
Stiamo parlando di Nicolò Andreula economista, consulente strategico e docente universitario che ha fondato la Disal Consulting, società di consulenza specializzata in strategia e marketing per grandi imprese, startup ed enti pubblici.
Nel 2019, insieme alla giornalista ed economista Vera Sprothen, ha scritto Flow Generation: Manuale di sopravvivenza per vite imprevedibili: un libro che parla delle grandi sfide del presente e delle conseguenze dello sviluppo tecnologico in cui siamo immersi.
Nicolò nella nuova puntata del podcast di Skuola.net, #FuoriClasse, ci ha parlato di come è iniziata la sua carriera dopo l'esperienza universitaria e degli elementi che possono fare la differenza nell'approccio al mondo lavorativo.
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La passione e l'ossessione per i viaggi
Come sottolinea in prima battuta, Nicolò a scuola era "una persona che studiava molto ma mi divertivo anche. Se alle medie ero tra i più buoni, al liceo più di una volta è capitato che dovessero spostarmi di banco perché facevo un po’ di casino".All'università poi è diventato l'incubo dell'ufficio relazioni internazionali visto la sua passione e ossessione per i viaggi. "Una passione è quando fai qualcosa che ti piace mentre un’ossessione è quando fai qualcosa di cui non riesci a fare a meno. Spesso è capitato anche di maledirla tipo quando andai in Africa a vivere in una baraccopoli: pensavo che se volevi aiutare i Paesi poveri oltre a studiarli dal tuo computer dovevi viverli in prima persona. Io ho provato a farlo e ci sono stati anche momenti poco piacevoli visto che ho preso la malaria e ho avuto una febbre molto alta per diversi giorni".
"Paradossalmente" - precisa Nicolò - "sono una persona molto stabile. Viaggiare è stupendo. Mi ha riempito la vita, mi ha dato amici meravigliosi ma mi ha anche creato dei momenti di solitudine in cui mi sentivo inutile, stanco...Infatti dopo aver girato per 15 anni ho deciso di tornare a Bari".
Le esperienze in giro per il mondo
Uscito dall'università la sua passione era quella per l'economia dello sviluppo ma poi le cose sono andate diversamente. "Dopo i due stage che ho fatto durante l'università alle Nazioni Unite e alla Banca Interamericana di Sviluppo mi dissero che per arrivare a certi livelli occorreva avere il dottorato così ho iniziato a scrivere una tesi e come advisor avevo anche un professore di Harvard molto importate. Mentre scrivevo mi sono accorto che c’era troppa astrazione: io sono una persona concreta, ho bisogno di toccare con mano quello che faccio e così ho cercato di stare sul campo"."Sognavo di andare in Iraq e in Afghanistan a dare il mio contributo: stando lì mi resi conto che vivere in certi contesti è difficile e che, in quel momento, quel tipo di carriera era un po’ lenta. Così ho cercato qualcosa di pragmatico ma al tempo stesso rapido e sono finito in Russia diventando l'Head of Business Development Unit di Finmeccanica. Sostanzialmente sono passato da un settore umanitario ad uno che si occupava di difesa e aerospazio: il minimo comune denominatore era la voglia d’avventura e le relazioni internazionali visto ho avuto la possibilità di avere dei contatti con policy maker".
Il ritorno a casa e la fondazione della sua società di consulenza
"Dopo ho conosciuto il settore delle consulenze e ho cercato di applicare gli strumenti del comparto privato a quello pubblico per avere un impatto più ampio. Nella fattispecie da Senior Manager di McKinsey ho avuto la possibilità di fare progetti di public policy con un approccio da settore privato. Poi sono diventato Principal di AlphaBeta a Singapore ma dopo due anni mi sono stancato e ho avuto un momento di smarrimento"."Lì ho preso una pausa e il miglior consiglio che mi hanno dato è stato quello di usare quel periodo per riposarmi e non per riflettere. Un sacco di persone suggeriscono di pensare a cosa fare dopo durante i momenti di pausa ma se tu ti imponi di dover utilizzare un certo numero di mesi per dover riflettere la pausa si trasforma in un periodo di ansia".
Trascorso il suo periodo di pausa "ho pensato:'io sto passando la mia carriera a fare strategia per aziende internazionali e per governi di Paesi lontani, perché non fare qualcosa per l’Italia?’. Idea di cui ho avuto conferma mentre scrivevo Flow Generation. Intervistando un sacco di persone ho capito che se loro facevano il loro lavoro da ogni parte del mondo, anch'io potevo farlo da Bari. Così ho fondato nella mia città una piccola società di consulenza".
Gli elementi per entrare nel mondo del lavoro
Guardando oggi al mondo del lavoro "da un lato vediamo una scarsità di talenti per cui è facile riuscire a trovare un lavoro, dall’altro ci sono le professioni digitali dove c’è tanta domanda e spesso bastano pochi anni per prepararsi per quelle posizioni aperte. La cosa che molti ignorano o che non vogliono capire è che la competizione ad alto livello è globale: tutti vogliono lavorare in posti dove si viene valorizzati, si fa strategia, si hanno opportunità di viaggiare...""Per lavorare in questi posti però devi prepararti prima di finire l'università: per entrare in una società di consulenza di alto livello devi avare il C2 d’inglese, laurearti in tempo con il massimo dei voti ed avere delle esperienze di leadership. Inoltre, non si possono aspettare i 23 anni per iniziare a lavorare: oggi le occasioni non mancano. Già durante il periodo scolastico può essere utile iscriversi ad un Hackathon o capire come funziona una Start Up".
"Al me 18enne" - ribadisce Nicolò - "consiglierei di fare più esperienze extrascolastiche anche se all’epoca mi sembravano una rottura di scatole. Ricordo che quando avevo 17 anni la mia professoressa di italiano e latino ci coinvolse in un’iniziativa che si chiamava 'il venerdì della pace'. Una specie di convegno organizzato dai professori in cui noi presentavamo delle relazioni in pubblico: quella è stata la prima volta in cui ho parlato davanti a 50 persone strutturando una relazione".
"La seconda che gli direi è di ascoltare i suoi genitori con un minimo di consapevolezza: loro ci conoscono meglio di chiunque altro e per noi vogliono una cosa molto buona ma con il minor rischio possibile. C’è stato un momento della mia vita in cui volevo correre dei grandi rischi come il non fare la specialistica per iniziare a lavorare o prendermi un anno sabbatico dopo la triennale. Qui i miei mi hanno frenato: io li capisco e li ammiro però in quel momento potevo rischiarmela un po’ di più e non l’ho fatto. Sull’anno sabbatico forse avevano ragione loro, sull’andare a lavoro subito dopo la triennale non so... Forse bisogna assumersi un po di più le proprie responsabilità".
Paolo Di Falco