
Sì perché, dati alla mano, le studentesse che si iscrivono a un corso di laurea in una disciplina scientifica (Stem sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics) restano una esigua minoranza. Il rapporto, intitolato 'Analisi di genere', certifica un dato abbastanza drammatico: negli ultimi 10 anni, le sbilanciamento di genere nelle STEM è rimasto invariato, 60,7% di uomini contro 39,3% di donne. Nell'ambito della docenza universitaria qualcosa si sta muovendo sul fronte del gender gap, ma siamo ancora decisamente lontani dalla parità di genere: ben il 73% delle cattedre ordinarie è occupato da soli uomini.
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Università e STEM, alle donne solo il 27% delle cattedre ordinarie
Dando una prima lettura del rapporto Anvur, si può affermare che la maggioranza delle diplomate continui a orientarsi verso le facoltà umanistiche, sociopolitiche e sanitarie. Con le STEM che restano terreno quasi inesplorato e popolato per lo più dagli uomini. Eppure la comunità studentesca universitaria è composta in larga parte da donne (il 55%) e, sempre loro, compongono il 57% dei laureati. Dati che già al primo passaggio agli studi di livello più alto – ossia il dottorato di ricerca – assistono a un'inversione di tendenza: solo il 47,8% delle donne sceglie la carriera universitaria, contro il 52% dei colleghi uomini.Andando avanti, poi, in molte si fermano al primo gradino della piramide: tra i ricercatori con contratto a tempo determinato, infatti, la presenza femminile scema ulteriormente, calando al 44%. E, all'aumentare di livello, le quote rose sono sempre più rare. Tra i professori associati, le donne compongono il 42,3% del corpo docente, tra gli ordinari solo il 27%. E' proprio questo il dato che sconcerta forse più di tutti: tra i professori ordinari di prima fascia, gli uomini sono ancora il 73% (10 anni fa erano il 79%). La scalata delle donne, che in un certo senso c'è stata, rimane dunque la più lenta a livello europeo.