
Anche la seconda variante, Pirola, ha allarmato la comunità scientifica e quella medica, ma da quanto rilevato finora, sembrerebbe meno contagiosa del previsto. Dunque, non dovrebbe esserci il rischio di una nuova ondata di casi tanto grave quanto quella provocata dall’ormai sparita variante Omicron, che alla fine del 2021 aveva causato un picco dei contagi senza precedenti.
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La variante Eris
La variante più diffusa al momento e che sta provocando un aumento di casi in tutto il mondo è la variante Eris e, secondo la ricerca condotta dall’università di Tokyo, sembra essere particolarmente aggressiva per le vie respiratorie. Lo studio, però, non è stato ancora confermato dalla comunità scientifica, perciò, per il momento, la presunta capacità di Eris di infettare i polmoni rimane solo un’ipotesi. Nel frattempo, in tutto il mondo, il personale sanitario che ha a che fare con i pazienti colpiti da questa nuova variante, sta riscontrando come questi siano affetti da sintomi molto più lievi rispetto alle varianti precedenti. Infatti, i medici stanno paragonando gli effetti di Eris ai sintomi di un’allergia, che possono essere più aggressivi solo per pochi soggetti fragili. I disturbi causati da questa nuova variante sembrerebbero colpire soprattutto le vie respiratorie, provocando mal di gola, tosse, congestione, mal di testa e dolori muscolari. Al contrario, a causa delle mutazioni del virus sembrano essere spariti alcuni sintomi come la nausea, la perdita dell’olfatto e del gusto, propri delle varianti precedenti.
L'aumento dei contagi
La variante Eris ha provocato un discreto aumento del numero dei contagi. La nuova mutazione del virus ha iniziato a diffondersi in Estremo Oriente, in particolare in Corea del Sud, ma ha raggiunto il resto del mondo con molta rapidità. In questi giorni, in Europa è stato registrato un aumento del 39% dei casi rispetto al mese scorso, e in Italia, l’ultima indagine dell’Iss (Istituto Superiore di Sanità), ha rilevato ben il 28,1% di positivi in più. Anche i decessi sono in aumento (+47,7%), così come il tasso di positività ai tamponi, che sale all’1,3% in più. L’unico dato che non ha subito impennate è quello legato agli ospedali, che fortunatamente non sembrano subire gli effetti di Eris.