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La richiesta di essere pagata e la risposta violenta dell'ex datore di lavoro
La giovane, arrivata in Italia cinque anni fa e madre di una bimba di quattro anni, aveva trovato un impego come lavapiatti in un noto ristorante di un lido di Soverato, in provincia di Catanzaro. Dopo una settimane, però, ha deciso di lasciare il lavoro perché i turni effettivi non avrebbero trovato corrispondenza con le ore dichiarate nel contratto. Pare infatti che le ore lavorate fossero di gran lunga superiori rispetto a quelle previste.Così prima di andarsene è andata dal suo datore di lavoro chiedendo di essere pagata per tutte le ore svolte ma, quest'ultimo ha cercato prima di cacciarla dicendo:"Non ti preoccupare, ci sono gli avvocati e adesso arrivano i Carabinieri, qui è casa mia". Dopo sono arrivati i calci e gli schiaffi per cercare di rompere il cellulare con il quale la ragazza stava trasmettendo su Instagram.
La condanna del Presidente della Calabria e della Fine-Confcommercio
La ragazza ha poi raccontato il tutto ai carabinieri che hanno già avviato degli accertamenti sul caso ma, nel frattempo, è intervenuto anche il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che su Twitter ha scritto:"Dalla bellissima Soverato arriva una brutta storia. Il lavoro – che non deve in alcun modo somigliare alla schiavitù – si paga, sempre. E deve essere regolare: il nero o il fuori busta sono contro la legge. Solidarietà a Beauty. Gli inquirenti facciano piena luce su quanto accaduto".La Federazione italiana dei Pubblici Esercizi invece ha dichiarato che si costituirà parte civile nei confronti del gestore se le indagini andranno a confermare la dinamica dei fatti. Come si legge in una loro nota:"Si tratta certamente di un gesto simbolico di solidarietà verso una donna lesa nella sua dignità personale, ma vuole essere anche un modo per tutelare la reputazione e l’immagine di un’intera categoria, che crede nel valore del lavoro, nell’equa retribuzione dei propri collaboratori e nella valorizzazione delle competenze e delle qualità dei propri dipendenti, come professionisti e come persone".
Paolo Di Falco