
Quasi immediato, però, il dietrofront. Ad annunciarlo direttamente il premier Giorgia Meloni e il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che hanno parlato di un semplice restyling che punta a escludere dal benefit i figli di famiglie ad alto reddito, probabilmente utilizzando l’indicatore Isee come parametro per l’accesso. Ipotesi peraltro già paventata lo scorso anno ma mai concretizzata.
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Così come dovrebbe cambiare il sistema di erogazione: dalla piattaforma 18App si potrebbe passare a una Card precaricata, con un meccanismo simile a quanto avviene per il Reddito di Cittadinanza. Mentre dovrebbe restare immutato l’ammontare del bonus, confermato a 500 euro, da attingere da un fondo di circa 230 milioni di euro. Il senso della riforma, sempre secondo il ministro Sangiuliano, è quello di far diventare la misura “realmente una modalità di consumi culturali per i giovani, orientandoli alla lettura di libri, alla visita di mostre, ai corsi di lingua e alla musica”. Perché una delle principali critiche mosse in questi anni al Bonus cultura è di essere stato poco considerato dai ragazzi. Ma come stanno davvero le cose?
Interesse crescente per il bonus: solo 1 su 4 l’ha snobbato
Per capirlo, abbiamo fatto una ricognizione dei numeri ufficiali disponibili, per vedere se ci troviamo di fronte a un successo oppure a un flop. La verità, se vogliamo, è nel mezzo. Calcolando che, grosso modo, i beneficiari si aggirano ogni anno attorno ai 550/600 mila, dopo una prima edizione complicata - richiesero il bonus solamente 356 mila ragazzi nati nel 1998, per un controvalore di 162 milioni di euro - il sistema è pian piano decollato. Infatti, nelle successive edizioni si è sempre superata quota 400 mila con un picco 441 mila richieste tra i nati nel 2003. In ogni caso, però, si parla di circa 1 neo-maggiorenne su 4 che storicamente non è interessato alla proposta e rinuncia al regalo. E non essendo un bonus ad esaurimento, chi rinuncia fa risparmiare lo Stato, riducendo il costo della misura.
Oltre 1 miliardo di euro investito: i libri il prodotto più acquistato
In totale, stiamo parlando di oltre 1 miliardo di euro di fondi pubblici erogati in sei anni. Ma come sono stati spesi? Seguendo le tendenze d’acquisto per più di un’edizione, infatti, si può facilmente constatare come l’utilizzo di 18App sia fortemente sbilanciato a favore di una categoria merceologica: i libri. Basti pensare che, tra il 2016 e il 2019, addirittura l’83% dei fondi erogati sono stati piazzati per comprare testi, in formato cartaceo o digitale. Difficile pensare che l’attrazione dei ragazzi per la lettura sia così potente; più facile immaginare che i libri siano gli oggetti più semplici da acquistare, oltre che i più pubblicizzati. Solamente il 14% delle transazioni è andato in musica (su supporto fisico o digitale) o in biglietti per concerti. Appena il 3% per le tantissime altre categorie presenti nella lista: musei, mostre, corsi di musica, corsi di lingua, ingressi per aree ed eventi culturali.
Il “lato oscuro” del bonus cultura, tra truffe e voucher dimenticati
A cui vanno aggiunte le risorse lasciate per strada. A parte i bonus non richiesti, ogni anno parecchi soldi vengono “prenotati” dai 18enni ma, alla fine del periodo in cui possono essere utilizzati (in genere un annetto abbondante), non vengono convertiti in acquisti. Storicamente una cinquantina di euro pro capite, in media, non vengono utilizzati.Senza dimenticare, infine, le molteplici truffe segnalate nel corso degli anni, che hanno mostrato un uso fraudolento del bonus, tra siti che consentivano acquisti di prodotti non inclusi nell’elenco (come console per videogiochi e smartphone) e negozianti compiacenti che a fronte di una percentuale cambiavano la somma vincolata in denaro contante. Ma, per modificare questo approccio che devia dalla filosofia della misura, più che una riforma servirebbe una maggiore e migliore comunicazione sulle opportunità che potrebbe aprire un uso saggio del bonus cultura.