte. Fondamentale il senso di unità e forza che trasmette il gruppo e la voglia che insieme mettono in campo per affrontare ogni sfida che il proprio quartiere mette loro davanti.
Tutti possono rispecchiarsi in Omar: nel suo senso di insicurezza e nella sensazione di sentirsi invisibile di fronte agli altri. La scoperta del suo superpotere lo aiuterà a credere di più in se stesso e nel suo sogno. Zero è una serie che racconta un eroe moderno, importante e determinante la scelta di un protagonista di colore che scardina gli schemi prefissati e porta in scena il reale e l'autentico.

Zero: cosa non ci ha convinto del tutto

Le premesse sono molto buone e chissà che dopo gli otto episodi Netflix non pensi a una seconda stagione incentrata sulle nuove dinamiche interne al gruppo del Barrio. Proprio a questo proposito, ciò che non ci ha convinto del tutto, però, è la velocità con cui si passa da un personaggio all'altro, senza approfondire mai del tutto la storia. Scelta comprensibile, data la breve durata della serie (ogni episodio dura in media 20 minuti).
È da sottolineare, infine, che alcune scene appaiono poco realistiche, come quella dell'incontro tra il protagonista e Anna, la ragazza di cui Omar si innamora perdutamente. Una scelta narrativa che, però, pone alcune domande allo spettatore che alle volte può rimanere colpito da questa estrema semplificazione dei fatti.